La Liga si sta rivelando uno dei campionati più equilibrati di questo 2017 e a noi di TuttoCalcioEstero non bastava raccontarvi le singole partite ed emozioni che ruotano attorno al continente iberico. E’ per questo che abbiamo chiesto un parere ed una lettura analitica di quello che sta accadendo in Spagna al nostro Andrea De Pauli, friulano doc diventato ormai spagnolo d’adozione, nonché giornalista di BeIN Sports Spagna e corrispondente dalla Spagna e dal Portogallo del Corriere dello Sport.
Questa la prima parte della nostra intervista esclusiva, in cui ci siamo soffermati su alcuni temi di attualità, tra cui la sfida Napoli-Real Madrid, l’avvicendamento sulla panchina del Barcellona del prossimo anno e gli esoneri dei “nostri” Prandelli e Ranieri.
In Italia sei meno conosciuto che in Spagna: come arrivi a fare del giornalismo in Spagna?
“In realtà per caso: ovvero, ai miei tempi le scuole di giornalismo non erano molto sviluppate ed era quindi molto più complicato inventarsi la professione. Io ho iniziato facendo pratica a Don Balon, l’analogo del nostro Guerin Sportivo. Dovevo fare 5 mesi ma poi ci son rimasto un anno perché sono stati contenti di me, ed io ero felicissimo. In quell’anno l’Udinese, la squadra della mia regione, si qualificò per la prima volta in Champions League e pescò il Barcellona ai gironi. Con il Messaggero Veneto seguivo le partite delle altre squadre del girone del girone, perché tutti volevano vedere l’Udinese! Poi ho deciso di tornare in Italia per sistemare le pratiche giornalistiche per il tesserino, tornando a Bologna, dove ho lavorato per la rivista Dieci e per alcuni telegiornali. Alla fine dell’anno ho deciso di tornare definitivamente in Spagna, diventando così il corrispondente per il Corriere dello Sport.”
Dicevi che al Barcellona vedresti bene un allenatore italiano: il profilo più corretto quale ti sembra?
“In realtà gli italiani potrebbero allenare tutti al Barcellona perché mi sembrano mediamente più preparati degli altri. La scuola di Coverciano è una grande istituzione: al momento ci vedrei bene Conte, che ha le idee chiare ed è al suo massimo momento di motivazioni come allenatore. Immagino non possa muoversi, come anche Lippi, seppur più maturo. Un profilo per me sempre molto sottovalutato, capace di arrivare quattro volte in finale di Champions. Il difetto è quello di averne vinta soltanto una. Non lo vedo inferiore ai Ferguson, Wenger e quant’altro. Se dovessi decidere utopicamente un nome Barça però, ti direi il ritorno di Pep Guardiola.”
Parlando di Champions League, il Real deve temere la trasferta di Napoli?
“Il Real deve fare una partita seria contro il Napoli. Il problema per il Napoli è che il Real segna con facilità visti i suoi giocatori eccezionali, con un Bale ancora più motivato che vorrà rifarsi dopo la follia del rosso con il Las Palmas. Allora lì ci si potrebbe demoralizzare qualora arrivasse un gol, anche se un Napoli al 100% può battere chiunque, con un Real che va in difficoltà con le squadre che giocano. Se il Napoli arriverà con molto morale e con meno stanchezza, viste le poche rotazioni in atto, dando ragione a De Laurentis, potrà dire la sua.”
Parliamo degli italiani che arrivano in Liga, come Piccini, Sansone, Soriano, Zaza.. Si tratta per te di un’inversione di tendenza?
“Si, perché prima non succedeva e quando succedeva non era niente di che. Ad un certo punto il Valencia fece incetta di italiani coi vari Di Vaio, Fiore, Corradi e Tavano. Però non li schierava, comprati e non utilizzati, anche a causa di alcuni screzi di Amedeo Carbone con alcuni membri della società. Ma anche gli spagnoli faticavano da noi, come i vari Gallego, Martin Vazquez. Adesso è cambiato in generale il calcio e quindi questi incroci sono normali: da noi Borja Valero e Callejon sono gli esempi di spagnoli che vanno al massimo, aggiungendoci Suso, mentre in Spagna quelli del Villareal, Sansone e Soriano, compreso Bonera che però ha avuto problemi fisici, sono quelli che stanno andando meglio, frutto anche di alcuni ottimi rapporti con dei procuratori. E’ positivo che si guardi in maniera reciproca in questi campionati!”
Secondo te, perché Sirigu ha deciso di andare all’Osasuna?
“Nel caso di Sirigu, è successo qualcosa di molto strano, perché era il primo portiere del PSG e si è ritrovato ad essere scansato da un Trapp che secondo me gli era inferiore, per cui questo ti da fastidio e vuoi andar via. Ha perso un po’ di concentrazione, è andato a Siviglia, ha avuto un esordio sfortunato e si è trovato un Sergio Rico in gran spolvero, per cui penso che abbia voluto andare in un posto dove era sicurissimo di giocare mettendosi anche in mostra, perché in una squadra come l’Osasuna prendi tanti tiro nello specchio. Aveva bisogno di continuità e di una vetrina, perché quando giochi contro il Real o il Barça il portiere lo si nota e come.
Sull’addio di Prandelli cosa ne pensi?
“L’addio di Prandelli è stata una cosa totalmente incomprensibile. Perché lui aveva chiesto alcuni giocatori, tra cui Zaza, e se n’è andato perché pensava di non essere accontentato, chiedendo anche al ds di dimettersi con lui. Il direttore sportivo viene criticato in alcune conferenze stampa proprio per questo, subisce tutto ciò, si dimette anche lui e poi arriva Zaza. Tutto altamente incomprensibile: Prandelli non ha realmente capito che tipo di società è il Valencia, e di conseguenza non si è ambientato, perché non mi ha mai dato l’impressione di aver capito dove si trovasse. Le prime partite furono buone però non si fecero punti, cosicché si è persa la fiducia che forse l’allenatore già riponeva meno nei suoi uomini. Alla fine, da signore se n’è andato, ma non ha capito a pieno l’essenza della Liga spagnola.”
E nel caso di Ranieri?
“In questo caso si tratta di una vergogna di irriconoscenza, da una società non gestita da gente del luogo, perché un presidente di Leicester non avrebbe mai esonerato Ranieri. Rimarrà sempre nella storia, anche se a posteriori sarebbe facile dire che Ranieri avrebbe potuto salutare tutti dopo quello che ha fatto. Ranieri ha creato un prima ed un dopo: ovvero, dopo di lui, fare triplete o quant’altro con squadre stellari diventa una bell’impresa anche se la sfida vera, per i grandi allenatori, semmai stessero stendendo, sarebbe vincere qualcosa con una squadra su cui nessuno scommetterebbe nulla. Come se Guardiola prendesse il Brescia e lo portasse a vincere il campionato italiano!”
FINE PRIMA PARTE.