Nel corso di questa edizione dell’europeo, grazie anche alla formula allargata e al ripescaggio delle migliori terze, c’è stato parecchio spazio per le sorprese. Una di queste è stato senza dubbio il Galles, che alla prima partecipazione è riuscito ad arrivare sino alle semifinali, sfiorando addirittura il sogno di giocarsi il trofeo in quel di Saint-Denis. Un risultato dovuto non solo alla classe e al talento di alcuni suoi interpreti come Bale, Ramsey o Allen, ma anche all’impronta tattica data dal “coach” (per dirla alla britannica) Chris Coleman, che con il suo arcigno 3-5-2 ha portato i gallesi sino al penultimo atto della competizione. Il suo successo è anche un ulteriore indizio dell’annata calcistica che stiamo vivendo, dove la semplicità sta tornando di moda e sta nuovamente spodestando modelli più sofisticati come il tiki-taka di Guardiola (Spagna esempio lampante del fallimento di questa corrente di pensiero in questi europei). Insomma è stato un europeo dove l’impegno, la corsa, il cuore e la voglia di vincere hanno avuto la meglio sul talento e sulla classe (Portogallo docet).
La selezione gallese è stata una delle tre formazioni che ha deciso di affrontare questo europeo con il modulo “contiano” del 3-5-2; le altre due squadre sono state la nostra Italia (ovviamente) e l’Irlanda del Nord, che sì hanno utilizzato lo stesso schema di gioco ma con una filosofia diversa rispetto a quella di Coleman. Infatti a seconda della situazione di gioco lo schieramento dei gallesi è variato tra il 3-4-2-1, il 3-5-2 naturale e il 5-3-2 ultra difensivo. Insomma uno stile di gioco molto flessibile, che opponeva una fase difensiva arcigna, precisa e impeccabile, ad una offensiva dove veniva lasciata completamente carta bianca al genio del trio Bale-Ramsey-Allen e alla vena offensiva di Vokes o Robson-Kanu (eccellenti gregari lì davanti).
FASE DIFENSIVA: LINEA A 5, LA DIGA LEDLEY-ALLEN E IL SACRIFICO DI RAMSEY
Uno dei pilastri della selezione gallese è stata senza dubbio la fase difensiva, infatti la squadra di Coleman ha ancora una volta dimostrato quanto nel calcio sia importante prima non subire gol per poi vincere le partite. Come detto precedentemente, il modulo della squadra gallese è da considerarsi particolarmente flessibile, infatti a seconda della situazione di gioco in atto muta come un camaleonte. In fase di non possesso del pallone, l’input è quello di formare immediatamente una linea a 5, con i due esterni dell’iniziale 3-5-2 che si abbassano sulla linea dei difensori e chiudono le maglie. Ma questa mossa è tutto fuorché difesa passiva della propria metàcampo: infatti i due esterni certo si abbassano ma lo fanno mantenendo un atteggiamento particolarmente aggressivo, non a caso appena il pallone arriva nella fascia di competenza si parte immediatamente per andare a tamponare il diretto avversario. A comandare saggiamente il tutto sul rettangolo di gioco è il capitano Ashley Williams, perno centrale del sistema difensivo nonché suo ultimo baluardo (non a caso quando è lui ad andare fuori tempo, la difesa va nel pallone).
Mentalità aggressiva che è dettata dall’atteggiamento dell’intera squadra nella fase di non possesso, infatti Coleman ha studiato nel dettaglio come limitare la possibilità di ripartenza degli avversari e come rendergli immediatamente difficile la vita nell’impostazione dell’azione. Un primo spunto lo si può prendere dall’istantanea sovrastante (presa dal match inaugurale contro la Slovacchia), dove si nota la difficoltà del portiere slovacco nel giocare la palla nelle vicinanze per la presenza di Ramsey, Bale e Williams nei pressi dell’area di rigore. Una mossa studiata a tavolino e che ha dato i suoi frutti, visto che per la maggior parte del match gli avversari non sono mai riusciti a costruire una azione offensiva dalla propria trequarti e palla a terra. Dettaglio non da poco, infatti questa soluzione ha costretto più volte sia Kozacik che Skrtel a lanciare il pallone lungo per evitare la pressione dei centravanti avversari. Risultato? gioco facile per l’intera difesa Galles, che dal punto di vista aereo con il trio Davies-Williams-Chester ha arginato tranquillamente la futile concorrenza di Duris, senza mai soffrire troppo. Per chiudere, questo pressing alto ha anche tolto ossigeno prezioso alla manovra slovacca perché, a turno, gli uomini di maggiore qualità come Hamsik, Weiss o Kucka (sempre ben tamponati da Allen o Edwards) si sono dovuti staccare, indietreggiando di parecchi metri, per andare a toccare il pallone e rendendo sempre più lacunoso e poco movimentato il giro-palla della propria squadra.
