Se capitate dalle parti di Bilbao non potete esimervi da una passeggiata sulle rive del Nerviòn, fino ad arrivare al Museo Guggenheim. Una struttura ardita, il titanio come scorza tosta ma incredibilmente delicata, da curare, da preservare al pari di un’identità spesso messa in discussione. Una razza a sé, come testimonia la l’idioma basco, considerato dagli studiosi come lingua isolata, dunque senza legami evidenti con altre. Questa lingua durante il regime franchista è stata messa alla berlina ma è riuscita a sopravvivere, i baschi hanno la nomea di popolo irriducibile e trovano nell’Athletic Bilbao la propria trascrizione calcistica. I Leones (o Lehoiak, per dirla alla basca) sono tornati sulle prime pagine in qualità di unica squadra in grado di frapporsi tra il Barcellona trita-tutto e l’ennesimo trofeo. Lo scorso 30 maggio non c’è stato nulla da fare dinanzi alla doppietta di Messi intervallata da Neymar, Copa del Rey al Barça, ad agosto però il destino si è divertito a scrivere una pagina isaspettata, proprio quando i giornali erano pronti a titoloni sul sextete blaugrana. La folle notte del San Mamés può essere riassunta in due passaggi: il gol da centrocampo di San José e la tripletta dell’uomo simbolo, Aritz Aduriz, 34 anni di orgoglio basco. L’esperto attaccante conta pure un buon numero di presenze con la Selección de fútbol de Euskadi, la nazionale basca non riconosciuta ufficialmente ma attiva da oltre un secolo, pure in cattività disputando campionati in Messico e a Cuba. 4-0 al San Mamés, pareggio al Nou Camp e Supercopa levata al cielo.
Da ben 31 anni mancava un trofeo nella bacheca biancorossa, dobbiamo tornare alla gloriosa squadra degli anni 80 per ritrovare un Athletic vincente. Erano gli anni di Javier Clemente, sergente di ferro che non concedeva nulla allo spettacolo, memorabili i suoi scontri con El Flaco César Luis Menotti, tecnico del Barcellona. La storia si ripete. Trent’anni prima di quella che abbiamo nominato poco fa, un’altra finale di Copa del Rey. Diverso il risultato, vittoria biancorossa ed epilogo clamoroso. Finale a suon di botte, tra i più scatenati c’è l’allora blaugrana Maradona, che di calci ne ha presi prese per novanta minuti. Più di una rissa, una scena da film con mosse di kung fu da far impallidire il cinema di Hong Kong. Nel settembre dell’anno precedente un altro scontro con i blaugrana rimasto nella storia, quello dell’entrata di Andoni Goikoetxea su Maradona, che spaccò la caviglia del Pibe in ben tre punti. El Gigante de Alonsotegui, anni dopo, venne proclamato “calciatore più cattivo della storia” dal Times. E’ lui l’emblema di una squadra che davanti al giovane Zubizarreta disponeva un libero, due centrali di difesa e una coppia di mastini in mediana. Brutti, sporchi e cattivi. Ma vincenti.
Due titoli nazionali, una Copa del Rey e una finale e una Supercopa, assegnata automaticamente per il double 1984, a chiudere simbolicamente un ciclo. Difficile stabilire se l’ultimo trofeo aprirà un altro percorso di vittorie, la distanza dalle big è enorme, Valverde però sa come sfruttare il materiale a sua disposizione. Il tecnico 51enne è una delle carte vincenti nella mano biancorossa, ha da tempo il rispetto dell’ambiente calcistico, ora ha pure il primo titolo da allenatore (in Spagna, in Grecia ne ha conquistati due). I gol di Aduriz, le parate di Iraizoz, la solidità di Gurpegui, il Bilbao non è solo senatori, si punta forte su Javier Eraso, finalmente maturo dopo un lungo peregrinare, il 22enne Muniain non è più una promessa: la clausola da 45 milioni testimonia la fiducia riposta in lui. Dopo più di 500 partite in biancorosso, Andoni Iraola ha salutato per unirsi a Pirlo, Lampard e Villa a New York, i Leones sono poco inclini al colpo a effetto e preferiscono basarsi su uno zoccolo duro. La maglia non è solo retorica, è identità, tanto che fino al 2008 è rimasta off-limits per gli sponsor, caso più unico che raro. Storie che si intrecciano per raccontare una storia, spesso ostacolata, sicuramente poco nota. Non tutti sanno che l’Atletico Madrid nacque nel 1903 proprio come succursale del Bilbao, iniziativa di tre studenti di ingegneria baschi.
Il primo nome dei Colchoneros fu Athletic de Madrid, i colori gli stessi dei Leones, un legame reciso dieci anni dopo la fondazione quando il club della capitale decise di scrivere la propria, di storia. Anche in Biscaglia, dopo aver assaporato di nuovo il sapore della vittoria, c’è voglia di camminare verso il futuro, nel 2013 l’inaugurazione del nuovo San Mamés (violato dal Torino lo scorso febbraio) in sostituzione di un impianto leggendario, “La Catedral”, che dal 2013 ha fatto da cornice alle gesta biancorosse. La storia è niente senza audacia, il gigantesco ragno di metallo a guardia del Guggenheim ci racconta una città che sa andare oltre la tradizione, piedi ben saldi a terra ma con gli occhi volti alla prossima sfida.