Ode a Benfica e Wolfsburg: quando cuore e organizzazione battono soldi e talento

Wolfburg Champions League

Il primo round dei quarti di finale della UEFA Champions League ci ha regalato le due belle storie di Benfica e Wolfsburg, considerate vittime sacrificali nel corso dei sorteggi ma che hanno fatto vedere come con tanto cuore e molta organizzazione (soprattutto difensiva) si possano affrontare a testa alta (e battere nel caso dei tedeschi) le corazzate della massima competizione europea.

La storia più ecclatante è senza dubbio quella del Wolfsburg di Dieter Hecking, che è riuscito a mettere la testa avanti vincendo il primo scontro contro il Real Madrid con un bel 2-0. Nonché il risultato fosse impronosticabile, infatti, aldilà della vittoria al Camp Nou nel weekend passato, la squadra di “Zizou” Zidane in campo europeo ha dimostrato di avere ancora qualche scricchiolo di troppo. Incertezze che il Wolfsburg, al contrario di una Roma sprecona e sfortunata, ha saputo capitalizzare al meglio: infatti i due gol trovati nei primi 25 minuti di gioco sono stati il frutto della mentalità offensiva e spensierata adottata dalla truppa tedesca nell’approccio iniziale. Ad aprire le danze ci ha pensato il gol su rigore di Ricardo Rodriguez, capace di freddare Keylor Navas e interrompere la sua imbattibilità di 738 minuti. La rete del raddoppio, invece, è arrivata su un’azione di rimessa da manuale: palla con il contagiri di Henrique (uno dei migliori in campo per corsa e sostanza), inserimento preciso di Arnold e palla ancora nel sette alle spalle di Navas. Un inizio oltre le più rosee aspettative per Hecking, che vede la propria squadra decollare sulle ali dell’entusiasmo ed essere anche aiutata dalla dea bendata (gol di Ronaldo annullato con qualche dubbio e occasione di Bale gettata alle ortiche malamente). Il Wolfsburg però sembra essere stato tarato per la grande notte europea, smoking d’alta classe e gioco frizzante: là davanti Schurrle, Draxler, Henrique e Arnold fanno letteralmente ammattire la difesa avversaria non concedendo punti di riferimento e bucandola come uno scolapasta; Zizou deve ringraziare solo Keylor Navas per non andare al riposo con un passivo più pesante. Tra l’altro appuntiamo sul taccuino che questa è la prima volta nella storia che i Blancos subiscono due reti nei primi 25 minuti di una gara ad eliminazione diretta. Qualsiasi tecnico in una situazione del genere opterebbe per un secondo tempo più difensivo, dove si decide di puntare tutto sulle azioni di contropiede e di difendere la propria trequarti creando una densità simile al traffico nelle ore di punta. Ovviamente anche Hecking opta saggiamente per questa soluzione ma a dargli una mano è ancora una volta il Real. Infatti CR7 & co, ben orchestrati da Zizou a bordocampo (versione vigile), si limitano ad uno sterile possesso palla con giocate solamente orizzontali che permettono al Wolfsburg di non soffrire e di recuperare energie preziose in vista del rush finale. In tutto ciò c’è anche il tempo per rimpiangere anche due palle gol di Schurrle, che grazia gli avversari e li tiene in vita per il ritorno. A dare luce al gioco madridista ci prova Isco (gettato nella mischia al posto di uno spento Modric), infatti è proprio lui a mettere Cristiano Ronaldo davanti al portiere con la prima giocata verticale decente, ma il fenomeno portoghese deve fare i conti con un Benaglio in formato saracinesca che rispedisce il tentativo al mittente con un’uscita puntuale e precisa. Nel finale di gara il Real Madrid tenta il “suicidio sportivo” più volte cercando di regalare il terzo gol agli avversari, basti pensare che Sergio Ramos prova ripetutamente a stendere il tappeto rosso alle ripartenze di Henrique, ma Navas salva tutti nuovamente vestendo i panni del salvatore della patria (Kruse si sta ancora chiedendo come abbia deviato in angolo la sua conclusione). Fortunatamente per Zidane dopo tre minuti di recupero arriva il triplice fischio che ferma la furia biancoverde, la quale sicuramente avrebbe portato ad un terzo gol clamoroso da lì a qualche minuto. Per il Wolfsburg è stata la partita (quasi) perfetta, nemmeno Hecking l’avrebbe disegnata così nei suoi migliori sogni: due gol prima della mezz’ora e Real arginato alla grande nella restante ora di gioco, dove si sono insinuate diverse palle gol per chiudere il match. L’unica macchia, se così si può chiamare, è il mancato gol del KO che avrebbe mandato i tedeschi in paradiso e avrebbe affondato definitivamente i madridisti, i quali al ritorno dovranno vendere carissima la pelle per eliminare questi tedeschi.