Pressione alta che viene supportata e ben sostenuta dal lavoro dei due instancabili mediani Ledley e Allen, che nel corso di questo europeo hanno dimostrato non solo di avere quattro polmoni a testa ma anche di essere particolarmente bravi nella lettura del gioco. Infatti in un sistema del genere, saper leggere il gioco e lavorare di posizione sono i requisiti fondamentali per non essere logorati e non diventare il tallone d’achille della propria squadra cammin facendo. In questa immagine (ripresa dalla straripante vittoria contro la Russia) si può chiaramente vedere come il duo di centrocampo tenga molto alto il baricentro della squadra gallese, garantendo non solo supporto ai tre centravanti in fase di pressione ma accorciando la squadra e rendendo difficile il gioco tra le linee agli avversari. In questo caso, successivamente ad una palla persa dall’attacco gallese, Allen e Ledley non temporeggiano aspettando la mossa dell’avversario nella propria trequarti, ma con grande applicazione aggrediscono immediatamente il portatore di palla: infatti Allen esce subito a disturbare l’azione, mentre Ledley rimane a protezione della propria difesa. Mossa che costringe il portatore di palla a giocare la sfera orizzontalmente e ad escludere subito l’opzione di provare la giocata in profondità alla ricerca di Dzyuba (sempre marcato a uomo da capitan Williams).
Ma alla base di tutto c’è anche uno spirito di sacrificio enorme, infatti tutti e undici i componenti del sistema gallese hanno dimostrato quanto sia importante l’unione in uno sport come il calcio. Tutti, nessuno escluso. Input che è partito dai “top player” di questa squadra, ovvero Ramsey e Bale, che nel corso di questo europeo hanno trascinato un’intera nazione alle semifinali non solo segnando ma anche sacrificandosi egregiamente in fase difensiva. Tra i due, quello che ha sempre occupato una posizione più arretrata è stato Aaron Ramsey (soprattutto per esigenze tattiche). In fase di non possesso il compito del fantasista dell’Arsenal era quello di supportare l’instancabile duo Allen-Ledley andando a prendere in consegna eventuali incursori e garantendo una maggiore copertura degli spazi, che per gli avversari era sinonimo di giocata orizzontale. Compito estenuante dal punto di vista fisico e senza limiti di “yard”, infatti non è stato strano vedere Ramsey accorciare sino alla propria area di rigore per aiutare i suoi compagni (vedi immagine sopra). Anche Bale ha dovuto sacrificarsi parecchio in fase difensiva, ma non con la stessa costanza di Ramsey: infatti il talento del Real Madrid, sempre per ragioni prettamente tattiche, il più delle volte è stato lasciato più avanzato insieme alla punta per favorire l’uscita della sua squadra in ripartenza.
FASE OFFENSIVA PT.1- “CONTROPIEDE FULMINANTE”: REGIA DI ALLEN, INTERPRETI BALE E RAMSEY
Dal punto di vista offensivo la squadra gallese ha puntato molto sulle ripartenze fulminanti, la maggior parte delle quali propiziate dai palloni recuperati da Allen o Ledley in fase di pressione. Un chiaro esempio di ciò lo si può trarre dall’immagine qui sopra, presa dal match stravinto contro la Russia. In particolare in questo caso da sottolineare l’importanza della figura di Joe Allen nella fase di impostazione, che dimostra un’ottima visione di gioco e premia con un passaggio al bacio l’inserimento di Ramsey dalle retrovie. Ma questa è anche la linea guida di ogni contropiede della squadra di Coleman. Infatti da notare come Vokes fa sempre da specchietto per le allodole, attirando su di sé l’attenzione dei due centrali difensivi e aprendo dei grossi varchi per gli inserimenti di Ramsey (nell’occasione mal seguito dal diretto avversario) e Bale (il quale è completamente libero sulla sinistra, grazie anche all’errata posizione in campo di tutto il reparto difensivo russo). Nel corso del torneo, però, le parti si sono anche invertite, visto che in alcuni casi il ruolo di regia è stato occupato da Ramsey, mentre quello di incursore e finalizzatore è toccato a Bale, che il più delle volte si è esibito in un uno contro tutti facendo affidamento alla sua velocità e alla sua tecnica.
