Mondiali U20 nel 1981 in Australia, la Germania viene incoronata campione dopo aver battuto per 4-0 il Qatar, sorprendentemente giunto all’atto finale della competizione dopo essersi sbarazzato di Inghilterra e Brasile nelle eliminatorie. Un risultato davvero sorprendente se si pensa che il paese arabo aveva ottenuto l’indipendenza solo 10 anni prima, e che in pochi sapevano della sua esistenza. Leggendo il report della Fifa sul mondiale australiano, vi è chiaramente scritto che la popolazione dell’Australia non aveva mai sentito nominare una nazione nominata Qatar, c’è chi pensava fosse addirittura una regione petrolifera dell’Arabia Saudita.
Al tempo infatti il Qatar aveva una popolazione che superava di poco le 200 mila unità (oggi sono poco più di due milioni), ma era già diventato uno degli assett principali del petrolio. Prima del 2010, anno in cui la Fifa ha assegnato la Coppa del Mondo del 2022 in Qatar, personalmente avevo solo sentito nominare tale nazione, non sapevo identificarla a differenza degli Emirati Arabi Uniti. Magari prima d’allora si era sentito parlare di Qatar a livello sportivo per il Motomondiale o per i tornei Open di Tennis, la cui prima edizione disputata nel 1993 è stata vinta da Boris Becker.
Con l’assegnazione dei mondiali 2022 in Qatar con dodici anni in anticipo (primo caso nella storia), è iniziato un processo silenzioso, ovvero quello di far emergere una nazione e legittimarla sul piano globale attraverso il calcio e l’industria dell’entertainment in generale. E’ la politica del Soft Power, con vista sul 2030 per il grande progetto del Qatar National Vision
PSG E BARCELLONA
Nel 2014 il sito Bleacher Report ha stilato la classifica delle 20 personalità/istituzioni più importanti nel mondo del calcio. Al primo posto naturalmente vi era il colonnello Blatter, al tempo presidente della Fifa, al secondo Scudamore, presidente della federazione inglese, mentre al terzo la famiglia reale del Qatar.
L’assegnazione dei mondiali del 2022 è stato il primo passo per una serie di investimenti e per porre il piccolo stato nel deserto al centro dell’attenzione globale. Nel 2011 il Qatar Sports Investment (QSI) ha acquistato il Paris Saint Germain, club della capitale francese che non vinceva il titolo nazionale addirittura dal 1994. E’ bastato poco per porre i parigini come una delle superpotenze del calcio europeo (a discapito della recente figuraccia contro il Barcelona), con gli acquisti milionari di Sirigu, Pastore, Lavezzi, per poi arrivare ai vari Ibrahimovic, Thiago Silva, Cavani e Di Maria.
Un investimento che certamente non ha portato ad un deficit, come molti potrebbero pensare, dato che il fondo qatariota, oltre ad aver acquistato il PSG, si è accaparrato anche i diritti della Ligue 1 francese, per poi rivenderli all’emittente araba Al Jazeera una volta approdati i grandi campioni sopra citati in Francia.
Senza veli, è stato dichiarato più volte che il Paris Saint Germain non è solo la squadra della capitale francese, ma è anche l’ambasciatore del Qatar nel mondo, non solo per attrarre investimenti, ma anche turismo, perché se Dubai ed Abu Dhabi vi hanno esaltato allora Doha non è da meno. Uno dei principali sponsor del PSG infatti è la Qatar Tourism Authority. Il club francese in cambio di 175 milioni di euro all’anno offre la sua immagine e quella dei propri giocatori per la promozione del Paese arabo come destinazione turistica.
Sul fronte del turismo non si può trascurare anche la strategica sponsorizzazione della Qatar Airways, il cui nome è finito sulla casacca blaugrana del Barcellona, fino a quel momento rimasta immacolata da sponsor. Negli ultimi mesi il Barça ha trovato nella giapponese Rakuten il nuovo jersey sponsor per la colossale cifra da 60 milioni di euro all’anno, ma stando alle indiscrezioni del Mundo Deportivo, il Barcellona e Qatar Airways sarebbero ai dettagli per un nuovo accordo di sponsorizzazione: non più per apparire sulla divisa, ma come “compagnia aerea ufficiale” della società.
DALLA CITIC ALLA BARCLAYS
La grande espansione del paese arabo non riguarda solamente il calcio e si muove attraverso i fili della Qatar Investment Authority (della quale fa parte anche la sezione sportiva proprietaria del PSG), un fondo sovrano nato nel 2005 che si occupa di investimenti esteri per l’internazionalizzazione del paese.
