Chi è Alexandre Pato, il Papero

In Italia lo conosciamo molto bene: Alexandre Rodrigues da Silva, in arte Pato, è stato il calciatore minorenne più pagato di sempre e fu il Milan a portarlo in Europa per ventidue milioni di euro. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti. È stato uno dei giocatori più chiacchierati del campionato italiano degli ultimi anni: prima per la cifra sborsata dal club rossonero, poi per le sue prestazioni straordinarie, ma soprattutto per il suo rapido declino. Adesso Alexandre Pato è un ventiseienne in cerca di rilancio, per molti un ex-calciatore, ma a Vila-real già altri sono riusciti a ritrovare la miglior forma a dispetto del loro passato: da Diego Forlán a Juan Román Riquelme, da Víctor Ruiz a Denis Suárez. Ma il passato di Pato non è caratterizzato solo da un grande talento, è anche costellato di una lunga serie di record infranti. Non è il classico binomio genio e regolatezza persosi per strada, né il predestinato falciato da un grave infortunio, ma piuttosto un cocktail di questi ingredienti. Un corpo cresciuto troppo in fretta, un sogno infrantosi a un passo dall’essere realizzato, un enfant prodige che ha visto il mondo dall’alto e ora è pronto ad rimettersi in gioco con umiltà.
Il suo soprannome deriva dalla sua città natale, Pato Branco, una cittadina di neanche 80mila anime del Paraná che prende il nome dal vicino fiume Rio do Pato Branco, letteralmente fiume dell’anatra bianca. In Italia è stato ribattezzato dalla stampa il papero traducendo erroneamente dal portoghese. In realtà pato è l’anatra, non il papero, che invece non ha una traduzione letterale, essendo un nome generico che in italiano corrisponde a un’oca giovane, e oca in portoghese si dice ganso. Per inciso, Ganso e Pato hanno giocato assieme al San Paolo, ma di questo parleremo dopo. Alexandre inizia a dare calci alla palla all’età di cinque anni giocando a calcetto, e i problemi di salute – che finiranno per essere la causa della sua caduta – lo affliggono sin dall’infanzia. A soli dieci anni, dopo essersi rotto due volte il braccio sinistro, i dottori si accorgono che il bambino ha un tumore osseo. Si tratta di un tumore benigno, ma rischia l’amputazione se non viene operato a breve termine. La famiglia non può permettersi un’operazione del genere, così l’amico di famiglia il dottor Paulo Roberto Mussi si propone di operarlo gratuitamente e gli salva la vita. Una storia che per alcuni versi ricorda quella di altri campioni sudamericani, dall’insufficienza ormonale di Messi alla paralisi scampata da Kakà.
La sua carriera calcistica s’innesca a dodici anni quando la famiglia lo conduce a Porto Alegre affinché la sua passione per la sfera di cuoio possa trasformarsi in un sogno. Il sogno è quello di vestire la maglia del suo cuore, quella del Grêmio, ma i genitori optano per l’Internacional. L’allora coordinatore del settore giovanile Jorge Macedo lo descrive come un ragazzo «sempre molto freddo» che «si emozionava solo quando parlava al telefono con i genitori o quando loro venivano a trovarlo, allora piangeva». Ma il suo talento è cristallino, il suo futuro sembra scritto, tutti parlano di quel ragazzino inarrestabile. Il più grande giocatore della storia dell’Internacional, Paulo Roberto Falcão, spende solo lodi per il giovane campioncino. «Era già un potenziale campione a sedici anni, al tempo delle giovanili. Si vedeva che era diverso» dirà qualche tempo dopo, prima del suo approdo nel Belpaese «Doveva imparare ancora quasi tutto, ma aveva i colpi. Era già un fenomeno ancor prima di incominciare a giocare». Nel maggio 2006, soli sedici anni, prende parte al campionato brasiliano under-20 mettendo in mostra le sue doti: l’Internacional sbaraglia la concorrenza vincendo in finale quattro a zero contro il Grêmio, lui segna un gol e viene incoronato capocannoniere della competizione con sette reti all’attivo. La sua stella ha iniziato a splendere.
