Lo scorso tredici gennaio Jordi Cruijff è stato nominato commissario tecnico dell’Ecuador. L’olandese è alla prima esperienza sulla panchina di una nazionale e questa inaspettata avventura è stata accolta dall’ex Manchester United con grande entusiasmo: «Sono davvero felice di essere qui per aiutare il calcio ecuadoriano a crescere e sento già il calore dell’ambiente, ma ora è il tempo del lavoro e non delle parole». Alla conferenza stampa di rito era presente il presidente dell’Ecuador Lenin Moreno a testimoniare il clamore della decisione della federcalcio ecuadoriana.
Il nome di Jordi Cruijff può sorprendere gli addetti ai lavori, al di là dell’immensa caratura che il proprio cognome veicola in ogni lembo di terra, ma non si deve reputare che sia stata una decisione che punti al solo nome del proprio neo allenatore, vincolato all’Ecuador fino al 2023, bensì alla idea di calcio che egli vuole proporre. La domanda, perciò, risulta necessaria: “Che tipo di allenatore è Jordi Cruijff?”.
Le prime esperienze a Malta e Cipro
La gavetta per diventare allenatore inizia nell’estate del 2009 per Jordi Cruijff: Ton Caanen, globetrotter del mondo del calcio, lo chiama al Valletta FC per averlo come assistente allenatore. Cruijff firma un contratto da allenatore-giocatore con i maltesi e nel Valletta FC colleziona 17 presenze nella stagione 2009/10. Il Valletta trionfa nel campionato maltese e Jordi decide di seguire Caanen a Larnaca per guidare l’AEK Larnaca nel campionato cipriota.
L’esperienza è assolutamente provante per il duo olandese, tanto da vedere l’esonero di Ton Caanen nel novembre del 2011. Gli si avvicenda Leon Vlemmings all’esordio come allenatore in una prima divisione nazionale. Jordi Cruijff veste il ruolo di direttore tecnico.
I risultati sono sensazionali: nella prima stagione l’AEK Larnaca centra il quarto posto da neopromossa. Nell’annata seguente l’AEK approda alla fase a gironi di Europa League, dimostrandosi una realtà consolidata del calcio cipriota.
L’avventura in Israele
Nel 2012-2013 Jordi Cruijff si accasa al Maccabi Tel Aviv come direttore tecnico. L’approdo dell’olandese risulta chiave per la compagine israeliana che, nonostante l’avvicendarsi di un notevole numero di allenatori, riesce a trionfare nel campionato domestico dal 2013 al 2016. Il Maccabi trionfa anche in Coppa d’Israele durante il “regno” di Cruijff, arrivando a disputare sia l’Europa League che la Champions League.
La gestione di Cruijff è stata di per sé un successo dal punto di vista dei risultati sportivi, ma ha portato ad una vera e propria turbolenta rivoluzione. Il settore giovanile è stato affidato a profili olandesi quali Patrick van Leeuwen, Robin Verheul e Raymond Atteveld. In contemporanea, Jordi cerca di affidare la guida della prima squadra a profili vicini altrettanto vicini al calcio dei Paesi Bassi come Peter Bosz, successivamente protagonista di un clamoroso secondo posto in Europa League con l’Ajax, e Shota Arveladze, georgiano con un passato con la prima squadra di Amsterdam e l’AZ Alkmaar.
Il Maccabi non si riesce a trovare una vera solidità per creare un ciclo e all’addio di Lito Vidigal, spinge Jordi alla prima avventura da primo allenatore nel febbraio del 2017. Cruijff trascorre otto gare come manager ad interim del Maccabi, conquistando sette vittorie e un pareggio. Portando la propria compagine al secondo posto e ai preliminari di Europa League.
Il Marco Polo di Amsterdam
L’avventura in Israele termina per Cruijff che viene assoldato dal Chongqing Lifan FC, selezione della prima divisione cinese. L’olandese, sulla panchina del Lifan, incontra notevoli difficoltà e si vede costretto a cambiare modulo quasi ad ogni gara. L’ex Barcellona non riesce a trovare una continuità tattica, ma permette alla compagine di Chongqing di salvarsi nella stagione 2017-2018 grazie ad una differenza reti migliore di Teda e Yatai.
