C’era una volta il Leicester: ricordi dal futuro

Leicester Ranieri

Siamo nel 2050, sono passati più di trent’anni da quel 2 maggio 2016.
Sono lontani i tempi in cui Justin Bieber faceva impazzire le ragazzine di tutto il mondo. Adesso l’ex cantante pop ha le rughe e la pancetta, in giro si viaggia quasi esclusivamente con autovetture elettriche mentre i social network la fanno ancora da padroni.

Un ragazzino passeggia con il nonno per le vie di Leicester, cittadina inglese di circa 285 mila abitanti. A St Martins Square sorge una statua raffigurante un signore di mezza età, occhiali e rughe ben in vista. “Nonno, chi è questo signore? Sembra quello del murales!”. Gli occhi si fanno lucidi in un attimo, brillano: “Vieni piccolo, siediti, ti racconto una storia”. Il nonno inizia a raccontare, un po’ come se stesse leggendo un libro al nipotino, di quelli che iniziano con il classico “c’era una volta”,  con lo stesso sapore delle favole raccontate prima di andare dormire. Ma qui c’è poco da dormire, c’è da stare svegli e ascoltare bene. Perché queste sono storie che arricchiscono, quel tipo di storie che ognuno di noi pagherebbe per ascoltare, per ore e ore, più e più volte. Da chi è stato fortunato di averle vissute, da chi può dire “io c’ero”.

“Bene figliolo, conosci la squadra di calcio della città, il Leicester? Oggi gioca in Championship, ma devi sapere che una volta i suoi giocatori furono in grado di compiere un’impresa eccezionale. Arrivare davanti a tutti contro ogni più rosea aspettativa. Ai tempi, squadre come il Manchester United, City, Chelsea, Liverpool e Tottenham avevano dei proprietari molto ricchi che spendevano centinaia di migliaia di sterline ogni anno per rinforzare la propria squadra, fino a farle diventare delle vere armate. Imbattibili, quasi. Il nostro era il campionato più bello del mondo e il Leicester spesso e volentieri lottava per non retrocedere.

Un giorno di luglio, prima dell’inizio della stagione 2015/2016, sulla nostra panchina arriva questo signore, un allenatore italiano che a dire il vero in carriera non aveva vinto molto. Ti dirò, noi tifosi eravamo un po’ scettici: ci si domandava il perché di un tecnico straniero, perché proprio quest’uomo non più giovanissimo che predilige un calcio vecchio stampo, poco spettacolare. In città c’era un po’ di malumore ma ci sbagliavamo tutti. Questo signore, arrivato in punta di piedi, ci conquistò uno ad uno, domenica dopo domenica. Sai piccolo, quest’uomo insegnò ad una città intera, ad una nazione intera, quanto siano importanti nella sport come nella vita l’umiltà, la dedizione al lavoro e il sacrificio. Prese in mano una squadra che l’anno prima si era salvata nelle ultime giornate e fece il miracolo. E lo fece nel campionato più difficile del mondo.

Lui non disponeva di fuoriclasse, anzi a dire il vero i suoi giocatori erano mediocri: chi qualche anno prima giocava nella serie B francese e chi addirittura faceva l’operaio. Hai presente Mahrez Road e Vardy Street? Sto parlando di loro. No non sono poeti, musicisti o scienziati, sono semplicemente ex calciatori del Leicester. Dopo quell’anno fantastico il sindaco decise di intitolare alcune strade agli eroi di quella stagione. Furono soprattutto loro gli artefici di quel sogno. Ma non si vince in due, perché mai come in quell’anno fu dimostrato che il calcio è uno sport di squadra dove ognuno è utile alla causa. E il merito di tutto ciò è proprio di questo signore con gli occhiali.