In questo momento i dirigenti del club si rendono conto di avere in casa un predestinato e lo blindano con un triennale che gli quadruplica lo stipendio ma prevede una clausola risolutiva di venti milioni di dollari per le società straniere. Le sue prestazioni nel campionato brasiliano under-20 gli permettono il salto in prima squadra, dove esordisce il 26 novembre 2006 in un match contro il Palmeiras nel Brasileirão: segna una rete, colpisce una traversa e fornisce tre assist ai compagni. Tanto basta per guadagnarsi la convocazione al Mondiale per club che l’Internacional deve giocare di lì a poche settimane. A Tokyo l’Internacional debutta nella semifinale contro l’Al-Ahly e il tecnico brasiliano Abel Braga decide di schierarlo dal primo minuto al posto di Luiz Adriano. Pato va in rete dopo ventitré minuti e batte il record di Pelé come marcatore più giovane di sempre in una competizione Fifa a soli diciassette anni e centodue giorni (O Rey segnò a diciassette anni e duecentotrentanove giorni contro il Galles ai Mondiali del ‘58). In finale non sarà decisivo ma l’Internacional batterà il Barcellona di Rijkaard e diventerà l’unica squadra ad aver vinto tutte le competizioni internazionali a cui una sudamericana può prender parte.
La sua presenza in prima squadra è un’escalation. Nel campionato gaúcho segna cinque gol in nove presenze e l’esordio in Copa Libertadores, contro l’Emelec, è immortalato da un altro gol. L’Internacional chiude un altro semestre indimenticabile vincendo prima la Libertadores e poi la Recopa Sudamericana: e Pato lascerà il segno anche in questa competizione, la rete all’esordio sembra una sua specialità. Falcão ne tesse le lodi dipingendolo come un autentico fuoriclasse: per lui il giovane Alexandre è già pronto per l’Europa. «Ha forza fisica, di testa è bravo, ha personalità. Di destro mette il pallone dove vuole, ha un tiro che fulmina.» racconta l’asso brasiliano «Il sinistro, invece, era una debolezza. Era. Perché negli ultimi mesi ha lavorato molto su questo colpo, sta migliorando e questo è un segnale importante: vuol dire che il ragazzo non si sente arrivato, ha voglia di imparare». Su di lui stanno monitorando molti club europei. Ancelotti lo vorrebbe portare al Milan, Abramovich ha visto qualche filmato e si è innamorato, mentre Mancini ha chiesto informazioni a Cerezo che lo considera già un fenomeno. Intanto Alexandre parte per il Canada, dove si tengono i Mondiali under-20, ma la spedizione verdeoro sarà un fallimento. Nel girone il Brasile si piega sia alla Polonia di Krychowiak che agli Stati Uniti di Jozy Altidore (che un anno più tardi verrà pagato dieci milioni di dollari dal Villarreal, in pratica la più alta somma mai pagata per un giocatore della Major League Soccer). Ma la doppietta di Pato contro la Corea del Sud permette alla nazionale brasiliana di essere ripescata come una delle migliori terze. Il cammino si ferma comunque agli ottavi di finale dove c’è la Spagna di Piqué e Juan Mata (in panchina figurano due giovani del Villarreal: Marquitos e Jonathan Pereira). La partita si prolunga ai supplementari ma a mettere la parola fine al sogno sudamericano è Adrián López.
Al suo rientro Pato ha pronto un biglietto per l’Europa. Il Milan è stata la squadra più veloce a piombare su di lui e lo ha portato in Italia con una cifra spaventosa, ventidue milioni di euro. Ma lui è ancora minorenne, perciò per essere tesserato dovrà aspettare gennaio: nel frattempo si allena a Milanello e si limita a disputare amichevoli. La notizia del suo trasferimento fa comunque il giro del mondo: tutti quei soldi per un diciassettenne non li aveva mai spesi nessuno. Inoltre il club rossonero gli fa firmare un quinquennale a due milioni di euro. Ma la grande attesa per il giovane asso brasiliano verrà ripagata: ancora una volta debutta segnando, stavolta la vittima sacrificale è il Napoli. Dunga, c.t. del Brasile, decide di provarlo nella nazionale maggiore e lo convoca per un’amichevole contro la Svezia. Entra nel secondo tempo, e dopo nemmeno un quarto d’ora in campo, manco a dirlo, corona il suo esordio andando in rete. Probabilmente è qui che il selezionatore verdeoro si deciderà a portarlo a Pechino per i Giochi Olimpici.
Lui chiude la prima (mezza)stagione in Italia andando in rete nove volte in venti presenze: non si può dire che non si sia adattato al cambio di continente. Ma la spedizione in Cina non andrà nel migliore dei modi, confermando il suo pessimo feeling con la rappresentativa nazionale. Dunga lo fa partire titolare, ma nel proseguo della rassegna perderà il posto in favore di uno suo ex-compagno all’Internacional, Rafael Sóbis. Alla fine il Brasile si arrenderà in semifinale all’Argentina di Riquelme, Messi e Agüero, e la fiducia di Dunga verrà irrimediabilmente danneggiata dalle prestazioni altalenanti del giovanissimo Pato. Dopo la Copa América del 2011 il c.t. brasiliano dichiarerà: «Con Pato non esistono mezze misure, o è Ronaldo o non è niente. È giovane, ha grandi colpi, ma deve crescere, deve imparare a andare oltre il suo istinto. Vorrei mandarlo a scuola da Romario, capirebbe che un grande centravanti deve sorprendere i difensori».
