FootLab – La resistenza dei Fiori di Shanghai

Dall’inizio degli anni ’90 a oggi, la Cina è cresciuta esponenzialmente, cambiando radicalmente pelle. Con un tasso del 9% sul PIL la Repubblica Popolare è diventata la seconda economia mondiale sorpassando colossi come Giappone e Germania, andando a creare una nuova sorta di bipolarismo con gli USA.

Lo sviluppo della Cina non è stato lineare, bensì totalmente deregolamentato,  ha quasi spazzato via la cultura e la tradizione del popolo più antico della terra. I primi segni di cedimento sono giunti lo scorso anno, esponendo le prime crepe nel sistema a causa della bolla immobiliare che ha fatto tremare la Cina. Nell’agosto del 2015 le borse sono crollate.

La stessa crescita è rallentata al 6-7%, la Cina ora attraversa la fase della “normalità del gigante” e attende di svoltare con le riforme messe in atto dal nuovo Piano Quinquennale, trasformandosi da “fabbrica del mondo” a centro di innovazione.

Il calcio cinese segue lo stesso sviluppo che ha caratterizzato la società cinese nel corso degli anni ‘2000, con prezzi e riforme che sembrano folli, le quali hanno improvvisamente posto il dragone al centro dell’economia calcistica, tanto che ora si può parlare di un industria sportiva sinocentrica. La Cina deve però fare i conti con il poco amore che il pubblico riserva al pallone. Il paradosso è che si guardano tantissime partite per televisione, ma non si gioca, ne si riesce a trovare una forte identificazione con un club.

UN CALCIO MUTEVOLE

Dalian Shide, una dinastia che non esiste più

Oltre 500 milioni di euro spesi nel 2016 per il calciomercato, un espansione senza freni verso il calcio Europeo, il totale controllo dei diritti televisivi e l’ambizione di ospitare e poi vincere un mondiale nel 2050. Solo cinque anni fa, prima dell’avvento del Guangzhou Evergrande, il calcio cinese era ad un punto morto, trafitto dagli innumerevoli scandali di combine e scommesse che avevano allontanato il pubblico dagli stadi.
Solo con gli ingenti investimenti della squadra del Canton e l’interesse del presidente Xi Jinping, di fare del calcio un elemento di politica soft power, la palla è tornata a rotolare.

Prima della grande dinastia Evergrande, il calcio cinese era dominato dal Dalian Shide, con Shanghai Shenhua e Beijing Guoan che tentarono di opporsi a un netto dominio fatto di otto scudetti… e un fallimento. Alla fine della stagione 2012, lo Shide, oramai in declino e con un debito da oltre trenta milioni di dollari, concluse il campionato al quattordicesimo posto. Di li a poco una dinastia sarebbe crollata, o per meglio dire, inglobata. La seconda squadra della città, il Dalian Aerbin, proprietà di un ricco fondo immobiliare e nato solo nel 2009, acquistò il debito dei rivali cittadini, unendo così i due club. Ai tifosi dello storico Shide non è rimasto nulla, se non accettare nuovi stemmi e colori (che il Dalian Aerbin ha ulteriormente mutato, dato che nel 2015, il club è stato ceduto all’Yifang Group).

Quelo del Dalian Shide non è un caso isolato. Nel corso della storia del calcio professionistico cinese sono molteplici le squadre che hanno mutato pelle a seguito di una transazione societaria. Tante altre hanno cambiato addirittura città, o provincia. Nel dicembre 2015 infati, il presidente del Renhe Group, a seguito di una retrocessione, ha deciso di spostare il proprio club da Guizhou (regione sud occidentale), a Pechino (nord), cambiando naturalmente nome in Beijing Renhe. Non è questo l’unico spostamento a cui è stato soggetto il club, precedentemente infatti si trovava a Xi’an (Cina centrale), e ancora prima a Shanghai, con il nome di Shanghai International.

Proprio la grande capitale economica dell’Asia, soggetta a un mutamento e una crescita accellerata, che ha quasi cancellato la vecchia Shanghai, è stata soggetto di un grande gesto di resistenza da parte dei tifosi.

IL CAPITALE DELLA CINA

Pudong

Il nome Shanghai significa ‘Città sul Mare’, e si trova sul Delta del Fiume Azzurro e nel punto dove incontra il Pacifico. Fino al 1842 Shanghai era un insignificante villaggio di pescatori. Dopo la Prima Guerra dell’Oppio, i Britannici nominarono Shanghai porto di scambio, aprendo la città ad investimenti stranieri e allo sviluppo.

Il simbolo dell’evoluzione di Shanghai è il quartiere economico di Pudong: una zona economica speciale creata nell’aprile del 1990. Quest’area era un ampio territorio coltivabile in cui la gente del posto coltivava frutta e verdura, tuttavia, oggi è stato trasformato nell’area economica internazionale con lo sviluppo più veloce di tutta la Cina, caratterizzato da imponenti grattacieli ed imprese internazionali all’avanguardia. 

Oltre al mattone, l’altro grande elemento che ha decretato l’enorme sviluppo di Shanghai è il suo porto, il più attivo del continente asiatico per volumi di scambi. Mare e Mattone sono anche i due grandi proprietari delle due squadre di Shanghai che attualmente militano nella Chinese Super League, da una parte le Metal Eagles del SIPG (Shanghai International Port Group), contrapposte agli storici Blue Devils dello Shanghai Shenhua, propriatà del fondo immobiliare Greenland Group.

