Chi è Nicola Sansone, l’ammazzagrandi

La storia di Nicola Sansone – almeno nella prima parte e nell’epilogo – ha molti punti in comune con quella di Roberto Soriano. Anche lui è nato a Monaco di Baviera: il padre è emigrato da Novi Velia, provincia di Salerno, per cercare fortuna in Germania, e in terra teutonica ha aperto un ortofrutta e trovato una una moglie baverese. Ma Nicola, come tutti i figli degli emigrati, si sente italiano in tutto e per tutto, e in casa si parla tanto il tedesco e l’italiano, quanto il campano. Quando nel 2006 la nazionale azzurra vincerà la Coppa del Mondo sul suolo tedesco, lui, quindicenne, si presenterà a scuola con i capelli rasati e avvolto dal tricolore, a sbeffeggiare tutti i suoi compagni di scuola. Il calcio è la sua passione, tifa Inter ma poi passerà a sostenere il Milan («quando mi sono reso conto che l’Inter non vinceva mai»), il suo idolo è Roberto Baggio, tanto da passare i pomeriggi a studiarne le punizioni su YouTube. La sua prima squadra è il Neuperlach, scuola-calcio dell’omonimo quartiere di Monaco: lui non è convinto, la mamma gli consiglia di dormirci sopra, e il giorno dopo decide di buttarsi in questa nuova avventura. Appena il papà si rende conto che ci sono le basi per fare qualcosa di grande decide di portarlo a fare un provino in una squadra che conta qualcosa.
Il Monaco 1860 non ha la stessa fama e lo stesso seguito del Bayern Monaco, ma resta una delle squadre storiche del calcio tedesco pur essendo rimasta per molti anni lontano dal calcio che conta. Nicola Sansone ha otto anni, ma l’occasione è importante. Purtroppo però andrà male: verrà scartato a causa della sua altezza, gli viene detto che è troppo basso. Poco male. Le cose andranno diversamente un paio di anni più tardi quando invece il Bayern Monaco deciderà di arruolarlo. Nel Säbener Straße, il settore giovanile del club che prende il nome dalla via in cui sorge, passerà molti anni fino ad avere l’opportunità di allenarsi con Franck Ribéry, uno dei suoi punti di riferimento. Il primo a scoprirlo è Luca Gotti, c.t. della selezione italiana under-17, che passa le notti insonne a guardare la rappresentativa giovanile del Bayern Monaco, impegnato nella Youth League in Thailandia. Il sorvegliato speciale sarebbe Diego Contento, ma una volta accortosi in rosa di altri due nominativi italiani finisce per scoprire Roberto Soriano e Nicola Sansone, due italo-tedeschi arruolabili per la maglia azzurra. Da lì in poi verrà selezionato in tutte le rappresentative giovanili italiane: nel gennaio 2009 debutta con l’under-18 di Massimo Piscedda e nella sua unica presenza va in rete contro una Danimarca schiacciata per tre a zero. Tanto basta per scalare immediatamente di categoria.
Un paio di mesi più tardi esordirà nell’under-19, sempre con Massimo Piscedda, e seguendo il cammino di Roberto Soriano. Tra i due nasce una vera e propria amicizia perché entrambi preferiscono parlarsi in tedesco piuttosto che in italiano, e questo destino comune li aiuterà a trovare un compagno fedele su cui contare per ritrovare l’Italia. Nicola Sansone è una seconda punta agile e rapida, sa mettersi in evidenza per il suo dribbling fulminante ma si trova altrettanto ad agio a triangolare con i compagni e fornire assist. E grazie alle sue qualità a diciannove anni viene promosso in pianta stabile nella formazione riserve del Bayern Monaco. Nella stagione 2010/11 trova spazio in terza divisione, ma complice una stagione storta che relegherà la squadra all’ultimo posto in classifica (poi trasformatosi in penultimo, per insolvenze finanziarie del Rot Weiss Ahlen) concluderà l’anno con sole due reti all’attivo. Ma nonostante ciò Pietro Leonardi, d.g. del Parma decide di puntare su di lui: il suo contratto va in scadenza e lui gli fa firmare un quadriennale, spedendolo subito a Crotone a farsi le ossa. In Calabria coincide con un altro giovane promettente: Alessandro Florenzi, in prestito dalla Roma. Sarà una buona stagione per entrambi. Sansone giocherà titolare mettendo a segno cinque reti, ma soprattutto nella sua unica presenza in Coppa Italia gonfierà la rete contro il Bologna. Mentre la sua scalata nelle selezioni giovanili continua di buon grado: a febbraio Di Biagio lo convoca nell’under-20 e da aprile entra in pianta stabile nell’under-21 di Ciro Ferrara.
