Adesso avete capito di cosa stiamo parlando, vero? No, dico, vi siete resi conti di che razza di squadra è l’Union Berlino, che movimento pirotecnico di teste completamente spostate riesce a smuovere? Doveva essere Dortmund, doveva essere una partita di sera di Dfb-Pokal al Signal Iduna Park, quello della Südtribüne con le pensiline che tremano quando i tifosi saltano all’unisono. La tana del Borussia Dortmund, giallo accecante e nera come l’ombra più avvolgente che ci sia: che sia sul rettangolo di gioco o sugli spalti, l’universo degli Schwarzgelben ha solo da insegnare come si vive il calcio.
Ecco perché doveva essere Dortmund, il teatro dove mostrare la fenomenologia del tifo e del calcio di Jens Keller – che da quelle parti è ancora l’ex allenatore dello Schalke 04 – con tutti gli occhi addosso e gli spauracchi di una figuraccia colossale. E sì d’accordo che Tuchel non aveva a disposizione Bürki, Reus, Aubameyang, ma vogliamo chiamare mezze riserve quelli scesi in campo? Beh anche l’Union ha dovuto arrangiarsi senza il portiere titolare Busk, con Parensen, solitamente terzino, riadattato come mediano di centrocampo al posto di Kreilach e con l’ariete Quaner costretto uscire durante il primo tempo. Due che, insieme, quest’anno hanno messo a segno 12 reti. E scusate se è poco.
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L’Alte Försterei, lo stadio dell’Union Berlin, piccola cicca che sorge all’interno di un bosco, ha 22.021 posti, caldo abbastanza per stare vicino alla squadra anche nei fine settimana pungenti berlinesi. Ora prendete le due curve e un spicchio di un settore centrale a vostro piacimento e schiaffateli all’interno del Signal Iduna Park: i tifosi rossi di Köpenick, nel match di coppa contro il Borussia, erano 12.000. Nel primo giorno dell’apertura della vendita dei biglietti, sono stati strappati tutti gli 8mila inizialmente disponibili. Nel giro di minuti, esagerando una mattinata. Proteste a non finire, così si trova il modo di piazzarne altri 4mila nel giro delle settimane successive.
Biglietto in mano, anzi, in tasca per tenere gli arti liberi per sorreggere bandiere, sciarpe e birra e ancora birra, una fiumana rossa con spruzzi bianchi è partita, in treno, dalla stazione di Berlino. Una liturgica processione a cui i tifosi sono abituati essendo lo stadio, qualche km a est di Berlino, raggiungibile con la S-Bahn, questa volta su vasca scala e con interi vagoni occupati.
E’ una preparazione minuziosa, ognuno inconsciamente sa cosa è chiamato a fare, sudditi di un Dio che ha dei dettami semplici: «Andate e divertitevi; portatevi qualche fumogeno e cantate per tutta partita e oltre». Detto fatto, l’ex Westfalenstadion si scuote al vibrare delle corde vocali dei 12mila berlinesi. «Eisern» gridano da un settore, «Union» rispondono gli altri e così a ritmo cadenzato con un climax ascendente fino all’esplosione finale. E poi ancora «F….C….U….Fussballclubunionberlin», sputato tutto d’un fiato per interi minuti. Che poi è la scritta tutta orizzontale apparsa sullo striscione che ha avvolto il settore ospite. Stadio e curva più grandi? Meglio adeguarsi con scritte XXL. Tra una schiarita e l’altra in mezzo al tanto fumo rosso acceso dei fumogeni, è stata srotolata anche una gigantografia di Damir Kreilach, il croato idolo della curva, il capitano del dopo Mattuschka, ancora leader in campo anche se l’anno passato, a causa del turbinio degli allenatori, ha perso la fascia. C’è da esser certi che Damir quella foto che lo immortala sopra ai suoi tifosi la conserverà gelosamente in qualche cassetto.
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Il match è iniziato con un quarto d’ora di ritardo per dare a tutti i supporter la possibilità di entrare nello stadio: non è stato facile arginare il fiume rosso, la polizia sorvegliava, ma da quelle parti, e sappiamo che in Germania l’organizzazione è più che efficiente, non si aspettavano un grumo umano così voluminoso.
La partita è stata elettrizzante, diffidate da chi vi dice che è stata a senso unico. Tra un top-club di Bundesliga e una squadra di Zweite che si è scoperta al secondo posto cosa c’è da aspettarsi? Eppure mentre Mor si intestardiva a rientrare in area per cercare il bel tiro a giro, mentre Castro si intrufolava dalla trequarti per sparacchiare in tribuna, mentre Ramos si faceva anticipare dal raddoppio di marcatura e Götze si faceva neutralizzare dal 21enne portiere Mesenhöler (segnatevi, prima apparizione stagionale, in casa del Borussia e non gli son tremate le gambe), l’Union Berlin, supportato dal muro rosso, avanzava in contropiede, andava deciso nei contrasti, senza spazzare, ma costruendo e ragionando.
E pazienza se al 44’, ad un giro di lancetta dalla fine del primo tempo, Parensen ha deviato in modo decisivo un cross dalla destra; la squadra non si è sfilacciata, ha retto a denti stretti, non ha subito il secondo gol, trovando la rete del pareggio all’81’ con la mascotte, Steven Skrzybski, entrato da 40 secondi col solo pensiero di osare davanti alla Südtribüne e realizzando una rete dalla lunghissima distanza. Il Dortmund ha capito che non ce l’avrebbe fatta durante i supplementari, tutto rinviato ai rigori che di lotteria avevano ben poco: pronostico scontato, tre tiri segnati dai padroni di casa, tre tiri sbagliati dagli ospiti.
Lo scorso gennaio, durante il fantasmagorico mese celebrativo dei 50 anni dell’Union Berlin, la società si era regalata una sfida celebre proprio contro il Borussia Dortmund. Quella volta, era un’amichevole, vinsero loro per 3-1: «Chissà in un match ufficiale quanti gol ci rifilerebbero?», sospettavano i tifosi berlinesi. Ora tutti hanno capito che razza di squadra è questo Union Berlin.
Tutto quello che c’è da sapere sul’Union Berlin: la pagina italiana Eisern Union Italia