Nell’edizione di Chinese Super League successiva, la mano di Cruijff è ben più visibile sul Chongqing Lifan FC che struttura le basi di un’identità tattica ben definita con una difesa a quattro, due controllori in mezzo al campo, un regista avanzato dietro la punta e due esterni d’attacco che si bilanciano l’un l’altro. Cruijff arriva così a designare un 4-2-3-1 che ricorda molto Bert van Marwijk con Mierzejewski fonte avanzata di gioco e Alan Kardec finalizzatore della manovra.
Il Chongqing Lifan FC, grazie alla propria solidità, riesce a centrare un decimo posto che chiude dignitosamente il cammino biennale di Jordi Cruijff sulla panchina della selezione di Lifan.
La necessità di ricostruire
L’olandese, dopo questo lungo percorso, arriva così sulla panchina dell’Ecuador con un’esperienza consolidata in numerosi settori del club e con una visione ad ampio spettro di cosa possa essere la gestione di una squadra. Cruijff si siederà su una panchina di una nazionale che manca da anni nella geografia del calcio che conta e si è vista a dover affrontare uno scottante salto generazionale: su tutti gli addii di Antonio Valencia e la presenza ad intermittenza di Felipe Caicedo. Il tecnico olandese sta tentando a tutti i costi di far ritornare il centravanti della Lazio in nazionale ecuadoriana. Merita, inoltre, sottolineare come la mancanza di vero e proprio trickster del pallone come Ayoví o un controllore di gioco come Noboa abbiano dato il colpo di grazia all’Ecuador.
L’obbiettivo di Cruijff è per certo di ricreare un percorso tattico in un contesto problematico come quello ecuadoriano, laddove metà degli interpreti della propria rosa giocano nel campionato domestico – con tutte le conseguenze e gli annessi di essere impiegati in una divisione di secondo livello del calcio internazionale – e il resto della selezione impegnata in Europa o campionati quantomeno più provanti.
Cruijff dovrà fare i conti con un altro nodo pervenuto al proprio metaforico pettine: Renato Ibarra. L’ex Vitesse è per certo un valore assoluto nella rosa dell’Ecuador, ma l’esterno d’attacco è appena uscito di prigione e conseguentemente rilasciato dopo le infondate accuse di violenza domestica e risulta difficilmente recuperabile in tempi brevi dal punto di vista calcistico, considerando che si è visto rescindere il proprio contratto dall’America C.F..
Dalla sua parte Cruijff possiede, per quanto possa suonare banale, la lingua per poter comunicare con i propri giocatori e la federazione. Un preciso progetto tattico che molto probabilmente prenderà le mosse dall’esperienza cinese: il 4-2-3-1 sembra l’ideale per questa rosa che non ha un vero e proprio leader tecnico, ma conta sulle doti atletiche dei propri interpreti.
Un ruolo importantissimo verrà vestito da Diogo Palacios, ex Willem II, ora in forza al Los Angeles F.C. come possibile wildcard grazie al notevole valore tecnico e fisico. Altrettanto importante sarà il ruolo vestito da Ángel Mena, che agirà come regista defilato sulla corsia di destra – non escludo un dirottamento nella parte centrale del campo – e chiamato ad essere fonte di gioco perpetua dell’Ecuador di Cruijff.
La chiave dell’Ecuador sarà per certo Enner Valencia del Tigres: la sua velocità e capacità a sfruttare gli spazi aperti sono le armi principali di questo Ecuador.
A conclusione di tutto, si può dire che vedremo sicuramente un Ecuador più compatto e reattivo, più che proattivo, pronto a chiudersi e serrare le fila per attaccare con impeto gli spazi aperti e aprire lateralmente il campo.
Queste sono le frecce nella faretra di Cruijff per centrare l’unico vero obbiettivo del suo mandato: la qualificazione alla Coppa del Mondo 2022 programmata in Qatar.