Chi è Álvaro González (il difensore)

Álvaro González Soberón, da non confondere con Álvaro Rafael González della Lazio, è stato l’ultimo acquisto stagionale del Villarreal. Si tratta di un difensore centrale rapido e tignoso, ma non particolarmente forte nel gioco aereo (è alto 183 centimetri). È stato raramente impiegato anche come terzino destro, ma ha trovato la sua collocazione tattica al centro della difesa, dove può sfruttare la sua rapidità al fianco di un centrale più fisico. Ma non per questo può essere considerato un difensore placido: i suoi quindici cartellini gialli nella stagione 2013/14 ne sono un esempio pratico. È finito sotto ai riflettori anche per il suo battibecco con Lionel Messi nel derby di Copa del Rey del gennaio 2015. In quell’occasione il difensore riservò un trattamento speciale al Pulga che si lamentò direttamente con lui: Álvaro gli diede del “nano” e Messi gli disse che è “cattivo”, e come lui stesso ammise scherzosamente nel post-partita «avevamo entrambi ragione». Ma andiamo a ripercorrere la sua carriera calcistica.
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A tredici anni entra a far parte della cantera del Racing de Santander e a soli diciassette viene lanciato tra i professionisti nella seconda squadra racinguista. Il primo a credere in lui fu Marcelino García Toral, all’epoca allenatore della prima squadra, che notò quel giovane difensore centrale rimasto fuori dalla lista dei convocati per sedici giornate consecutive in Segunda División B. Grazie alla sua raccomandazione Álvaro entra a far parte stabilmente del Racing Santander B e la società lo mette sotto contratto con un contratto da 200mila euro a stagione, respingendo l’assalto di Monchi, d.s. del Siviglia. La sua parabola con il Racing B termina virtualmente nella stagione 2009/10 quando la squadra riserve non riesce a salvarsi, chiudendo quartultima a due punti dalla zona play-out. Nella stagione successiva si alterna tra i grandi e la cantera, ma sotto la guida di Miguel Ángel Portugal non trova spazio. La sua fortuna è il ritorno di Marcelino che viene a sostituire Portugal a inizio febbraio, e lo fa debuttare pochi mesi più tardi. Grazie a questa investitura – ricordiamo che Marcelino è considerato uno dei più grandi tecnici della storia racinguista avendo condotto il Racing fino a un sesto posto che è valso la prima e unica partecipazione europea – Álvaro González ha potuto allungare il proprio rapporto con il club di altri quattro anni con un raddoppio dell’ingaggio.
Nell’estate del 2011 l’allenatore asturiano lascia però la Cantabria per divergenze con la dirigenza, e al suo posto viene scelto Héctor Cúper. Ma sarà una stagione difficile e travagliata per il Racing Santander: a fine ottobre il Consiglio d’Amministrazione si dimette in toto e il tecnico argentino rassegna le dimissioni poco dopo con la squadra fanalino di coda. Álvaro si mette in evidenza in una squadra allo sfascio, tanto che a novembre il Dnipro di Juande Ramos avanza un’offerta di due milioni di euro per le sue prestazioni, ma il difensore preferisce rimanere in Spagna che trasferirsi nella lontana Ucraina. Comunque, nonostante il susseguirsi degli allenatori, il Racing non riuscirà più a sollevarsi e retrocederà con due giornate di anticipo dopo dieci anni di permanenza in Liga. Per Álvaro González, cresciuto calcisticamente con la camiseta verde, si chiude un capitolo. Non soddisfatto del suo storico agente Fermín Gutiérrez, che teme di non trovargli una sistemazione in massima serie, a inizio luglio 2012 decide di affidarsi a Iñaki Ibáñez, che gli assicura una destinazione in Primera División. Poche settimane dopo, a rilevare il suo cartellino è il Saragozza che sborsa un milione di euro.