SHENHUA-TheT9 Limited

Il nome completo della squadra è Shanghai Geenland Shenhua FC, dove Shenhua sta per “I fiori di Shanghai”, ed è anche il nome della prima storica proprietà del club.

Lo Shenhua Group è una società statale, fondata nel 1995 dal Consiglio di Stato, attiva nell’estrazione mineraria e dell’energia, è tutt’ora leader mondiale nella produzione di carbone, risorsa primaria per il sostentamento della Cina, che ne fa un uso preponderante. E’ proprio a causa di questa politica energetica che le metropoli cinesi sono ricoperte da un manto di polveri sottili. Non a caso lo Shenhua Group è stato spesso accusato di inquinamento delle acque, in particolar modo sul versante della Mongolia interna.

La partnership con il club si protrae fino al 2001, quando subentra la Shanghai Media&Enterteinment Group, con la quale i Blue Devils si riportano sul tetto di Cina dopo l’ultimo titolo conquistato nel 1995 e ben cinque secondi posti. Il titolo sarà successivamente revocato a seguito dell’indagine Black Whistle List. Il marcio relativo a quell’annata emerse solo nel 2011, le indagini portarono all’arresto dell’arbitro Lu Jun, del direttore sportivo del Shanghai Shenhua, Lou Shyfang, e di Zhang Jianqiang,  designatore arbitrale all’interno della CFA. Quest’ultimo avrebbe espressamente chiesto Lu Jun di aiutare lo Shenhua a vincere il derby contro l’International, sotto pagamento. Il match finì 4-1 come prospettato. Zhang confessò che lo Shenhua lo pagò 350.000 yuan, stessa cifra ricevuta da Lu Jun.

Prima che emergesse gli scandali del calcio cinese, Zhu Jun proprietario della casa di giochi The9 Limited, presidente dello Shanghai United, unì la propria squadra allo Shenhua, e si prodigò in un un ambizioso calciomercato, con gli ingaggi ricchissimi di Didier Drogba e Nicolas Anelka, nel 2012, i quali percepivano 15 milioni di euro a testa, allo scopo di ottenere la maggioranza della società. La ShanghaiMedia nonostante gli investimenti di Zhu, non permise alla The9 di ottenere il 70% delle quote societarie, e questo creò una netta spaccatura e crisi economica all’interno del club. I dissapori culminarono nel 2013, con gli stranieri Patricio Toranzo, Rolando Schiavi e Giovanni Moreno che si rifiutarono di scendere in campo contro il Liaoning, per il mancato pagamento degli stipendi.

ANTI GREENLAND-FOREVER SHENHUA

anti greenland

Nel 2014 i Blue Devils vengono acquistati dalla Greenland Holding Group Company Limited, società privata fondata nel 1992 a Shanghai, attiva nel settore immobiliare, con l’edificazione di appartamenti o strutture ecosostenibili. Il gruppo Greenland appartiene al governo locale del municipio di Shanghai per il 51%, mentre la restante percentuale è di proprietà del Zhang Yuliang.

Una delle prime mosse, di Zhang, fu quella di levare il nome Shenhua dal logo e di rinominare il club con il nome Shanghai Greenland FC, ma questo fatto non fu accettato dai tifosi, che crearono il movimento Anti-Greenland, per la conservazione della propria tradizione, manifestando con cori e striscioni il proprio dissapore durante il derby del 2014 contro lo Shenxin.

La lotta fra la nuova proprietà e i tifosi si è risolta con una via di mezzo. Entrambi i nomi sono attualmente presenti nel logo, nonostante tutto, quando ci riferiamo ai Blue Devils, lo facciamo chiamandoli Shanghai Shenhua, e assolutamente non Shanghai Greenland.

shanghai shenhua logo 2016

La lotta portata avanti dai tifosi dei Blue Devils, è stato un primo cenno di resistenza per stabilire una cultura calcistica ben radicata nel territorio e legata a certi valori. Istituire Greenland sul logo, affiancata dai piccoli disegni di due case, non è stata una mossa geniale da parte del proprietario, in quanto i tifosi, nonostante quello cinese sia un calcio nuovo, stanno cercando di crearsi una propria identità attraverso lo sport, e quella dello Shenhua, come testimonia il video sottostante, è una delle più attive nella realtà della Chinese Super League.

Lo stesso governo si sta muovendo nella stessa direzione dei tifosi: nella riforma pluriennale del calcio, oltre ai vari obiettivi relatvi alla vittoria della coppa del mondo e lo sviluppo giovanile, ve ne sono altri molto importanti, fra cui il distacco graduale dal brand o sponsor name, e impedire che i club cambino sede… o perlomeno regolamentare tali manovre.

 

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Sono nato a Urbino il 2 maggio 1991. Nel luglio 2015 ho conseguito la laurea in Chimica e tecnologie farmaceutiche. Mi occupo di giornalismo sportivo con un'attenzione particolare al lato economico e allo sviluppo del calcio in Cina, che approfondisco nel mio Blog Calcio Cina. Nel febbraio 2016 ho pubblicato il mio primo libro: IL SOGNO CINESE, STORIA ED ECONOMIA DEL CALCIO IN CINA, il primo volume, perlomeno in Europa a trattare questo argomento. Scrivo anche di saggistica (sovversiva) per kultural.eu