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Roma-Real Madrid 0-2: buona partita dei giallorossi, ma i blancos hanno già un piede ai quarti

Nell’attesissimo ottavo di finale dell’Olimpico, la Roma si scrolla di dosso i fantasmi delle goleade subite dai top team europei e mette sul campo una buona prestazione contro un Real Madrid privo di Bale, ma ricco comunque di talento.
La squadra di Zidane sembra dover soffrire più del dovuto per gran parte del primo tempo, ma nella ripresa pesca il jolly col solito Cristiano Ronaldo e raddoppia nel finale con Jesé, ipotecando il passaggio ai quarti di finale.

La Roma, si diceva, non gioca male. Nel primo tempo prova a tratti a giocarsela alla pari coi galacticos, producendosi in triangolazioni basse e ottima proprietà di palleggio nella ricerca del varco giusto per entrare in area avversaria.
Il Real fa fatica a domare il 4-3-3 di Spalletti e soffre particolarmente la velocità di Salah sulla fascia del pur non lentissimo Marcelo.
Se non fosse che l’egiziano sia tanto forte nella corsa quanto inconsistente in fase di assist o tiro in porta, magari il risultato si sarebbe potuto sbloccare in favore dei giallorossi, ma così non è.
Anche Perotti ed El Shaarawy creano grattacapi ai loro marcatori, ma il Real tiene botta senza soffrire troppo e Keylor Navas torna negli spogliatoi coi guanti intonsi.
Nel secondo tempo l’equilibrio si rompe al 57′ quando Cristiano Ronaldo si inventa una sterzata di tacco che manda lungo Florenzi, tira sul secondo palo e, sfruttando la deviazione della gamba del terzino romanista, infila Szczesny per l’1-0.
La Roma a questo punto sbanda e rischia di prendere un 1-2 micidiale, ma Spalletti se ne accorge e corre ai ripari inserendo prima Dzeko per avere più peso davanti, poi De Rossi al centro della difesa per spostare lo stanco Florenzi sulla linea dei centrocampisti.
I giallorossi si allungano e vanno in debito di ossigeno, il Real grazia più volte la squadra di casa fallendo diverse occasioni con Ronaldo, Benzema e James Rodriguez.
All’83’ Salah ha la palla buona per il pari, imbeccato in area da Florenzi, ma sbaglia incredibilmente lo stop facendosi recuperare da Navas. E’ la foto della partita: una Roma che vorrebbe, ma non può.
3 minuti dopo Jesè Rodriguez, entrato da poco, si fa tutta la fascia con Digne davanti a lui a temporeggiare e nessun altro a chiudere. Entrato in area scocca un tiro in diagonale che si infila chirurgicamente in rete per il raddoppio. E’ il game, set and match che i romanisti non avrebbero mai voluto vedere. A questo punto il ritorno sa tanto di mera ratifica su una qualificazione già sancita stasera.

Il Real Madrid non ha dominato e non ha neanche impressionato per la qualità del gioco. Con Kroos davanti alla difesa in cabina di regia e Modric mezzala, la qualità del palleggio ne ha risentito parecchio. Eppure sono bastati i solisti. Cristiano Ronaldo ha giocato praticamente solo per se stesso, dialogando al massimo in un paio di occasioni con Benzema. James sulla destra non è esattamente un vice-Bale e le cose migliori le ha offerte arretrando il suo raggio d’azione per servire assist in area.
Nonostante questo la Roma non ha saputo approfittare di un avversario che non sembrava poi così imbattibile come si poteva paventare alla vigilia. La squadra di Spalletti ha dimostrato carattere e qualità, ma, senza una punta vera ed affidando la gran parte dei contropiede a Salah, non ha saputo minimamente essere cinica in area di rigore avversaria. Tanto fumo, niente arrosto. Un peccato, perché adesso per passare il turno servirebbe un fantascientifico 3-0 al Santiago Bernabeu, che francamente appare un tantino improbabile.

Luca Petrelli

Cresciuto a pane e telecronache delle proprie partite con le figurine Panini sul campo di Subbuteo, sviluppa una passione viscerale per il calcio, che si trasforma presto in autentica dipendenza. Da sempre dalla parte degli underdog, non scambierebbe mai 1000 vittorie da cowboy con un unico grande successo indiano sul Little Bighorn. Tra una partita e l'altra, trova il tempo per laurearsi in economia, Tuttocalcioestero gli offre l'occasione per trarre finalmente qualcosa di buono dalla sua "malattia" per il pallone, strizzando l'occhio al sogno nel cassetto del giornalismo di professione.

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