Ma al San Siro la sua crescita prosegue a gonfie vele. Il Milan riesce a ingaggiare Ronaldinho (il Barcellona chiese Pato in cambio, ma i rossoneri rifiutarono, preferendo pagare per il fantasista azulgrana) e complici anche gli infortuni di Borriello, Alexandre Pato inizia ad adattarsi al ruolo di prima punta. E anche abbastanza bene, come dimostrano partite come quella al Santiago Bernabéu, espugnato per 2-3 grazie a una sua doppietta, e il bottino di quattordici reti stagionali che lo incoronano capocannoniere rossonero. Anche la sua vita privata sembra andare spedita: lo testimonia il matrimonio con l’attrice di telenovelas Sthefany Brito, di due anni più grande di lui. Ma la stagione 2009/10, quella che avrebbe dovuto consacrarlo definitivamente, sembra l’inizio della fine. I primi guai fisici iniziano a inseguirlo. Dopo due mesi di assenza per un guaio muscolare lo si rivede in campo nella gara con l’Atalanta, lui risponde con una doppietta, ma a fine gara nuovi accertamenti lo costringono a un nuovo stop. Torna in campo il 21 marzo 2010, ma dopo appena tredici minuti è costretto a lasciare il campo. E anche il suo matrimonio va a rotoli: dura appena sette mesi. La stagione successiva è probabilmente l’ultima disputata a grandi livelli. Mette a segno sedici reti, meglio di lui fa solo Ibrahimović, e anche grazie alla sua doppietta contro l’Inter che rispedisce i cugini a quattro distanze, il Milan torna a festeggiare lo scudetto. Pato si assurge a grande protagonista di una splendida stagione e batte un altro record, diventando il più giovane rossonero ad aver toccato quota cinquanta reti con la maglia del Milan, primato che Giuseppe Meazza deteneva da lontano 1929.
L’apice lo raggiunge il 14 settembre 2011 quando gela il Camp Nou con una rete spettacolare. Corre per cinquantadue metri palla al piede in soli cinque secondi e gonfia la rete blaugrana dopo appena ventiquattro secondi dal calcio d’inizio. Nessuno ci aveva messo così poco a segnare al Barcellona al Camp Nou, la sua rete fa il giro del mondo, è ormai considerato uno dei giocatori più forti al mondo. Ma gli infortuni muscolari aumentano, lo tartassano, gioca pochissimo e quasi solo spezzoni di gara. Lo staff medico le prova di tutte, cambia trattamenti, allunga i periodi di riposo, lo spedisce ad Atlanta dal professor Frederick Carrick. A fine anno il tabellino dei gol, dopo Barcellona, è stato ritoccato solo altre tre volte. Mano Menezes lo vuole comunque portare a Londra per i Giochi Olimpici e gli fa giocare tutte le gare, anche se solo una da titolare. Il Brasile si arrende in finale stavolta, nonostante i vari Thiago Silva, Neymar, Oscar e Hulk, sarà il messicano Peralta a decidere la partita decisiva, regalando l’ennesima delusione nazionale a Pato e ai brasiliani. Alexandre Pato è ormai più presente nelle riviste di gossip per la sua storia con Barbara Berlusconi, figlia del presidente, che per le sue prestazioni in campo.
