Michail Antonio dopo l'incidente
Ci sono momenti in cui il confine tra la vita e la tragedia si assottiglia pericolosamente. Per Michail Antonio, attaccante del West Ham, quel confine è stato segnato nella notte di dicembre 2024, quando la sua Ferrari da oltre 300.000 euro ha perso il controllo prima di schiantarsi contro un albero. Il bolide è rimasto accartocciato, lui incastrato tra i sedili per 45 minuti. Solo l’intervento dei vigili del fuoco ha evitato il peggio.
Il calciatore giura di non ricordare nulla. Lo hanno trovato fuori dal posto di guida, apparentemente nel tentativo di liberarsi. La sua gamba, però, non gli permetteva di farlo: era completamente fratturata. L’urto l’aveva ridotta in pezzi. L’elicottero di soccorso, impedito dalla tempesta, non ha potuto decollare. Il trasporto in ospedale è avvenuto via terra, con un’operazione d’urgenza già predisposta. L’epilogo? 24 giorni di ricovero, una lunga riabilitazione e un futuro incerto.
Oggi, quattro mesi dopo, Antonio torna a parlare. La prima immagine post-incidente è emersa, testimoniando una fragilità che il campo non ha mai rivelato. “Mi hanno detto di non appoggiare la gamba per tre mesi. Ora sto già camminando”, racconta. Un recupero più rapido del previsto, con i medici che stimano dai sei ai dodici mesi per una guarigione completa. Eppure, lui non ha dubbi: tornerà. “Sì, al 100%”, assicura con la determinazione di chi ha già visto troppo da vicino cosa significa rischiare di perdere tutto.
Un dettaglio, però, resta. L’attaccante confessa di aver avuto sensazioni strane nei giorni precedenti all’incidente. “La parte posteriore dell’auto si muoveva troppo. Non mi sentivo sicuro”, spiega. Aveva acquistato la Ferrari da appena tre settimane e stava già pensando di restituirla. Una scelta che, col senno di poi, avrebbe potuto cambiare ogni cosa.
Il campo ora sembra lontano, ma la voglia di tornare non manca. E se il destino non ha scritto la parola fine, Antonio è pronto a rimettersi in gioco. Il suo futuro, nonostante tutto, è ancora da scrivere.
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