Giro di boa in Premier League: boccata d’ossigeno per City e United

Si è concluso pochi minuti fa il match-clou della prima di ritorno in Premier League tra Liverpool e Manchester United. Va in archivio un salomonico quanto spettacolare 2-2 finale che dà ossigeno agli uomini di Amorim, peraltro vicini all’impresa del 2-3 che avrebbe sbancato l’Anfield Stadium. Un po’ di delusione invece per i Reds di Slot che, se avessero vinto, sarebbero saliti in classifica addirittura a +8 sull’Arsenal. Per giunta con una partita in meno. Leggendo la classifica del campionato inglese, è di tutta evidenza l’insolita piazza che occupano entrambi i club di Manchester. E se per il City di Pep Guardiola i punti di ritardo dalla capolista Liverpool sono “solo” dodici, quelli dei cugini, tredicesimi nella graduatoria, ammontano addirittura a 23. La compagine di Salah, di punti, ne ha 46.
Il doppio, in pratica. Lo ripetiamo, con un match da recuperare. Decisamente una situazione inedita anche se, a ben vedere, le due squadre vivono criticità piuttosto diverse tra loro. Più tecnica la crisi del City, di origine più marcatamente socio-finanziaria quella dei concittadini rossi. Lo testimoniano alcune dichiarazioni dei diretti interessati. Il mister catalano fa un autentico mea-culpa quando si definisce unico colpevole del momento no dei suoi. Evidentemente, dice, ci sono cose che non so fare, ma ai ragazzi ho nulla o quasi da rimproverare. Avrà lasciato il segno, fra l’altro, proprio la sconfitta interna subita in rimonta (1-2) ad opera dell’undici del collega dello United Ruben Amorim.
Il tecnico lusitano, di contro, trova, parlando della crisi della propria squadra, una attenuante alquanto singolare quando dice che “i ragazzi hanno paura in campo”. Certamente la pressione è tanta per un club, da sempre, tra i più forti al mondo ma, come si diceva, potrebbe esserci dell’altro che preoccupa, e non poco, l’ambiente. Sono ormai diversi anni che l’era Ferguson si è conclusa, eppure la dirigenza stenta a trovare “la quadra”. L’attuale patron, Sir Jim Ratcliffe, preannuncia un periodo di marcata austerity. Per un club che egli stesso definisce, al momento, mediocre, occorre essere pratici e lungimiranti.
A farne le spese, in primis, sarebbero proprio i supporters, per l’aumento cospicuo dei biglietti. Non basta. È già in atto una revisione delle spese aziendali, pare siano già saltati 250 posti di lavoro. Per tornare a splendere, dice Ratcliffe, lo United deve saper perseguire una politica di rigore. Occorrono decisioni difficili, continua, in assenza delle quali nulla potrà cambiare. Un barlume di ottimismo, nel progetto del patron, lo si percepisce quando si parla della ristrutturazione del vecchio Old Trafford. Ma, anche in questo caso, la soluzione appare un tantino bizzarra. Sembra che il settantaduenne presidente, proprietario della Ineos e uomo più ricco del Regno Unito, stia contattando, o l’avrebbe già fatto, colleghi ancor più grandi di lui che rispondono al nome di Jeff Bezos ed Elon Musk. Per una fantomatica Società che possa garantire la realizzazione del mega impianto sportivo. Potremmo concludere e convenire, intanto, che la parola, almeno per ora, spetti esclusivamente al campo. E bisogna far presto. Per portare a casa risultati e punti indispensabili per poter risalire la classifica. È blasfemo solo a pensarci, ma a ben vedere, sono solo sette i punti dal baratro della retrocessione.