TACA DE LIGA PORTUGAL PORTO-BENFICA 3-4 DOPO I CALCI DI RIGORE – Quante cose cambiano in undici mesi. Lo scorso maggio, dopo la finale persa contro il Vitoria Guimarães nella Coppa del Portogallo, le Aguias si leccavano le ferite per aver strappato, in meno di venti giorni, la terza piazza d’onore consecutiva, dopo aver perso al fotofinish anche il campionato e l’Europa League. Oggi, dopo aver vinto il campionato, la squadra di Jorge Jesus ha ottenuto la finale della Coppa di Lega, trofeo dall’importanza relativa, ma dal valore speciale se strappata agli acerrimi rivali bianco-blu. Il Porto, al cospetto di un Benfica sceso in campo con molte riserve (specie nel reparto arretrato), è stato decisamente pericoloso nei primi trentacinque minuti, quando entrambe le squadre erano in undici uomini. Poi, una volta trovata la superiorità numerica, la squadra di Oporto – pur mantenendo la supremazia nel possesso palla – ha creato meno grattacapi alla retroguardia capitolina, aiutata dal prezioso lavoro in ripiegamento dei compagni di squadra del centrocampo. Il verdetto finale, pur non rispettando quanto visto in campo, è stato crudele: il Benfica continua a sognare il “Poker” (Superliga, Coppa di Lega, Europa League e Coppa di Portogallo), mentre il Porto, parafrasando una frase cara ad un suo ex allenatore, terminerà la stagione con “zeru tituli”.
PRIMO TEMPO – Inizio a ritmi blandi. La prima occasione, al quinto minuto, la crea il Benfica, ma il tiro di Lima non inquadra lo specchio della porta. Passano cinque minuti ed è il Porto a prendere in mano le redini del match e a costringere le Aguias a rintanarsi nella propria metà campo. Grande chance per i Dragões al nono: Herrera penetra in area dalla sinistra e mette in mezzo per Jackson Martinez, che stacca di testa ma non trova la porta difesa da Oblak. Quattro giri di lancette ed è Varela, servito nello stretto da Martinez, ad effettuare un destro in diagonale da posizione invitante, che termina di poco a lato. Il dominio bianco-blu è schiacciante. Al ventesimo, clamorosa palla-gol fallita da Jackson Martinez che, a due metri dalla linea di porta, calcia alto sopra la traversa e vanifica l’ottimo spunto sulla sinistra dell’attivissimo Herrera. Passano solo cinque minuti ed è ancora il colombiano, servito nel corridoio da Varela, a farsi bloccare da Oblak, autore di un’uscita bassa da applausi. Il Benfica è in bambola. Al minuto ventisette, altra bella iniziativa di Herrera sulla sinistra che mette una palla in mezzo per Defour, bravo a liberarsi del diretto marcatore ma non altrettanto abile nel calciare in porta.
Ad un quarto d’ora dal termine del primo tempo, il Benfica resta in dieci: Steven Vitoria falcia al limite dell’area di rigore Jackson Martinez e viene, giustamente, espulso per aver commesso fallo da ultimo uomo. Quaresma si incarica dell’esecuzione della punizione, il tiro, però, termina abbondantemente alto sopra la traversa. Jorge Jesus pone rimedio al cartellino rosso rifilato a Steven Vitoria: fuori un attaccante (Lima), dentro un difensore (Garay). Al trentanovesimo, altro brivido per i tifosi capitolini: Martinez si inserisce benissimo nella burrosa difesa di Jorge Jesus, supera Oblak ma si allunga troppo il pallone, che termina in fondo al campo. L’ultima emozione del primo tempo la regala ancora il Porto con Alex Sandro, autore di una botta dai venti metri che si perde alta sopra la traversa.
SECONDO TEMPO – L’avvio della ripresa ricalca quanto visto nel primo tempo: Porto all’arrembaggio, Benfica chiuso dietro. Momenti di panico al quarantanovesimo, quando Varela, dopo uno scontro con Oblak, rimane a terra in mezzo all’area di rigore avversaria; il numero diciassette dei Dragões, però, si rialza dopo pochi istanti e rassicura tutti sulle proprie condizioni di salute. Il Porto tiene in mano il pallino del gioco, ma il Benfica, a differenza di quanto avvenuto nei primi quarantacinque minuti, riesce a contenere le sfuriate degli uomini di Luis Castro. Al sessantaduesimo, Varela ci prova con un tiro dal limite dell’area, Oblak fa buona guardia ed afferra con sicurezza la potente conclusione dell’esterno bianco-blu. Jorge Jesus mischia le carte: fuori un impalpabile Cardozo, dentro il funambolico Markovic. Al sessantatreesimo, Quaresma, al termine di un bello spunto sulla destra, mette in mezzo per Martinez, ma il cross è impreciso e il colpo di testa del colombiano non impensierisce Oblak. Luis Castro prova a dare imprevedibilità sulle fasce: fuori uno stanco Quaresma, dentro Ghilas. Il Benfica, nonostante l’inferiorità numerica, riesce a controllare agevolmente le sortite offensive del Porto, decisamente meno pericoloso rispetto alla prima mezz’ora del match.
Dopo quasi venti minuti privi di emozioni, il Porto torna a farsi pericoloso con Herrera, autore di un destro al volo che termina alto di poco sopra la traversa. A sette minuti dal novantesimo, Luis Castro sbilancia ulteriormente la squadra: fuori Danilo, dentro Ricardo Pereira. Ma il Porto non punge. E così, dopo tre minuti di recupero, si va ai calci di rigore. Le due squadre alternano perfettamente realizzazioni ed errori: chi si presenta sul dischetto per primo, terzo e quinto della lista non fallisce, mentre i rigoristi del secondo (Martinez e Garay, nomi eccellenti) e quarto turno falliscono, esaltando, talvolta, le doti acrobatiche dei due portieri. Si va oltranza: Ivan Cavaleiro realizza, Fernando, invece, colpisce il palo. Lo spicchio occupato dai tifosi capitolini esplode di gioia per la conquista della finale, colta ai danni degli odiati rivali Dragões. Il volo delle Aquile non è finito: Juventus e Rio Ave sono avvisate.