Le politiche del Villarreal sull’uso dei social

Dopo le polemiche della settimana scorsa in merito all’uso di Twitter di alcuni giocatori del Villarreal (che sono stati denunciati dal Comité Técnico de Árbitros al Comité de Competición e per cui ci si aspettano multe in arrivo) la redazione di TuttoCalcioEstero ha contattato Gennaro Cappiello, attualmente tirocinante presso l’Ufficio Stampa del Carpi, che tra le altre cose ha fatto parte dell’ufficio che si occupa di comunicazione e relazioni con il pubblico del Villarreal tra l’ottobre e il novembre 2014.
In merito a Twitter, di cosa ti occupasti nel tuo breve periodo a Miralcamp?
«Oltre a tradurre e suggerire tweet in italiano, come il messaggio di incoraggiamento ad Acerbi per il ritorno in Nazionale dopo aver sconfitto la malattia, preparai una presentazione in PowerPoint in cui si illustrava ai ragazzi della cantera il modo giusto di utilizzare i social network. All’interno delle slide citai esempi pratici sia per quanto riguarda il comportamento corretto che quello scorretto. Ad esempio, come esempi da evitare, inserii il tweet di Osvaldo in polemica con Caressa («Il signor Caressa dovrebbe smetterla di parlar male dei calciatori visto che mangia e vive grazie a noi»), e quello di Bonucci («Sciacquatevi la bocca!») dopo il contestato Juventus-Roma 3-2 del 2014, e le relative spiegazioni, giusto per sottolineare che ci sono tanti modi di interpretare lo stesso messaggio».
E invece quale tipo di condotta viene consigliata?
«In genere la politica comunicativa era quella di evitare commenti negativi, commenti a caldo e specialmente verso altri tesserati, arbitri e organi esterni, ma limitarsi a incoraggiamenti e commenti positivi. Negli esempi positivi infatti citai alcuni tweet dei giocatori della prima squadra del Villarreal, come Giovani e Jonathan dos Santos, che sono soliti parlare in termini positivi concentrandosi più che altro sulla prestazione. Più che altro citare i calciatori che si erano affermati nello stesso ambiente avrebbe avuto maggior presa sui ragazzi».
Ma queste slide erano destinate alla cantera?
«Si, assolutamente. Attraverso l’esempio si cercava di fornire delle direttive su cosa fosse tollerato o cosa no. Era indirizzato sia a chi ancora non aveva un proprio profilo Twitter, anche se il discorso era valido anche per altri social network come Facebook o Instagram, e sia a chi aveva già profili molto seguiti come quello di Nahuel Leiva che all’epoca contava già tremila seguaci».
Mentre per quanto riguarda la prima squadra?
«Io personalmente non sono mai entrato in quell’area, ma le direttive erano più o meno le stesse. Il problema però è più complicato e più che altro di tipo comunicativo. Sono giocatori già formati, come fai per esempio a frenare uno come Soldado? Oltre a questo tipo di iniziative in cui si spiega cosa si può scrivere e cosa no, presumo ci sia un regolamento preciso, vista la grande risonanza dei commenti social degli atleti della prima squadra».