Un altro 0-3 casalingo, stavolta contro il Newcastle in Coppa di Lega, ha certificato l’ennesima crisi del Manchester United. Nonostante il limitatissimo turnover, ten Hag deve affrontare una nuova sconfitta umiliante, ormai una costante nell’arco dei 16 mesi passati alla guida dei “red devils”, peraltro appena 3 giorni dopo lo 0-3 incassato in campionato, sempre all’Old Trafford, contro il City. Partite senza storia, lo United è di certo lontano dai club che oggi dominano in Inghilterra ma la differenza non può essere così netta. Ed è per questo che la panchina di Erik ten Hag comincia a traballare, nonostante all’Old Trafford siano coscienti che quello iniziata con l’olandese è una ricostruzione partita dalle fondamenta dopo i disastri degli ultimi anni.
I numeri
A condannare ten Hag, però, ci sono i numeri e quelli non mentono mai. Il Manchester United ha giocato quest’anno 15 partite ufficiali, ne ha perse più della metà, 8. Tradotto, è il peggior avvio di stagione dal 1962-63. Ma non è l’unico record negativo di vecchia data che è stato rispolverato: delle 8 sconfitte, 5 sono arrivate all’Old Trafford. Ebbene, non accadeva da quasi un secolo, dalla stagione 1930-31.
Il Man U è malinconicamente ottavo in Premier League, già distante 11 punti dal primo posto occupato dal sorprendente Tottenham di Postecoglou e più lontano degli 8 punti che lo separano dal Liverpool, quarto. In Champions League si è sfiorato lo psicodramma: dopo aver perso contro Bayern Monaco e Galatasaray (in casa), lo United ha vinto la terza partita, all’Old Trafford, contro il Copenaghen: un 2-1 stentato col rigore parato da Onana al 97′ ad evitare un altro risultato negativo. Ma la qualificazione agli ottavi ad oggi sarebbe quasi miracolosa.
Ten Hag rischia davvero?
L’esonero di ten Hag costerebbe 17 milioni di euro ad un club che non attraversa di certo una situazione finanziaria florida (sempre più insistenti i rumors di una vendita da parte della famiglia Glazer, da sempre contestata) ma che continua a sperperare soldi in ogni sessione di mercato. La combo Onana-Hojlund in estate è stata micidiale. Il camerunense è stato fortemente voluto da ten Hag, che lo aveva avuto all’Ajax, ma con 2 mesi di incessanti papere e interventi assurdi ha fatto rimpiangere i tempi di Taibi e Bosnich. I segnali di ripresa mostrati nelle ultime uscite, prima del doppio 0-3, potrebbero essere un nuovo inizio per l’ex Inter, ma nessuno dei tifosi del Manchester United si spiega come sia stato possibile pagarlo 55 milioni di euro, negando il rinnovo contrattuale a De Gea, peraltro ancora svincolato dopo 12 anni in Inghilterra. Hojlund è di certo un prospetto interessantissimo, ha 20 anni e un futuro brillante: ma spendere 70 milioni più 10 di bonus per un ragazzo che non è riuscito neppure ad andare in doppia cifra nell’unica stagione giocata ad alto livello, all’Atalanta (9 gol), è ugualmente inspiegabile. E lo 0 nella casella “gol” in Premier League è davvero straziante.
Non che gli altri nuovi arrivi stiano convincendo: Mount non ingrana, Amrabat è già preso di mira duramente da stampa e tifosi per le sue prestazioni scadenti. A ciò aggiungiamo uno stato di forma pessimo di due veterani come Eriksen e Casemiro, l’unico gol realizzato da Rashford, che proprio con le sue reti consentì la scorsa stagione quantomeno di raggiungere la Champions League, i problemi nello spogliatoio col caso Sancho (fuori rosa) che ha generato ulteriori dibattiti, Antony occupato a difendersi dalle accuse di violenza privata dalla sua ex, Martial impalpabile, una difesa colabrodo in cui persino Maguire è tornato alla ribalta e dove addirittura è stato ripescato Evans (a 35 anni e dopo 8 stagioni passate tra West Bromwich e Leicester), quasi a voler acuire ulteriormente la nostalgia per gli ultimi anni dell’era Ferguson, gli infortuni. Insomma, se è vero che le poche note liete arrivano da qualche singolo (Bruno Fernandes e McTominay tirano la carretta), il panorama è davvero desolante e ten Hag potrebbe pagare per tutti.