Rúben Afonso Borges Semedo, colloquialmente solo Rúben Semedo, secondo alcuni esperti sarà la nuova colonna portante della nazionale portoghese. Ma nel calcio, come nella vita, non esistono certezze, tutt’al più in questo caso. Nonostante stia disputando gli Europei under-21 in Polonia con la selezione lusitana e lui stesso abbia più volte ribadito l’intenzione di scegliere la Seleção das Quinas, la nazionale di Capo Verde sta ancora sperando in una conversione. Di fatto Semedo è nato ad Amadora, a nord di Lisbona, ma essendo figlio di immigrati capoverdiani potrebbe anche scegliere di giocare per le isole africane. Ovviamente le possibilità che questo accada sono poche, vedasi i precedenti casi di Nani, Renato Sanches o Rolando.
La sua infanzia non è delle più semplici: i genitori si separano presto e lui resta a vivere con la sorella e la mamma, che è costretta a svegliarsi tutte le mattine alle quattro di notte per andare a lavorare. D’altronde per una famiglia di immigrati non c’è altro posto che il malfamato quartiere di Casal de Mira, una collinetta per anni rimasta isolata dal resto della città, divenuto ricettacolo di povertà e criminalità dove tutte le minoranze etniche sono state economicamente ghettizzate, tanto che solo recentemente il trasporto pubblico l’ha raggiunta. Ma la passione per il calcio porta subito il piccolo Rúben a tentare uno stage di una settimana per il Benfica, purtroppo però viene scartato. Così decide di frequentare la scuola-calcio del Sacavense, dove l’allenatore della squadra infantil Henrique Gil decide di schierarlo in mezzo al campo, e ci azzecca: alla prima gara ufficiale Semedo fa doppietta, segnando anche un gol da centrocampo. Ma più che l’inizio di un sogno, è l’inizio di un lungo sentiero arduo e tortuoso, durante il quale imparerà a lavorare duro per ottenere quello che vuole.
La mamma non ha tempo per andare a vederlo giocare, ci andrà solamente una volta su espressa richiesta del figlio, intimorito dal fatto che i suoi compagni possano pensare che lui non abbia genitori. Anche lei, proprio come il figlio, deve chiedere un passaggio alla mamma del compagno di squadra Hélder Santos per recarsi al centro sportivo di Sacavém. D’altronde questa è diventata ormai una routine, il campo dista quasi una ventina di chilometri da Casal de Mira, in pratica si trova dall’altra parte di Lisbona, e senza gli strappi dell’amigo Hélder sarebbe impossibile per Rúben andare ad allenarsi. Ma alla lunga il fastidio diventa insopportabile e dopo nemmeno una stagione intera decide di mollare tutto e continuare a covare il proprio sogno giocando per strada con gli amici. La sua fulminea carriera da calciatore sembra ormai tramontata, soprattutto perché il suo primo addio al calcio dura addirittura tre anni. Torna a giocare nel calcio federale solamente a quindici anni nel Clube Futebol Benfica, niente a che vedere con il club più titolato di Portogallo, il Fofó, come viene soprannominato, gioca in Terceira Divisão, quarto gradino della piramide calcistica.