Nella prima giornata della X° edizione del Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia è stato proposto un Panel Discussion in cui i protagonisti erano Fabio Caressa e Giuseppe Bergomi (clicca QUI per leggere l’intervista allo “Zio”), la coppia di telecronisti di Sky Sport. A moderare, Giuseppe Belli, il vice direttore de Il Giornale.it
Davanti a una Sala dei Notari gremita, il duo ha snocciolato concetti importanti sull’importanza delle parole nella telecronaca sportiva e su come la professione si sta evolvendo alla luce del progresso tecnologico televisivo oltre che sull’analisi di dati statistici molto accurati.
Caressa è un giornalista e telecronista sportivo romano, che tra l’altro ha conseguito diplomi di specializzazione negli USA (UCLA 1988) e in Spagna (Universidad de Salamanca 1990). Crede fermamente che lo sport sappia trasmettere valori importanti, per questa precisa ragione lo ha scelto. Le storie sportive, se raccontate con il giusto spirito, trasmettono emozioni importanti che aiutano la crescita di un uomo, canalizzandola nella giusta direzione. L’Inghilterra pre-olimpica ne è una testimonianza.
Come telecronista sportivo iniziò con la Bundesliga vent’anni fa circa, quando il livello del campionato tedesco era molto inferiore a quello italiano e non godeva dell’attuale audience; poi passò a commentare il calcetto. Successivamente gli promisero la serie A ma il direttore di Tele+ cambiò e Fabio finì col commentare la serie C. Per lui fu una grande fortuna, perché la crescita costante che ebbe fino ad arrivare alla serie A, passando per la serie B, gli permise di costruirsi un solido background, sperimentando soluzioni ardite che difficilmente sarebbero state ben digerite dal pubblico dei grandi palcoscenici. Chi arriva subito in alto rischia seriamente di bruciarsi. Mantenere le conquiste ottenute è molto più difficile, ci si può riuscire solo se si ha la giusta esperienza.
Oggi Fabio Caressa può definirsi un telecronista affermato: dopo aver celebrato le gesta degli azzurri nella finale di Berlino, il popolo italiano ha iniziato ad associare la voce delle sue telecronache con quella “R” alla francese ad eventi lieti, quand’anche portatori di buon auspicio. Il mondiale tedesco del 2006, così come per Bergomi , fu il suo primo da telecronista e vincerlo fu l’apoteosi. Sedersi sarebbe stato facile, ma la coppia ha preferito porsi altri obiettivi. Come? Affrontando i suoi punti deboli.
Ben consapevole che lo spettatore è esigente, Caressa cerca di preparare l’anima delle persone alla partita. Come ci riesce? Sceglie un argomento non calcistico che solletichi la memoria emotiva del telespettatore. Una volta, immaginandosi le tre generazioni davanti alla TV, associò Nick Carter, Callaghan e Maigret all’ispettore di polizia che indagava su calciopoli. Fu un modo di riavvicinare lo spettatore dopo gli eventi nefasti che erano piombati sul calcio italiano. Il tifoso si emoziona più facilmente e con maggior gusto mentre il telecronista si diverte a scriverne.
Il telespettatore guarda la partita usando entrambi gli emisferi del suo cervello, quello razionale e quello emotivo. Caressa, in quanto telecronista cerca di sollevare la parte razionale dal compito di dover riconoscere i giocatori, descrivendo anche l’azione. Questo permette al telespettatore di concentrarsi di più sul lato emotivo.
In ambito prettamente tecnico, durante una telecronaca è fondamentale indovinare i giocatori; e quando si sbaglia è necessario correggersi. A questo proposito ci ha raccontato un aneddoto: una volta si trovò ad essere l’unico inviato italiano ad un Israele-Svezia: normalmente le formazioni vengono comunicate ma se ciò non avviene, curiosamente, si è obbligati ad ascoltare lo speaker o chiamare il custode. Quella volta però, dal momento che in quell’Israele l’unico giocatore ad essere conosciuto era Rosenthal, gli vennero comunicate sì, ma in ebraico. Se ne uscì riconoscendo parte dei giocatori dalle foto che aveva scovato in archivio e nel contempo sperando che non segnasse qualche carneade.
E’ bene usare bene le storie ed evitare precedenti statistici troppo datati; lasciare il giusto spazio al commentatore che fa da spalla. Cos’altro? La sua prossima sfida è cercare di anticipare la mossa del giocatore cercando di intuirne le intenzioni.
Il suo idolo fu Enrico Ameri, storico radiocronista italiano, uno che aveva voce, ritmo, verve; esattamente come Sandro Ciotti, altro personaggio celebre e stimato da Caressa. Per lui un radiocronista non si differenzia molto dal telecronista se non per una questione: deve necessariamente dire dove si trova il pallone. Uno che stima Ameri e Ciotti appartiene alla vecchia scuola, ovviamente con un’apertura mentale verso le nuove tecnologie, poiché in questo campo è impossibile prescinderne. I social network però sembrano non piacergli proprio.
Alla fine dell’evento, TuttoCalcioEstero.it lo ha intervistato, stuzzicandolo sull’argomento.
Ti sei occupato per anni di Bundesliga, dunque sei “uno di noi”, ti manca mai la nicchia del calcio estero?
“Io al calcio tedesco penso sempre! Lo seguo tanto, con grande affetto, ora me ne vado con Beppe a fare Liverpool-Borussia Dortmund e sono felicissimo. Siamo contenti perché andiamo a fare un po’ di calcio internazionale, grazie all’Europa League”.
Questione di clima?
“Tutti più rilassati. Più tranquilli”.
Fino a pochi anni fa era difficile reperire informazioni, soprattutto sui campionati stranieri, internet ha cambiato tutto. Il pubblico oggi è più esperto?
“No, pensa di essere più esperto. Gli appassionati credono di sapere tutto, ma spesso hanno informazioni non corrette. Mi spiego: scelgono fonti non corrette. Dunque, in mano hanno gossip e non notizie vere e proprie”.
In sala hai fatto una strana smorfia quando si è parlato di social network, quasi a dire “Vade retro”…
“Un telecronista non può permettersi di stare su Facebook”.
Addirittura?
“Sì, perché se fai la telecronaca mentre stai su facebook e su twitter ti arrivano le reazioni. E questo ovviamente ti condiziona”.
Tu però in telecronaca punti sull’aspetto emotivo, mirando alla “pancia”, non sei interessato ai feedback?
“Ti condizionano”.
In maniera negativa?
“Vedi, noi non cerchiamo il consenso. Noi cerchiamo la verità, dire le cose come stanno. E non dimenticate mai che per dire le cose come stanno devi prescindere dalle reazioni. Piacere a tutti è impossibile, meglio toglierselo dalla testa”.