Chi é Denis Chéryshev

Dopo un anno di tira e molla alla fine il Villarreal è riuscito a riportare Denis Chéryshev nella Plana Baixa. Approdò due estati fa in prestito dal Real Madrid, ma lo conoscevano in pochi. Nel pre-campionato scavalcò Aquino nelle preferenze di Marcelino, segnò al debutto sul campo del Levante e pochi mesi dopo prese il posto di Cani sulla fascia sinistra, ovvero il miglior calciatore amarillo della stagione precedente. A fine anno il Real Madrid lo volle indietro: nel suo contratto non v’erano diritti di riscatto e nonostante l’intenzione del giocatore di restare, non ci fu modo di convincere le merengues, che per la sua cessione – dopo una stagione a livelli altissimi – chiese non meno di venti milioni di euro. L’addio fu doloroso, e Fernando Roig Negueroles avrebbe trascorso l’intera finestra di mercato estiva, e quella invernale, cercando di convincere Florentino Pérez senza successo. Il suo ritorno definitivo è una delle più belle notizie che la tifoseria grogueta potesse ricevere. Pochi giocatori nella storia del Villarreal sono riusciti a farsi amare in così poco tempo. Ma facciamo un passo indietro.

Denis Chéryshev non è uno dei tanti stranieri portati in Spagna a tenera età per via del loro talento acerbo. Nell’estate del ’96 il padre Dmitri, attaccante russo, viene acquistato dallo Sporting Gijón, dove giocherà cinque stagioni, di cui due in Primera División, portando con sé la famiglia. Il figlioletto Denis (stesso nome del nonno, anch’egli calciatore) segue perciò le orme del padre percorrendo l’intera carriera scolastica nella penisola iberica. Ogni giorno dopo la scuola la madre gli dedica un’ora e mezza per perfezionare il russo, la sua lingua madre. Il padre invece resterà un attaccante mediocre: il suo gol più celebre fu quello al Benito Villamarín sul finale della sua prima stagione in Spagna. Il Betis, già salvo e con l’Europa in tasca tramite coppa nazionale, ospita lo Sporting ancora invischiato nella lotta salvezza, con i rivali del Siviglia annaspano in piena zona retrocessione. «Quando entrammo in campo per il riscaldamento mi sorprese che il pubblico ci accolse calorosamente, mi parve che stessimo al Molinón» disse Dmitri Chéryshev, sottolineando l’ambiente di quella gara. Sarà una sua rete a dare i tre punti allo Sporting, che si salverà la giornata seguente, mentre il Siviglia finì per retrocedere. L’anno successivo segnò un gol Camp Nou, ricorrenza ricordata diciassette anni dopo quando Denis gonfiò la rete sul campo del Barcellona con la maglia del Villarreal nello stesso giorno: il 1° febbraio. Ma in entrambi i casi i Chéryshev sono usciti dal Camp Nou a mani vuote.

Fonte foto: Eurosport
Fonte foto: Eurosport

Così il piccolo Denis si avvicina al mondo del calcio, calciando i primi palloni nella scuola calcio di Mareo, nella cantera dello Sporting. Poi nel 2001 papà Dmitri si trasferisce al Burgos, neo-promosso in Segunda, e Denis si iscrive al Burgos Promesas, una società nata solo un anno prima e oggi arrivata fino in Tercera División. «Si vedeva che stava crescendo molto bene, aveva la stoffa del calciatore. Colpiva bene con entrambi i piedi ed era molto rapido, tecnico e furbo» affermò José Luis Fernández Manzanedo, il suo allenatore dell’epoca e attuale presidente del Burgos Promesas, in un’intervista del settembre 2012. A soli dieci anni s’impose in una squadra completamente nuova con personalità: si alternava tra la squadra Infantil, la sua categoria, e quella più grande dell’Alevín A, ma nel mese di novembre aveva già raggiunto quota sedici reti con l’Alevín e a fine anno centrò la promozione con entrambe le formazioni. A fine anno nuovi cambiamenti sono in vista in casa Chéryshev. Dmitri chiude la carriera da calciatore nel Real Aranjuez, una cinquantina di chilometri da Madrid, mentre Denis viene adocchiato dagli osservatori del Real, che lo portano ne “La Fábrica”, la cantera blanca.