FASE OFFENSIVA PT.2 – L’IMPORTANZA DEGLI ESTERNI, CORSA E CONCRETEZZA
Ma limitare il gioco offensivo dei gallesi solo alle ripartenze è totalmente errato, infatti nel corso di questo europeo la selezione di Coleman ha dimostrato di non giocare “alla viva il parroco” (per dirla in termini spicci) ma ha sempre cercato di dare un senso compiuto alle proprie azioni. Una caratteristica che ha colpito positivamente tutti gli addetti ai lavori è stata la tendenza a non buttare mai via la “bola” (salvo in casi di estrema difficoltà), cercando sempre di costruire qualcosa palla a terra seguendo le intuizioni di Joe Allen e premiando le sovrapposizioni degli instancabili esterni. Infatti nel gioco gallese sia Gunter che Taylor hanno dimostrato di saper ricoprire ottimamente tutte e due le fasi di gioco (anche loro in possesso di quattro polmoni come i colleghi della mediana). Nell’immagine sovrastante (ripresa dal quarto di finale contro il Belgio) si può chiaramente vedere l’apporto dato dai due esterni durante la fase offensiva, dove entrambi si propongono immediatamente come soluzioni giocabili. In questo caso per Bale (portatore di palla) ci sono due soluzioni: servire Taylor in profondità e premiare la sua sovrapposizione, o addirittura poter anche cambiare lato (passando eventualmente da Allen) per aprire il gioco, allargare le maglie della difesa avversaria e punire l’errore di lettura di Lukaku, che nell’occasione si schiaccia su Robson-Kanu aprendo il fianco all’inserimento di Gunter.
Altro esempio di supporto offensivo dato dagli esterni lo si può prendere dal match contro la Russia, dove Taylor è andato in gol grazie ad una delle sue puntuali discese lungo la fascia. Qui l’esterno del Galles coglie immediatamente la palla al balzo, visto anche il posizionamento non proprio ottimale della difesa russa, attacca subito lo spazio e si ritrova a tu per tu con Akinfeev; da segnalare anche l’ottima lettura di gioco di Bale, che attira su di sè le attenzioni della difesa avversaria e poi serve il compagno di squadra con una bella intuizione. Nell’occasione, in alto, si può notare anche la consueta sovrapposizione del “gemello” Gunter, il quale approfitta dello schiacciamento della difesa su Bale e si sovrappone per creare ulteriori soluzioni di gioco.
Infine l’ultimo fermo-immagine di questa analisi non può che essere riservato a Gunter, altro macinatore di kilometri in fascia che ha messo a ferro e fuoco diverse difese in questo europeo. In questo caso prendiamo come simbolo della sua campagna europea la cavalcata che ha portato al terzo gol nel match contro il Belgio. Qui l’esterno di proprietà del Reading approfitta dello sbilanciamento della squadra avversaria (ormai tutta in avanti per cercare la rete del pareggio) e trova terreno fertile sul lato di Denayer (lo stesso mandato al bar pochi attimi prima da Robson-Kanu), il quale non riesce a contenerlo e gli permette di scodellare in mezzo il pallone per il tris gallese, firmato dal neo-entrato Vokes. Anche qui decisiva la spinta di Gunter, che approfittando di un sistema difensivo avversario non rodato (partita rivedibile con la difesa a 4, figuriamoci a 3 senza alcuno schermo a protezione) incendia la fascia di propria competenza e consegna al centravanti gallese di turno la palla del game-set-match (per dirla in gergo tennistico).
Semplicità, cuore e dedizione (con un pizzico di talento che non guasta mai). Questi sono stati gli ingredienti della grande ricetta di Chris Coleman, che ha costruito una delle storie più belle dell’europeo francese. Nonostante ciò nel calcio (come nella vita) non si smette mai di imparare e si può sempre migliorare, perciò appuntamento ai Mondiali 2018 dove il coach gallese cercherà di lasciare la panchina della nazionale con la ciliegina sulla torta.