Dagli orrori della guerra al mito del calcio: la magnifica storia di Trautmann, storico portiere del Manchester City che nella finale di FA Cup, il 5 maggio del 1956, difese la propria porta con seri danni al collo. Ma non è solo questo, Trautmann ha combattuto la seconda guerra mondiale dalla parte dei tedeschi per poi integrarsi in Inghilterra.
Danilo De Nardis ci racconta questa splendida storia nel romanzo “L’Eroe Sbagliato” (Urbone Publishing), nel consueto appuntamento settimanale della rubrica: “Il Calcio Sfogliato”
Hai deciso di non scrivere un biografia su Trautmann, ma un Romanzo non Autorizzato, come mai questa scelta narrativa?
Personalmente le biografie non mi piacciono molto, sono un po’ fredde. E’ stato un modo per rendere più fruibile e appetibile la storia di questo personaggio per il pubblico italiano, nonostante sia un oggetto un po’ di nicchia. Ho cercato di spiegare tutte le gioie e le tragedie che Trautmann ha attraversato nel corso della sua vita, in un continuo susseguirsi di flashback.
Come ti sei avvicinato a questo personaggio?
Ci fu una partita di Italia-Brasile nell’82, avevo undici anni, all’ultimo minuto Zoff parò un tiro sulla linea di porta e finì 3-2, fu una partita incredibile. Nel corso della serata parlai con mio padre sui vari portieri, su chi fosse stato il migliore, mi citò il russo Yashin e un certo portiere che in una finale di Coppa d’Inghilterra giocò con il collo rotto. Lui mi disse che fosse inglese, anni dopo ho scoperto che in realtà era tedesco, e la cosa è rimasta li morta e sepolta fino a poco tempo fa. Credevo che i genitore fossero emigrati in Inghilterra con l’inizio della guerra, quando invece ci è arrivato in una maniera più cruenta.
E’ curioso come Trautmann si sia avvicinato al ruolo di portiere in una amichevole in carcere, quasi per errore.
Era un’amichevole fra carcerati e guardie in Inghilterra, era il periodo della riabilitazione. Lui da bambino a Brema aveva praticato altri sport, fra cui pallamano o nuoto, aveva un fisico abbastanza sviluppato. A calcio aveva giocato poche volte da mediano, in semplici partite fra amici. Accade questo episodio durante l’amichevole, per il quale mi sono documentato attraverso alcune biografie inglesi, dove a un certo punto Trautmann si fa male al ginocchio, e non potendo più giocare si mette in porta. Li inizia la sua avventura, prima in una squadra dilettantistica, e poi al Manchester City
Nel tuo romanzo citi spesso Cuore di Tenebra Conrad, romanzo del 1905 riadattato da Coppola con il film Apocalypse Now. Quali analogie con la tua opera?
Entrambi i protagonisti non si arrendono mai, e cercano sempre di andare avanti nonostante le vicissitudini della vita. Il titolo “Eroe Sbagliato” è ironico, perché gli eroi non sono mai definibili così. L’ho chiamato in questo modo perché Trautmann si ritrova a combattere proprio dalla parte sbagliata, quella dei nazisti, per poi essere fatto prigioniero in Inghilterra. E’ stato molto forte, perché non solo ha convinto il Regno Unito, molto conservatore, della sua bontà, che aveva agito in quel modo perchè si era ritrovato a farlo… ma convinse l’intera comunità ebraica di Manchester. Nel corso della sua vita ha passato momenti drammatici con la perdita di un bambino piccolo, oppure una figlia che ha disconosciuto per poi riavvicinarsi in tarda età. Trauttman non si è mai arreso, lo abbiamo ritrovato a fare anche da allenatore nei quattro angoli del mondo, è sempre stato uno che ha trasmesso la bontà delle proprie azioni.
Si ricorda Trautmann per quella storica finale di coppa nella quale giocò con il collo rotto per 17 minuti, salvando a più riprese la propria porta, ma anche ciò che ha realizzato con la propria fondazione in giro per il mondo merita una menzione.
Era diventato l’ambasciatore del calcio con la sua fondazione e i suoi progetti, Ha diffuso questo sport nelle regioni più remote. Credo che il calcio sia una splendida metafora della vita, nonostante tutte le brutture di questi tempi. Basti pensare l’approccio delle autorità sportive verso i tifosi. Quel che in Italia manca è un certo tipo di cultura estremamente diffuso in Inghilterra.
Nel libro fai riferimento alla situazione economica del Manchester City, estremamente precaria negli anni ’50. Ora è una delle compagini più ricche. I soldi dell’est come possono influenzare il calcio? Ultimamente stiamo assistendo a dei prezzi esorbitanti, ma anche a una progressiva perdita della tradizione calcistica.
Purtroppo questo è un problema grave, perché il calcio sta perdendo sempre più fascino, penso che fra qualche anno si arriverà ad avere stadi vuoti. Le curve andranno a sparire perché non avrà senso andare a vedere la partita quando sarà tutto fruibile da casa. C’è una totale mancanza di attenzione verso tutto quello che è il calcio giovanile, soprattutto in Italia. Non penso che stiamo andando nella giusta direzione: io vengo da 90mo minuto e dalla radio, l’influenza della televisione adesso è enorme, il calcio sta diventando una cosa scontata.
Altri progetti di scrittura in vista?
Fra le mie nuove uscite c’è “Il ragazzo che non giocò la finale”, già disponibile sul sito dell’Urbone Publishing, parla dell’altra finale, la partita amichevole fra Buthan e Montserrat nel 2002, le ultime due squadre del ranking mondiale. Ringrazio Gianluca Iuorio che nel suo sito ha fatto un grande lavoro, ci sono tantissimi racconti di calcio legati alla storia. Sto notando che molti editori stanno seguendo questa linea.