L’avventura nel settore giovanile del Real Madrid è un’altalena di alti e bassi. Il momento cruciale è l’anno nella categoria Cadete, quando Denis ha quindici anni, dove trova ancora meno spazio che negli anni passati, anche per via della sua statura, essendo il più basso di tutti. «Giocavo poco e non riuscivo a pensare ad altro» raccontò lui stesso anni dopo «Ero molto basso, crebbi tutto insieme molto tardi. Iniziai pensare di non essere così bravo come avevo pensato, e quando non venivo convocato restavo a casa e mi mettevo a piangere. Allora andavo in un parco ad allenarmi con mio padre: mi diceva di stare tranquillo, che serviva tempo. E aveva ragione». Intanto il padre aveva appeso gli scarpini al chiodo e iniziò a dedicare più tempo a suo figlio, finché nel 2006 iniziò a far parte del settore giovanile del Real Madrid, allenando le categorie inferiori. Ma la carriera di Denis sta per prendere il volo. Le domeniche ad allenarsi al parco danno i frutti sperati, il ragazzo cresce in fretta fino ai 179 centimetri attuali, e trova spazio nelle selezioni giovanili russe, dall’under-15 fino all’under-21, nella quale contribuisce a portare la Russia alla fase finale in Israele. Lì molti suoi compagni di squadra del Real Madrid Castilla, la seconda squadra delle merengues, alzeranno la coppa, ma intanto a livello di club si ritaglia anche lui i suoi spazi.

Nel 2010/11 il Castilla si arrende ai play-off promozione, ma lui trova modo di giocare molti spezzoni mettendo a segno tre reti e otto assist. Ma l’anno successivo la rosa è matura per il grande salto. Giocatori del calibro di Carvajal, Nacho, Jesé e Morata asfaltano chiunque si metta sul loro cammino: primo posto in campionato e otto gol fatti (uno solo subito) nella doppia sfida spareggio col Cadice. Chéryshev non è ancora titolare ma è quasi sempre il primo cambio, e nella doppia sfida col Mirandés, valevole solo per assegnare il titolo della categoria, gioca titolare. Il Real Madrid B rifila un doppio tre a zero e vola in Segunda A, mentre l’esterno russo si guadagna il primo gettone con la prima squadra in un’amichevole estiva con l’Oviedo.

L’anno seguente in Segunda riesce a mettersi in mostra conquistandosi un posto da titolare. Debutta nel corso della prima giornata al Madrigal contro il Villarreal neo-retrocesso (nel cui undici di partenza figurano Musacchio e Trigueros) che si impone con una doppietta di Cavenaghi. Ma nella partita successiva arriva anche la sua prima rete nel “miniclásico” contro il Barcellona B di Sergi Roberto, Rafinha e Deulofeu (ah, e Javi Espinosa, oggi stipendiato dal Villarreal), contribuendo alla vittoria del Castilla per 3-2. La stagione si chiuderà con un ottimo ottavo posto e Denis sarà finalmente pronto per il calcio professionistico, anche perché si guadagna la chiamata di Fabio Capello, c.t. della Russia. Ma prima di proseguire è doveroso citare il secondo confronto col Villarreal.

Real Madrid Denis Cheryshev

Al termine del girone d’andata il Villarreal esonera Julio Velázquez e mette sotto contratto Marcelino per risollevare la squadra. Il Sottomarino giallo è ospite del Castilla, ma invece della scossa arriva la mazzata, la peggior sconfitta della sua carriera. Finisce cinque a zero e va a segno tutto il tridente esplosivo delle merengues: Chérsyev, Jesé e Morata, che a fine stagione sfonderanno quota cinquanta reti. Il Submarino amarillo viene spedito a diciotto punti dall’Elche capolista, a quattro dalla zona play-off e con la zona retrocessione ad appena undici distanze. Da lì inizierà la risalita di Marcelino, ma nella sera del suo debutto si innamora di quel giovane russo che chiederà alla società un paio di anni più tardi.

