Peterborough. Tony Pulis. Jon Taylor. Baggies, A47, rigori, Fletcher, colonia italiana.
E poi… ABAX, Foster, Samuelsen, FA Cup, Posh, Berahino, West Ham, salvataggi sulla linea, Graham Westley, London Brick Company.Ok ok, mettiamo ordine e ricomponiamo il puzzle. Non aveva ragione Graham Westley, coach del Peterborough United, a dichiarare che si va avanti col merito e non coi sogni in FA Cup. Non tanto perché effettivamente un po’ ci avevano sperato i tifosi della squadra di Football League One, ma quanto perché di fatto la squadra premiata con la qualificazione è decisamente quella che meno lo ha meritato, almeno stasera. Il West Brom è una squadra piena di problemi, innanzi tutto in attacco. Basti pensare che nelle ultime 4 gare prima del replay di stasera in Cambridgeshire solamente una volta era riuscito a tirare in porta coi suoi attaccanti.
E’ anche vero che Berahino, la giovane speranza della batteria non troppo numerosa di attaccanti inglesi, è al rientro da un periodo travagliato e non è ancora nella migliore condizione. Tony Pulis vuole metterlo in campo per dargli modo di recuperare, il ragazzo ci si mette di buona lena, ma manca d’incisività sotto porta. Buon per i Posh, questo il nomignolo dei padroni di casa, che giocano alla pari con una squadra di Premier e, a tratti, dominano in lungo e in largo.Peterborough non è un nome così noto agli appassionati nostrani di football inglese essendo una squadra che milita tradizionalmente nelle serie inferiori, ma è una città che qualcuno potrebbe aver sentito nominare in quanto terza colonia italiana d’Inghilterra dopo Londra e Bedfrod. Merito della London Brick Company che qualche decennio fa mise sotto contratto circa 3.000 operai italiani, soprattutto meridionali. La squadra è priva dei due centrali difensivi espulsi nell’ultimo match di campionato (strane regole inglesi), ma la coppia Bostwick-Zakuani si rivela decisiva in più di un’occasione con un salvataggio sulla linea a testa.
Il centrocampo è di una qualità francamente sorprendente per una squadra di questo livello con Jon Taylor e Beautyman sempre pericolosi coi loro inserimenti offensivi. Il primo vede premiati i suoi sforzi col gol di inizio ripresa che sblocca il risultato. In avanti Coulthirst si muove bene, ma rimane impalpabile dentro l’area di rigore. La vera stella della squadra è Martin Samuelsen, norvegese di 18 anni cresciuto al Manchester City e di proprietà del West Ham. Il suo tocco di palla non ce l’ha nessun giocatore in campo, neanche gli 11 di Premier del WBA e le sue finte ubriacano a più riprese quelli che probabilmente saranno i suoi avversari futuri in ben altri palcoscenici. Il West Brom patisce la vitalità festaiola dei padroni di casa nel primo tempo, poi dopo aver rialzato la testa negli ultimi minuti prima di entrare negli spogliatoi tornano con la testa sott’acqua alla riapertura dei giochi. Dopo esser finiti sotto di un gol, i Baggies recuperano la partita solo grazie ad un tiro da fuori di Fletcher, una sventola di controbalzo sulla respinta della difesa che si infila all’incrocio dei pali. Tutt’altro che un’azione costruita. La partita si trascina ai supplementari con emozioni alterne: salvataggi sulla linea da una parte e conclusioni di poco fuori dall’altra. Alla fine decidono i rigori.
Il primo a sbagliare è proprio Samuelsen e vien proprio da dire che non lo si può giudicare da questo. Paga forse l’inesperienza di una tale pressione addosso, ma il coraggio, l’intraprendenza, la tecnica e la visione di gioco che ne hanno contraddistinto la partita fanno pensare ad un futuro radioso per lui. Poi sbaglia Fletcher, confermando che i migliori possono anche fallire dal dischetto, e Foster ipnotizza Angol all’ultima chance. Per chi vuole sognare ancora non resta che imboccare l’A47, 67 km in direzione ovest, uscita Leicester. Finisce con gli applausi per i padroni di casa ed il cammino che prosegue per gli ospiti. Non guardate il risultato finale, se c’è un allenatore che deve uscire preoccupato dall’ABAX Stadium è decisamente Tony Pulis.