Ma nemmeno stavolta la situazione è pacifica. Sono gli anni di Agapito Iglesias, il presidente più contestato di sempre da queste parti. La sue gestione funesta porta a un indebitamento sconsiderato nelle casse della società, ma soprattutto rovina l’immagine del club per i propri interessi personali (in alcuni casi, come si paventò per l’operazione Álvaro González, acquistava i giocatori con il denaro societario ma si intestava parte dei diritti economici). Addirittura la tifoseria mette in atto un minuto di protesta durante ogni gara casalinga, fischiando nei confronti del presidente al trentaduesimo giro di lancette di ogni tempo. La chiamano l’agapitada e gran parte della tifoseria, non solo delle curve ma anche delle tribune, si porta un fischio da casa per esprimere il proprio disprezzo al vertice dirigenziale. Viene attuata al minuto trentadue in onore alle origini del club, nato nel 1932, ma è solo una di tante manifestazioni di protesta, probabilmente la più forte, visto che viene messa in pratica per almeno un paio di anni, fino all’addio di Iglesias. Di fatto la squadra incappa in un’altra retrocessione, ormai la terza nella breve carriera di Álvaro, ma le sue prestazioni sono di livello. Tanto che Luis Milla decide di portarselo in Israele per gli Europei under-21. Lì giocherà solamente il match contro l’Olanda, terza giornata di un girone già vinto, ma contribuirà nel suo piccolo al titolo conquistato nella finale contro l’Italia di Devis Mangia, strapazzata per quattro a due in finale.
Tornato in Spagna fa di tutto per cambiare aria, ma senza riuscirci. Il presidente Iglesias impugna la clausola risolutiva, fissata a dieci milioni di euro, una cifra sconsiderata per un giocatore ancora in fase di crescita, e così rimane in Aragona. Anche la stagione successiva sarà tutt’altro che rose e fiori: il Saragozza resta costantemente a ridosso della zona retrocessione, e alla fine si salva con appena quattro punti di distacco dalla terzultima. Finisce un incubo. Per i tifosi, che vedranno la partenza di Iglesias (venderà il suo pacchetto azionario nel luglio 2014), ma anche per Álvaro González che trova una nuova sistemazione. A riportarlo in massima serie è Óscar Perarnau, d.s. dell’Espanyol, che sborsa 2,1 milioni di euro per le prestazioni del difensore e di un altro giovane, Paco Montañés, canterano del Barcellona che militò tre anni nel Villarreal B. Firma un quadriennale a 600mila euro e si mette subito a disposizione del suo nuovo allenatore Sergio González. Questi sa di avere tra le mani un ottimo calciatore: pochi mesi dopo il suo debutto in Primera, Álvaro si è guadagnato un posto da titolare sia a Santander che a Saragozza, confermandosi un pilastro difensivo in tutte le squadre in cui ha giocato. Sarà così anche a Barcellona, ma tornare a disputare gare di massima serie non è subito facile. La lungodegenza di Héctor Moreno gli facilita l’inserimento in squadra al fianco di Colotto, con cui comporrà una coppia difensiva affidabile, ma gli inizi sono difficili. Il nuovo corso di Sergio González non inizia nel migliore dei modi e Álvaro è tra i giocatori che convincono di meno: nelle uscite contro Valencia e Siviglia non dà una buona impressione. In particolare contro gli andalusi si fa anticipare da Carlos Bacca mostrando scarsa attitudine.
Ma lui abbassa la testa e si mette a lavorare sodo, conquistando pian piano l’ambiente con la sua costanza. Nel suo bienno all’ombra del Cornellà-El Prat diverrà il giocatore di movimento più utilizzato in assoluto, fino a essere considerato un punto fermo della formazione perica. Sicuramente a ventisei anni ha finalmente la maturità e l’esperienza adatta per fare un altro passo in avanti, ma ovviamente non ha i numeri per diventare il nuovo Bailly. Il suo arrivo ricorda più che altro quello di Víctor Ruiz, sbarcato nella Plana Baixa con scarse aspettative ma con la perseveranza di chi vuole dimostrare il proprio valore domenica dopo domenica. Pagato circa quattro milioni di euro, più qualche bonus, la sua operazione in extremis è stato più che altro un piano B al fallimento di N’Diaye come difensore centrale, cui la società ha dovuto porre rimedio negli ultimi giorni di mercato. In un’ottica di turn-over potrebbe dare i frutti sperati attestandosi come doppione di Ruiz in tutto e per tutto: stile di gioco, carta d’identità, costo del cartellino e atteggiamento dentro e fuori dal campo.