A fine anno il padre Dmitri, membro dello staff di Unai Emery, lo porta al Siviglia, ma sarà un’annata sfortunata. Una lunga serie di infortuni muscolari gli permettono di raccogliere appena quattro presenze e le sue quotazioni sono in ribasso. Proprio nell’estate del 2014 Marcelino chiede i suoi servigi per alimentare la concorrenza sulle bande laterali, e il Real Madrid non ci pensa su a ricederlo in prestito. Il Villarreal non crede che il russo possa diventare un elemento indispensabile e perciò non chiede diritti di riscatti. Ma Chérsyhev esplode definitivamente. Mette a segno sette reti, tra cui quella al Camp Nou, ma soprattutto colleziona dodici assist (dieci in Liga), la maggior parte dei quali per Vietto, che nel corso di un’intervista afferma che vorrebbe far costruire una statua in suo onore nel giardino di casa sua. Diventa il giocatore più incisivo della rosa, anche se l’inesperienza lo porta a sparire in alcuni momenti della stagione, ma a fine anno il Real Madrid non è disposto a lasciarlo ancora al Madrigal, chiedendo cifre spropositate. Rafael Benítez lo conferma e nonostante un’estenuante assalto di Fernando Roig Negueroles il giocatore resta a Valdebebas.

La stagione sarà disastrosa. Gioca poco e niente (due spezzoni in campionato e uno in coppa), e quando accade succede anche di peggio. Nel match di sedicesimi di finale di Copa del Rey contro il Cadice viene schierato nonostante fosse squalificato. Nessuno se ne accorge fino alla fine del primo tempo, quando Benítez si sbriga a toglierlo dal campo (nonostante il gol realizzato), ma è troppo tardi. Il Real Madrid viene escluso dalla competizione e si accende un’accesa sequela di polemiche che porterà all’incriminazione mediatica del team manager Miguel Porlán Noguera, detto “Chendo. Il giocatore viene utilizzato come capro espiatorio di una vicenda gestita malissimo, e a gennaio si cerca una sistemazione. Il Villarreal torna a testa bassa per riportarlo nella Plana Baixa, ma il rancore per il caso in Copa del Rey è ancora molto, e nella rabbia del momento il club castellonense viene accusato di non aver comunicato al Real Madrid la squalifica del giocatore. Così il centrocampista finisce in prestito secco ai rivali del Valencia. L’avventura inizia bene, ma poi l’ennesimo infortunio lo costringe a terminare anzitempo la stagione, dovendo rinunciare anche agli Europei in Francia.

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Adesso Fernando Roig Negueroles è finalmente riuscito a riportarlo al Madrigal, dove ha fatto vedere il miglior calcio della sua breve carriera. La Champions League alzata deve aver fatto tornare la lucidità a Florentino Pérez che ha deciso di privarsi di un giocatore che comunque al Santiago Bernabéu non avrebbe mai trovato posto. L’esterno russo potrà finalmente esprimersi al meglio delle sue capacità sotto l’egida di Marcelino, anche se non sarà disponibile fino a settembre a causa della tendinite cronica che lo ha costretto a passare per la sala operatoria. Chissà che con lui in campo il Submarino amarillo non torni a giocare quel gioco spumeggiante visto fino a un paio di anni fa. Nello scacchiere di Marcelino prenderà il posto di Denis Suárez, ma le sue caratteristiche sono alquanto diverse. Nasce come contropiedista puro, ama ricevere il pallone in corsa, puntare l’uomo e cercare la verticalità. Ala molto dinamica, sa inserirsi e sfornare assist dalla fascia, ma rispetto al fantasista galiziano potrò dare meno in quanto ad apporto tecnico: non è ha i piedi delicati di Denis Suárez né la sua visione di gioco, e non è particolarmente preciso nel tiro dalla distanza. Ma la sua esplosività e la sua corsa possono essere terrificanti negli spazi aperti, come ha già fatto vedere. Del Real Madrid, comunque, porta con sé bellissimi anni nel settore giovanile e soprattutto i parastinchi. Sì, perché quelli delle merengues, a suo dire, sono i migliori in assoluto e li utilizza fin dagli anni della Segunda B. Ora è arrivato il momento di consacrarsi, e nel Villarreal troverà tutte le condizioni adatte per sfondare definitivamente.