Nel corso di questa stagione molti amanti del pallone si sono innamorati della storia del Leicester di Claudio Ranieri, che è molto vicino a coronare un sogno chiamato “Premier League”. Nonostante ciò questa non è l’unica favola calcistica dell’anno, infatti in Russia si sta proponendo uno scenario simile con il Rostov, che al momento guida la classifica con un punto di vantaggio sul CSKA Mosca e sta vivendo una storia particolarmente simile a quella delle “Foxes”.
La prima somiglianza riguarda “la rivincita” sportiva, infatti lo scorso anno il Rostov ha evitato una pesante retrocessione in Serie B solo grazie al maggior numero di vittorie conquistate rispetto al Torpedo Mosca (infatti le due squadre erano arrivate a pari punti) che gli ha permesso di disputare i play-out, dove è riuscito ad avere la meglio sul Tosno sfruttando la buona stella di Vitali Dyakov (oggi alla Dinamo Mosca e autore di una fantastica tripletta nel corso della gara di ritorno). All’inizio di questa stagione si è effettuata una vera e propria rivoluzione, a cui capo è stato confermato l’esperto Kurban Berdyev, mente della salvezza e già autore di un miracolo sportivo sulla panca del Rubin Kazan (promozione in Serie A nel 2002, vittoria di due titoli nazionali e approdo anche nell’Europa calcistica con discreti risultati). Allenatore originario del Turkmenistan e fortemente religioso, molti se lo ricorderanno per la sua abitudine di tenere in mano il rosario nel corso delle partite e anche nelle varie interviste da lui sostenute. Persona cinica, risoluta e introversa, dal punto di vista calcistico basa il suo credo su un sistema di gioco parecchio organizzato e su un’arcigna difesa a cinque; non a caso il suo Rostov ha la miglior difesa del torneo con appena 16 reti subite in 24 partite, dimostrazione anche del fatto che le grandi vittorie si basano sempre su un altrettanto grande sistema difensivo.
La sua rivoluzione ha come punto di partenza un blocco di ben cinque fedelissimi reduci dal suo periodo d’oro in quel di Kazan: i giocatori in questione sono il 36enne difensore Cesar Navas, il giovane Pavel Mogilivets (clicca qui per conoscerlo meglio), il centravanti Aleksandr Bukharov, il collega Sardar Azmoun e Christian Noboa (ritornato in Russia dopo l’esperienza in terra greca con il PAOK). Intorno a questi è stato costruito un modello di gioco fisico e cinico, dove corsa, cuore e grinta la fanno da padrone. Un altro punto fondamentale del miracolo “Rostoviano” (passatemi il termine) è il fatto che si punti quasi tutto sulla forza di un gruppo coeso e compatto invece che sulle prodezze o le giocate illuminanti dei singoli. Una prova a favore di questa tesi è senza dubbio il fatto che il capocannoniere della squadra è Dmitri Poloz con sette centri, mentre alle sue spalle ci sono Bukharov, Azmoun, Bastos e Doumbia a quota 3. Numeri che però sono giustificati in qualche modo dalla ottima tenuta difensiva della squadra, infatti la truppa di Berdyev ha come credo calcistico quello di difendere bene la propria trequarti per poi ripartire in contropiede non appena si apre qualche varco.
Infine questo è un miracolo anche alla luce delle difficoltà finanziare del club, che ha rischiato più volte il tracollo finanziario a causa della recessione che ha colpito la madrepatria Russia e alla difficile situazione legata ai rifugiati provenienti dall’Ucraina. Dando un’occhiata anche al tetto stipendi del roster, nessuno dei giocatori prende più di un milione di euro (Hulk ne prende 7 annui allo Zenit), perciò questa impresa è dovuta anche ad un ottimo lavoro a livello di mercato dove si è riusciti ad ottenere il massimo con il minimo sforzo economico. Oggi la situazione è ancora incerta, infatti il Rostov è considerato un club ancora a rischio fallimento ma la vittoria del campionato più la qualificazione parecchio remunerativa alla prossima edizione della UEFA Champions League potrebbe garantire un grosso respiro di sollievo alle casse societarie.
Rispetto al Leicester, però, c’è un solo punto a dividere il Rostov dalla prima inseguitrice (ovvero il CSKA Mosca) con 6 gare ancora da giocare. Nonostante ciò, qualunque sarà l’esito al termine della stagione, questa potrà essere considerata l’ennesima grande impresa firmata da Kurban Berdyev, che in una situazione non proprio ottimale e solida a livello economico ha saputo trarre il massimo dai suoi giocatori con la filosofia dello “step by step”:
“No one has set any targets at all for the team, we go from game to game. Knowing our financial problems, how could you set any serious targets?”cit. Berdyev (nessuno ha deciso degli obiettivi per la squadra, noi andiamo avanti gara dopo gara. Conoscendo i nostri problemi finanziari, come faresti a decidere qualsiasi obiettivo serio?)