Le italiane in Champions annaspano gravemente

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Questa settimana di calcio europeo ha confermato come le squadre e più in generale il calcio italiano sia rimasto attardato, attanagliato da sterili polemiche, settori giovanili inadeguati, idee modeste e clamorosi scandali. Le migliori squadre del nostro campionato, la Juventus e la Roma, riescono a cavarsela, ma solo per il rotto della cuffia.

Ancora una volta la Roma esce ridimensionata dal confronto col Bayern. Troppo forte la squadra di Guardiola.
La squadra di Garcia, conscia della storica sconfitta nella partita dell’Olimpico, ha iniziato col piglio giusto. I giocatori sono entrati in campo con un’altra mentalità, ma le direttive dell’allenatore erano troppe difensiviste.
Il cambio di modulo, un lineare e didattico 4-4-2, così come i giocatori schierati ne sono un segno tangibile. Gervinho e capitan Totti relegati in panchina con i soli guerrieri Capitan Futuro Daniele De Rossi e il Ninja Naiggolan a tenere la baracca, o meglio, a tentare di arginare l’avanzata dell’armata bavarese.
Il Bayern, dal canto suo, si è mostrato brillante, compatto ed aggressivo. Non ha mai lasciato il tempo alla Roma di ragionare. La squadra di Guardiola era talmente compatta che il raddoppio veniva naturale. Se a questo ci aggiungi l’interpretazione magistrale di giocatori decisamente moderni come Lahm e Alaba, in grado di interpretare tre ruoli senza l’ombra di un patimento, la cena è servita, anzi addentata.
Garcia soffre di un complesso contro il Bayern: in quattro confronti ha sempre perso, se ci mettiamo anche gli scontri di quando era alla guida del Lille, e le reti al passivo sono la bellezza di 16.
L’allenatore giallorosso ha interpretato male la partita perché aveva paura: come non comprenderlo dopo i 7 gol presi all’andata e per di più in casa. Tuttavia la qualificazione non è compromessa, il tempo per lavorare c’è.

Se per la Roma la disfatta era sospettabile, per la Juventus la vittoria ha un sapore agrodolce. Il cambio di modulo di Allegri mostra una Juve più coraggiosa: Vidal dietro il giovane Morata e Tevez, per un 4-3-1-2 che ha tutto un altro sapore rispetto al 3-5-2 di contiana memoria.
La rimonta è stata un chiaro segno di come i giocatori sono abituati ad affrontare le partite. Sono uomini veri i giocatori di Allgeri: l’intensità era quella giusta, il gioco c’era, anche se talvolta impreciso. Malauguratamente questa volta è stata la difesa ad essere poco attenta: un errore di Chiellini e uno di Bonucci hanno regalato i due gol con cui l’Olympiakos ha causato il mal di stomaco in molti tifosi bianconeri.

Ci sono però diverse note positive: Pirlo è tornato a splendere con la specialità della casa: quinta punizione in Champions, la tredicesima con la maglia bianconera. L’ingresso di Llorente nel secondo tempo ha cambiato le carte in tavola spostando gli equilibri in favore dei bianconeri. Con Llorente in campo la Juve ha acquisito profondità e peso là davanti, tirando di più.

Oltre ai tre punti, la partita con l’Olympiakos ha dato un’altra risposta: un Alvaro Morata di grande livello che può coesistere con Llorente. Quest’ultimo è un centravanti d’area di rigore, là dove fa valere tutto il suo potenziale fisico. Morata, invece, è un centravanti di movimento, agile a dispetto della sua stazza fisica, incredibilmente veloce e che con un’ottima tecnica individuale.
La Juve certamente non meritava una sconfitta, ma in casa, con un avversario medio come è l’Olympiakos, non si può soffrire così.

Perché le italiane faticano così tanto a livello europeo? Sembra essere meramente una questione di valori tecnici, anche se a volte sono le idee degli allenatori a non essere all’altezza, imbrigliate da quel tatticismo negativo che noi italiani amiamo così tanto e che spesso ci limita.