Dal sud est asiatico, all’Europa fino ad arrivare a New York, a tanto si estende l’influenza della Qatar Investment Authority, che ha quote nel gruppo Volkswagen, nella Barclays, la banca che sponsorizzava la Premier League. Il fondo sovrano ha investito in Malesia, nel settore petrolchimico, ha oltre 200 milioni di dollari di proprietà immobiliari in India. In Europa la QIA è individuabile nelle più grandi aziende e nel 2015 è giunto anche a Milano, aggiudicandosi tutti i grattacieli del quartiere di Porta Nuova.
Uno dei nuovi grandi partner del QIA è la Cina, grazie all’accordo stretto con la Citic Group (al tempo azionista di maggioranza del club di Pechino, il Beijing Guoan), per veicolare 10 miliardi di dollari di investimenti nella Repubblica Popolare.
GLI STADI NELLA NUOVA VIA DELLA SETA
Si è parlato tanto del Qatar in ottica stadi, e di come i ritmi infernali di lavoro e la precarietà nelle misure di sicurezza abbiano causato una vera e propria carneficina fra i migranti, ma non siamo qui per parlare di questo, bensì di come il Mondiale del 2022 possa essere un ulteriore punto di avvicinamento fra il Qatar e la Cina.
Il grande piano della Repubblica Popolare è quello della One Belt One Road, ovvero una delle ragioni principali che guida l’espansione calcistica del dragone. Il grande progetto infrastrutturale e di zone di libero scambio ha due vettori principali: uno per mare, dal sudest asiatico, all’Africa, fino al Porto di Pireo in Grecia per poi entrare nel Mar Mediterraneo. Dall’altra c’è la Via della Seta per via terrestre che dalla Cina arriva fino all’Europa occidentale, attraversando il medio oriente.
Fra i paesi chiave nella OBOR naturalmente vi è anche il Qatar e quale miglior occasione se non il calcio per allargare le maglie di una globalizzazione inclusiva e stringere ricchi rapporti sul settore energetico? I due paesi nel dicembre 2016 hanno raggiunto un importante accordo per la costruzione di uno stadio, che coinvolge la China Railway Construction Corporation Limited. L’impianto sarà costruito a Lusail, una piccola cittadina a 12 chilometri a nord di Doha.
Sempre nel 2016 inoltre l’ambasciatore cinese in Qatar, Li Chen, ha presenziato all’evento Qatar-China Cultural Year durante il quale si è raggiunta l’intesa per accordi strategici e investimenti reciproci. La via della Seta si pone dunque come la via del futuro, e dopo aver investito pesantemente in Kazakistan, Tirjikistan e Kyrjikistan, gli occhi del dragone guadano con ambizione al deserto e alle risorse degli stati arabi attraverso il calcio… o meglio, la Diplomazia degli Stadi.
I MONDIALI DI PALLAMANO
Žarko Marković, Montenegro, Hassan Mabrouk, Egitto, Bertrand Roiné, Francia, Rafael Capote, Cuba, Abdulla Al-Karbi, Emirati Arabi Uniti, Danijel Šarić, Bosnia, Eldar Memišević, Bosnia, Goran Stojanović, Montenegro, Borja Vidal, Spagna, Jovo Damjanović, Montenegro, Kamalaldin Mallash, Siria, Youssef Benali, Tunisia, Hamad Madadi, Iran, Mahmoud Hassab Alla, Egitto, Ameen Zakkar Siria.
Qatarioti? Nessuno. I nomi soprastanti sono quelli della nazionale qatariota arrivata seconda ai mondiali di pallamano del 2015 disputati a Doha. 28-25 il puntegio della finale, in favore della Francia, ma quel che conta è che per la prima volta una nazionale non europea riesce ad ottenere una medaglia alla manifestazione.
Il Qatar allora era la 32ma squadra del ranking, ma è riuscita ad ottenere l’argento grazie ad un’accurata campagna di naturalizzazione dei giocatori. La Federazione di Pallamano permette ai giocatori che negli ultimi tre anni non hanno disputato partite con la propria nazionale di giocare per un altro paese, nel corso del 2014 molti forti giocatori di pallamano sono stati tesserati da squadre del Qatar e hanno preso la nazionalità qatariota, ottenendo quindi la possibilità di giocare per la nazionale.
Quello della pallamano è solo uno dei tanti esempi, molto significativi, per capire cosa ci aspetterà al mondiale del 2022.