Bayern Monaco-Atletico Madrid 2-1: di Cholismo e Cholisti anonimi

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L’Atletico Madrid raggiunge nuovamente la finale di Champions League, una notizia che fa sobbalzare sulla sedia tante delle persone che in queste ore devono ancora smaltire la gioia per la Premier League conquistata dal Leceicester. “Fiumi di Parole”, come cantavano i Jalisse (ve li ricordate?) in un dimenticabile Sanremo, la retorica scorre libera, irrefenabile, si parla di cholismo e nessuno pare capirci nulla. Testosteronico, con l’aria da duro, Simeone pare il detective che risolve il caso dopo aver consegnato pistola e distintivo, previo interrogatorio allo Strip Club. Simeone ci piace. Simeone mi piace. Ma a Cesare quel che è di Cesare e a Pep quel che è (fu?) di Pep. Tiki-taka e derivati non emozionano chi scrive ma stasera il “Cholismo” ha mostrato il suo lato peggiore.

Chi vince ha ragione e gli altri devono tacere, su questo non ci piove, ma è altrettanto evidente che l’Atletico non abbia espresso tutta l’intensità che l’ha reso celebre e amato in giro per il mondo, l’emozione arriva dalla resistenza in trincea, stile Piave. Non passa lo straniero, è vero, ma lo straniero vive stabilmente a casa Atletico, un assedio che trova una montagna di corpi a far da argine. L’epica c’è, ma resta solo una parte del tutto. Caressa ha bollato il “Cholismo” come anti-calcio o quasi, sarebbero molti gli argomenti per contraddirlo ma stasera non sin sono visti. Il Bayern Monaco merita il vantaggio, complice la deviazione dell’incerto Gimenez (non arriva al sei stasera), Oblak nega a Muller il raddoppio dal dischetto.

L’Atletico Madrid sopravvive attaccandosi agli ultimi centimetri di speranza, il rigore parato è la diapositiva di una serata con poche idee ma tanta voglia di combattere. E giù retorica, che tanto è a buon mercato, Cholismo, macismo, difensivimo, celodurismo. Bello e imperfetto il Bayern Monaco, che vive sulle proprie certezze, spesso tradotte in arroganza, la Juventus per poco non ne approfittava, il Cholo ce l’ha fatta. E due indizi sono una prova. Entrare in porta col pallone è un vezzo barocco che non serve a nulla, se non all’avversario, di tiratori ce ne sono a bizzeffe e pensare ad Alaba che si sente dire “passala” mi uccide un po’. Che giocatore. L’austriaco è solo uno dei tanti grandi campioni a disposizione dei bavaresi, il Cholismo può contare su interpreti meno raffinati ma indubbiamente determinati. E determinanti, come il già citato Oblak, che para il parabile e nel finale usa l’astuzia facendo correre il cronometro per un infortunio immaginario manco fosse di Molière. Eppure tutto funziona, funziona però perché il Bayern Monaco lo permette.

Un gol in contropiede, forse viziato da offside, forse no, non importa, un rigore concesso in maniera leggera. I bavaresi si piacciono molto e non si rendono conto che la vita gli sfreccia a lato, Guardiola esce dal tunnel a capo basso e saluta senza gloria. Il gol di Lewandowski alimenta speranze e assedio, il lato oscuro del cholismo passa alla cassa con un rigore che non c’è, fallo fuori area di un bel po’. Neuer imita il suo collega, ma neppure questa iniezione di ottimismo basta a piegare il fato. L’Atletico Madrid, dopo aver menato q.b. se ne va a Milano, preparatevi a un’ondata di retorica sul Cholismo, che tanto eccita il basso ventre di alcuni. Stasera l’Atletico ha raccolto forse più del dovuto, ma il campo ha parlato. Ora, però, smettiamo di parlare noi.

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Nato ad Arezzo nei meravigliosi anni '80, si innamora prestissimo del calcio e non avendo piedi fini decide di scriverlo. Ha lavorato nella redazione del Guerin Sportivo e per tre anni cura la rubrica "Dalla A alla Z". Numerose collaborazioni nel corso degli anni con testate tra le quali tuttomercatoweb.com, ilsussidiario.net e il mensile Calcio 2000. Nel 2012 insieme ad Alfonso Alfano crea tuttocalcioestero.it. E ne è molto orgoglioso.