Ricordo con piacere il capitano Morgan, le giocò tutte quell’anno. Sempre in campo, sempre presente, ad ogni partita e per 90 minuti. Un esempio per tutti. Poi Drinkwater, fino a qualche mese prima conosciuto solo per il suo cognome alquanto buffo ma che fu capace di farsi ricordare da tutti per la sua intelligenza tattica a centrocampo. Poi c’era Kanté, un ragazzone di colore che correva 13/14 km a partita, pazzesco! Era il polmone di quella squadra. Ed ancora il nostro portiere, Schmeichel, eroe tra i pali. Quante volte ci ha salvato. Difendeva la sua porta, la nostra porta, come se fosse la cosa a lui più cara al mondo. Per non parlare di Okazaki, Ulloa, Huth, King; tutti ragazzi eccezionali, dentro e fuori dal campo.

Tornando a Mahrez e Vardy, beh, loro erano veramente straordinari. La tecnica e il cuore. Il primo era fantastico nel dribbling, regalava magie ogni domenica, magie che qui a Leicester non eravamo abituati a vedere e a dire il vero mai più abbiamo rivisto dopo di lui. Il secondo, Vardy, era strabiliante. Aveva negli occhi la grinta che tutti noi dovremmo avere nella vita. Fino a pochi anni prima faceva l’operaio, era arrivato nel calcio che conta con qualche anno di ritardo e lottava su ogni pallone quasi come a voler dare un senso a tutti i sacrifici fatti per arrivare fin lì. Quell’anno segnò tantissimi gol, era il nostro bomber. Fu capace di registrare il record di reti consecutive in Premier, undici! Quel record ancora resiste. Qualcosa di impensabile per chi fino a cinque anni prima giocava nei dilettanti.

Tornando a questa statua, figliolo, lui è Claudio Ranieri, l’allenatore che ci aveva lasciato un po’ perplessi il giorno della sua presentazione. Aveva già allenato in Inghilterra, senza lasciare troppo il segno; qualcuno diceva che nei suoi primi cinque anni di Premier avesse a malapena imparato a dire good morning e good afternoon. Tornò molti anni dopo e si prese una rivincita. Una rivincita grande come una casa. Quell’anno portò il suo Leicester, il nostro Leicester, in testa al campionato. Partita dopo partita, un passo alla volta, sempre con umiltà e piedi per terra. Il 2 maggio 2016 vincemmo il campionato. Leicester campione! Capisci figliolo? I good morning e good afternoon diventarono dilly ding-dilly dong, bla bla bla e latinlover, espressioni rese famose dal tecnico italiano durante le varie conferenze stampe di quell’anno.

Quella notte sembrava non finire mai. Vennero da tutta Europa, soprattutto dall’Italia, a festeggiare qualcosa di irripetibile. Vennero in tanti e i cori erano tutti per questo signore di mezza età che aveva dato una lezione di vita a molti e aveva regalato a noi tutti un sogno. Tuo padre nacque qualche anno dopo quella fantastica notte, ricordo che la nonna voleva chiamarlo David. No no, non ci siamo. Io avevo già deciso il suo nome. Jamie suonava meglio.
Fecero anche un film sul nostro Leicester, vincemmo anche al botteghino. Ci amavano tutti, Ranieri fu in grado di rendere possibile l’impossibile. Quella per noi fu una grande lezione di vita, tutta la città ne uscì cambiata, in meglio. Questa statua è il minimo che potevamo fare per rendere onore a quell’uomo straordinario. Fu il nostro eroe, ancora oggi è il nostro eroe. Ci insegnò che i soldi non sono tutto, che il collettivo batte il singolo, sempre. Che uniti possiamo fare qualsiasi cosa. In quei giorni il mondo apparve un posto migliore, noi tutti ci sentivamo persone migliori. Ed è per questo che non smetteremo mai di ringraziarlo”.

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Amante e vero appassionato di calcio, tifosissimo e "super esperto" dell'Inter, amo anche il calcio inglese dove ho un debole per il Liverpool e per lo Special One! You'll Never Walk Alone