Il 2012/13 è l’anno della sua esplosione. Torna a Parma e si gioca le sue chance in Serie A. I ducali sono allenati da Roberto Donadoni, che come vice si porta quel Luca Gotti che scoprì Sansone qualche anno prima. E nonostante la ferrea concorrenza di un reparto che può puntare su Amauri e Belfodil, il giovane italo-tedesco convince il tecnico quanto basta per mettersi in luce. Si costruisce una fama di ammazza-grandi segnando all’Inter (addirittura una doppietta), alla Juventus, al Milan e al Napoli. E a fine anno Devis Mangia lo convoca per gli Europei under-21 in Israele, ma in nazionale non troverà il modo di mostrare le sue qualità, chiuso da Immobile e Insigne. Gioca uno spezzone di gara contro i padroni di casa, il match con la Norvegia e cinque minuti nella semifinale con l’Olanda, senza lasciare il segno. Nella finale contro la Spagna di Thiago Alcántara, Isco e Morata gli azzurrini affondano e Sansone non può fare altro che stare a guardare dalla panchina. Dicono che la sua freddezza contro le grandi sia frutto dell’apprendistato nel vivaio del Bayern Monaco, ma viene man mano escluso dalle rotazioni di Donadoni, che nel gennaio 2014 lo manda a Sassuolo. I vicini di casa acquisiscono la comproprietà e lo spediscono subito nella mischia: nel girone di ritorno Sansone risponde con cinque reti in dodici gettoni e si conquista il riscatto a fine stagione.
D’altronde lui è una seconda punta in tutto e per tutto e giudicarlo dal bottino delle sue reti sarebbe ingiusto. A Sassuolo si conferma un giocatore di grandi prospettive, ma a tratti discontinuo e non particolarmente prolifico: nella sua prima stagione intera con i neroverdi la butta dentro cinque volte, più altre tre volte nelle due presenze in Coppa Italia.«Quando gioco per divertirmi, gioco meglio. A volte invece la tensione mi blocca, penso troppo». Comunque nello sterile panorama italiano le sue prestazioni convincono Antonio Conte a convocarlo nella nazionale maggiore, dove esordisce il 16 giugno 2015, entrando nel finale dell’amichevole col Portogallo. Nella stagione appena conclusa ha contribuito in maniera determinante alla storica qualificazione del Sassuolo per i preliminari di Europa League, andando in rete in sette occasioni. Memorabile il suo bel gol alla Juventus il 28 ottobre: permetterà al Sassuolo di battere i campioni d’Italia, che dopo quel match si aggiudicheranno ventisei partite delle ventotto giornate di campionato rimanenti. In pratica la squadra di Allegri le vincerà tutte tranne un pareggio col Bologna e un’inutile sconfitta a Scudetto già raggiunto, contro un Verona destinato alla retrocessione.
Il suo stile di gioco è molto fluido, ma la sensazione è che debba ancora affinare molti aspetti di gioco. Il suo dribbling è spesso decisivo, ma molte altre volte poco preciso: in questo ricorda molto Castillejo che sta soffrendo molto al Madrigal. Il suo mancino d’altronde non è puntuale come il destro, e per un attaccante questo può essere spesso un problema. Ma è altrettanto vero che dodici dei suoi venticinque gol in Serie A sono andati a segno contro le grandi. Sembra poco per un giocatore pagato tredici milioni di euro, una somma che raramente si è vista spendere dal Sottomarino giallo. Ma l’infortunio di Roberto Soldado e il suo avvicendamento con Santos Borré gli permetteranno di avere molto più spazio del previsto, e con le tre competizioni Nicola Sansone avrà tempo e modo di dimostrare quello che vale. Soprattutto in una piazza tranquilla come quella di Vila-real, anche se il terremoto causato dall’addio di Marcelino non è il segnale più rassicurante per chi è costretto a cambiare campionato e nazione, e si presenta col difficile compito di convincere la piazza di valere tutti i soldi spesi dalla dirigenza. A venticinque anni, per lui, è arrivata la grande occasione di imporsi nel calcio dei grandi.