I problemi fisici di Pato sono stato discussi da molti esperti del settore. La teoria più gettonata ha fatto ricadere i capi d’accusa su Milan-Lab, il centro medico fondato dal professor Jean Pierre Meersseman nel 2002 e basato sull’applicazione della chinesiologia. E casi di malasanità se ne possono citare fino alla nausea: dalla schiena di Nesta alla scoperta del distaccamento del muscolo del tendine di Borriello durante un’operazione per una ciste, dai problemi di Ronaldo alla pubalgia di Kakà che riferì «sono migliorato più una settimana in Nazionale che in cinque con il Milan». Il dottor Meersseman dichiarò che il progetto Milan-Lab fu abbandonato nel 2010 per tagliare sui costi: «È ancora applicato nel settore atletico ma non in quello medico, e abbiamo avuto più infortuni negli ultimi due anni che negli otto precedenti» furono le sue parole nel febbraio 2013. Una lucida analisi dei problemi fisici di Pato venne esposta da Giorgio Rondelli, noto preparatore atletico in ambito podistico. Rondelli spiegò i tredici infortuni in due anni in termini di massa muscolare. «Arrivò in Italia che pesava 70-71 chili e aveva 7-8 centimetri in meno» esaminò «Ha messo circa otto chili di massa muscolare dinamica, che si è sviluppata aumentando la forza esplosiva e tutto questo non è stato accompagnato da uno sviluppo dell’elasticità del muscolo stesso». Si sarebbe dovuto lavorare in un’altra direzione: «Tralasciando tutti gli esercizi per lo sviluppo della forza e lavorando molto sulla coordinazione, con ginnastica morbida, vedi il pilates o con il metodo Trx usato dai marines, che prevede di sviluppare insieme forza ed elasticità. Pato ha un gran corredo di fibre bianche, le fibre veloci, che sono quelle che permettono di esprimere altissima intensità, ma allo stesso tempo sono più fragili di quelle lente e le possibilità di infortunio sono superiori».
Appena si apre la finestra di mercato del gennaio 2013 il Milan ufficializza la sua cessione al Corinthians per quindici milioni di euro. Anche stavolta debutta col gol, ma lui non è più lo stesso. Negli ultimi anni ha giocato pochissimo e la sua stabilità psicologica è stata fortemente minata. Nel febbraio 2004 il Timão trova un accordo col San Paolo per un prestito biennale con un contributo sullo stipendio al 50% in cambio del cartellino di Jádson. Nella metropoli paulista le cose vanno meglio. Il suo fisico è più asciutto, gli infortuni spariscono e con l’arrivo di Juan Carlos Osorio, detto el Recreacionista, che lo sposta ala sinistra nel suo 4-2-3-1, anche la sua media realizzativa s’impenna. In particolare nel secondo anni di prestito gonfia la rete ventisei volte in cinquantasette gettoni, andando in doppia cifra in campionato: non accadeva da quattro anni. Persino la sua vita privata torna a sorridergli: la sua storia con la presentatrice televisiva Fiorella Mattheis procede da circa un paio di anni.
Al termine del biennio al San Paolo Alexandre Pato torna a casa-base. Nella finestra di mercato invernale sono molte le squadre europee che vogliono puntare sul brasiliano, che dall’altra parte dell’oceano sembra rinato. Rimbalzano nomi ogni settimana dalla suggestione Barcellona all’ipotesi West Ham, ma alla fine se lo contendono Liverpool e Chelsea, con i blues che ufficializzano il prestito semestrale il 29 gennaio 2016. Ma appena sbarcato a Londra il tecnico Guus Hiddink non lo considera pronto: il campionato brasiliano è fermo da un paio di mesi e Pato non ha la condizione atletica necessaria per affrontare la Premier League. Così decide di sottoporlo a una preparazione specifica di sei settimane con sedute giornaliere di sessioni singole o doppie. Il suo debutto avviene il 2 aprile con l’Aston Villa e lui, indovinate un po’, esordisce segnando un calcio di rigore (solo al San Paolo non è andato in rete al primo gettone).
Adesso il Villarreal ha sfruttato il suo contratto in scadenza a dicembre per strappare il 60% del cartellino che deteneva il Corinthians a soli tre milioni di euro (circa 10,8 milioni di reales brasiliani). Nonostante la trattativa sia stata resa pubblica solo pochi giorni prima, le negoziazioni tra le due società andavano avanti da almeno un paio di settimane, durante le quali Pato ha prima chiesto informazioni al suo ex-compagno di squadra Bonera e poi spinto fortemente per approdare nella Plana Baixa. Qualche giorno dopo la sua ufficializzazione alcuni giornalisti spagnoli hanno parlato di un esborso di 1,7 milioni di euro per il cartellino intero. Plausibilmente questa è la cifra che il Sottomarino giallo ha sborsato per rilevare il restante 40% detenuto dal calciatore e dal suo agente. La sua grande voglia di rimettersi in gioco nel calcio europeo deve aver convinto il calciatore a cedere la sua parte di cartellino a una somma inferiore a quella attesa. Il costo totale è perciò poco meno di cinque milioni di euro. Come al solito il Villarreal non ha lasciato trapelare dettagli circa l’entità del suo stipendio, ma considerando che in Brasile percepiva due milioni e mezzo e che il Villarreal ha attualmente un tetto salariale di due milioni di euro, il suo stipendio non dovrebbe superare questa somma. Intanto il giorno della sua presentazione, a inizi agosto, ha visto una folla di duemila persone acclamarlo: non si vede spesso così tanta gente abbracciare un giocatore da queste parti.