Il Benfica e la magia del Da Luz, ce la faranno le Aquile a spiccare il volo? Fonte foto: eurosport.com
Il Benfica e la magia del Da Luz, ce la faranno le Aquile a spiccare il volo?
Fonte foto: eurosport.com

L’altra lieta novella dei quarti di finale è stata il Benfica, che è uscita dall’Allianz Arena sì sconfitto ma vedendo rimanere parzialmente intatte le proprie carte per il passaggio del turno. Anche i portoghesi sono stati autori di una prova davvero notevole, dove hanno confermato i piccoli problemi che affliggono la corazzata Bayern in questo periodo. Nonostante ciò la gara parte subito in salita per gli ospiti poiché al secondo minuto di gioco Vidal porta in vantaggio i bavaresi finalizzando la solita azione firmata Pep Guardiola (gol più veloce della stagione, infatti King Arturo batte il suo precedente record messo a segno nella gara contro il Nottingen). Un gol a freddo avrebbe tagliato le gambe a qualsiasi squadra (il Porto dell’anno scorso insegna), ma non al Benfica che continua (giustamente) a tenere saldi i nervi e non si sbilancia di un millimetro. Sta di fatto che la tenuta mentale impressionante delle “Aguilas” potrebbe essere premiata intorno alla mezz’ora ma il direttore di gara non considera irregolare il tocco di braccio di Lahm, intervenuto in scivolata sulla conclusione di Gaitan. Le proiezioni offensive in velocità creano sempre grossi problemi alla retroguardia bavarese, che fatica a tenere a bada le frecce avversarie. In fase difensiva, invece, l’unico problema è rappresentato da Arturo Vidal, immarcabile nei suoi inserimenti e unico in grado di scardinare il fortino avversario. Nello spogliatoio, però, Rui Vitoria mette a posto anche questo piccolo ingranaggio difettoso e per il Benfica arriva il momento di prendersi il proprio momento di gloria. Nella ripresa, infatti, la selezione portoghese entra in campo con una mentalità tutt’altro che passiva e rinunciataria: non a caso il Bayern vive un piccolo momento di crisi, mostrando gli stessi punti deboli visti nel match del turno precedente contro la Juventus, e vede in Mitroglu, Gaitan, Renato Sanches (partita maestosa la sua in mezzo al campo) i fantasmi del pareggio. Sfortunatamente non scocca la scintilla per le Aquile, che nel finale rischiano anche di pagare lo sforzo offensivo e il baricentro alto sulle occasioni di Ribery e del duo Lewandowski-Lahm (occasione sprecata per eccessiva supponenza), ma il fato ci mette una pezza e grazia gli ospiti. Il punteggio al triplice fischio è di 1-0 per la corazzata tedesca, ma il Benfica sa di essere uscito dall’Allianza Arena a testa altissima e dopo una prestazione tutt’altro che catenacciara e ultra-difensiva. Un risultato che lascia tutto in bilico e che dà grandi speranze alla squadra di Rui Vitoria, che potrà contare del calore incondizionato dei 65.000 dell’Estadio Da Luz, dove potrebbe riconfermarsi il “mal di Portogallo” del Bayern di Pep Guardiola.

Insomma Wolfsburg e Benfica sono le ennesime due squadre che dimostrano quanto i soldi nel calcio possano valere meno di zero, quando sei in possesso di un grande cuore e di un’ottima organizzazione si può davvero superare l’ostacolo (qualsiasi sia la sua altezza). Appuntamento a settimana prossima, quando queste due compagini tenteranno di mettere il lieto fine alla propria storia; visto che “il pallone è rotondo”, “sognare non costa nulla”.

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Appassionato di ogni genere di sport (calcio e basket in primis), è un grande esperto del "calcio minore". Che sia la Copa Libertadores o la terza divisione danese poco importa, in qualunque campo rotola un pallone e ci sono 22 uomini c'è sempre una storia da raccontare.