Germania-Ucraina 2-0: Mustafi-Schweinsteiger, primi 3 punti a suon di Tiki-taken

Appagati? Seduti sugli allori? Gruppo da ringiovanire? Macché, i tedeschi fanno il loro esordio all’europeo francese mettendo subito i puntini sulle “i”: se c’è una squadra favorita sono loro. Nonostante i lavori in corso nel reparto difensivo, la Germania dalla cintola in su è la squadra più solida tra quelle finora scese in campo nella rassegna continentale. Un centrocampo fatto di gamba, qualità e geometrie. Senza un vero punto di riferimento davanti, come ormai da copione, l’undici di Löw si caratterizza per solidità, intercambiabilità dei ruoli ed imprevedibilità. Marchi stretto Özil? Si libera Götze. Tieni d’occhio Müller? Ti punisce Draxler. E poi Khedira, Kroos e la palla non la vedi mai.

E’ un incubo quello in cui si viene a trovare la malcapitata Ucraina stasera a Lille. I primi 20 minuti la Germania li passa esclusivamente nella metà campo avversaria, con la squadra di Fomenko incapace di riconquistare il possesso e di rialzare un baricentro talmente basso da ritrovarsi tutti affannosamente davanti all’estremo difensore Pyatov. Alla fine il gol tedesco arriva, ma a sorpresa grazie ad un difensore, Mustafi, di testa sul cross da calcio piazzato di Kroos. L’Ucraina si scuote solo verso la mezz’ora e ravviva il match giocando un’ultima parte di tempo fenomenale. Finalmente con la palla tra i piedi, si scopre che gli esterni Yarmolenko e Konoplyanka possono saltare a ripetizione i terzini adattati Hector e Höwedes, riuscendo ad arrivare vicinissimi al pareggio grazie ad una loro combinazione, cross del primo per il secondo, salvata solamente da Boateng sulla linea di porta a Neuer battuto. L’arrembante finale di tempo sembra il preludio ad un secondo tempo più equilibrato, ma al rientro in campo delle due squadre vengono ristabilite le gerarchie ed un maestoso Kroos inizia a dirigere un’orchestra quasi perfetta, che ha il solo demerito di non riuscire a chiudere la partita. La Germania gioca un calcio tutt’altro che tradizionale per la sua storia calcistica, ma pienamente in linea con quello che ha fatto vedere il Bayern di Guardiola negli ultimi anni, il cosiddetto tiki-taken, una rivisitazione dei dettami tattici barcelloneschi in chiave bavarese. ÖzilGötzeMüller si fanno prendere la mano e, di fatto, giocano l’intera ripresa passandosi continuamente il pallone senza mai tentare la conclusione. Leggermente più concreto Draxler, ma gli unici veri pericoli li creano le bombe da fuori di Kroos e Khedira. Alla fine serve, però, il subentrato Schweinsteiger per mettere il sigillo del 2-0 in azione di contropiede su assist, guarda un po’, di Özil.

Dunque poche illusioni per i gufi, la Germania arriva in palla all’europeo e parte alla grande. L’unica pecca, per ora, è che non può contare su una difesa affidabile. Questa sera non ha subito reti, ma quasi per caso. Mustafi ha sostituito egregiamente Hummels, ma deve affinare l’intesa con Boateng e, soprattutto, con Neuer, sorpreso ad un certo punto da un suo retropassaggio di testa tanto da rischiare un incredibile autogol. Invece sarà meno facile riuscire a trovare dei terzini all’altezza del resto della squadra. Hector ed Höwedes sono giocatori con poca corsa, poco dinamismo, scarsa tecnica di base, in due parole: fuori ruolo. Purtroppo per Löw non ci sono grandi alternative, a meno che non si voglia stravolgere il quadro tattico.

L’Ucraina raccoglie i cocci di una gara iniziata male e finita con un secco 0-2, il risultato più netto registrato finora ad Euro 2016, ma quei 15 minuti di fine primo tempo lasciano ben sperare per il futuro. D’altronde di Germania ce n’è una ed ormai è andata. Contro Polonia e Irlanda del Nord bisognerà trovare maggiore continuità di palleggio, un baricentro più alto ed allora si potrebbe rientrare nel discorso qualificazione. Il dubbio più grande riguarda forse la punta centrale. Zozulya si è sacrificato molto in pressing stasera, ma ha fatto veramente poco per impensierire Neuer ed è un peccato con due esterni di qualità come Yarmolenko e Konoplyanka, ma anche il subentrato Seleznyov, sportellate con Boateng a parte, non ha creato granché. Insomma Fomenko ha guadagnato recentemente uno Shevchenko al suo fianco in panchina, ora deve scervellarsi per trovarne uno simile in campo.

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Cresciuto a pane e telecronache delle proprie partite con le figurine Panini sul campo di Subbuteo, sviluppa una passione viscerale per il calcio, che si trasforma presto in autentica dipendenza. Da sempre dalla parte degli underdog, non scambierebbe mai 1000 vittorie da cowboy con un unico grande successo indiano sul Little Bighorn. Tra una partita e l'altra, trova il tempo per laurearsi in economia, Tuttocalcioestero gli offre l'occasione per trarre finalmente qualcosa di buono dalla sua "malattia" per il pallone, strizzando l'occhio al sogno nel cassetto del giornalismo di professione.