E’ arrivato il momento di salutarci e dire addio. Non sarò il primo a comunicarvi che il Chelsea e Josè Mourinho hanno terminato “di comune accordo” il loro rapporto ma voglio esserci anche io tra chi è sinceramente indignato. Hanno vinto quel branco di “giocatori” svogliati che si trascina in campo con un solo obiettivo: remare contro al proprio allenatore.
Non sono in grado di fare proclami riguardo la nostalgia, la mia età non lo permette e credo che guardare al passato sia deleterio quanto malinconico ma sono cresciuto ascoltando i racconti di giocatori che ancor prima di essere professionisti, erano uomini. In quest’ultimo periodo a Stamford Bridge sono mancati entrambi, professionisti e uomini. L’ha pagata, come sempre, colui che gestisce le pedine “comodamente seduto in prima fila“: sia ben chiaro, non sto difendendo l’operato disastroso di questo avvio di stagione dei Blues, è indifendibile, ma credo che Mou di colpe ne ha molte meno di quelle a lui imputate. Lo sa lo “Special One”. Lo sa Abramovich.
Fare i nomi di chi voleva un cambio alla guida tecnica senza avere prove certe è da infami e ancor prima da vigliacchi ma ammettere che qualcosa sia cambiato nel Chelsea ’15-’16 mi sembra sia consentito e sotto gli occhi di tutti. Ma cosa? L’allenatore? No, di certo. L’approccio della squadra alla partita? Ognuno la pensa come crede, secondo me è così. Non sono arrabbiato, sono frustrato. Cercare di scrivere è veramente difficile, le lettere sulla tastiera diventano ogni secondo più piccole e le mie mani sempre più grandi e pesanti. Non sto pigiando i tasti, li sto schiacciando. Curioso. Lo faccio io con questi pulsanti come i giocatori con Mou e se a me basta cancellare gli errori, al Chelsea è impossibile eliminare questa prima parte di stagione.
E’come trovarsi davanti ad un bivio: da una parte l’incertezza, la strada tortuosa con una meravigliosa vista sull’orizzonte; dall’altra una classica strada cittadina, stretta e lunga giusto il tempo di terminare la seconda metà di stagione. Cosa scegliere? Non amo i luoghi comuni ma il classico “va dove ti porta il cuore” calza a pennello. Chiedetelo a chi riempie lo stadio su quale percorso vuole proseguire. No chance. Nella melma generale, però, la risposta positiva arriva da chi non te la aspetti: i tifosi. I supporters del club londinese si sono totalmente schierati al fianco del tecnico portoghese, pronti a stracciare le maglie dei loro beniamini o meglio di quelli che precedentemente credevano fossero tali.
Io sono un sognatore, a tratti un idealista ed un amante dell’utopia in tutte le sue forme ma pagherei oro per vedere l’intero Stamford Bridge, nella prossima sfida casalinga, fischiare al momento dell’annuncio dei giocatori per poi successivamente alzarsi in piedi ed omaggiare per novanta minuti THE coach, Josè Mourinho. Io lo farò da casa, con la sua sciarpa. Lo Special One lo ha detto senza mezzi termini, “se mi licenzieranno, avranno mandato a casa il miglior allenatore della loro storia“. Arrogante? No, realista: è il tecnico più glorioso della storia del Chelsea, è la bacheca a parlare. Lei parla, noi invece restiamo muti, con la testa bassa e gli occhi fissi sui lacci delle nostre scarpe, c’è poco da aggiungere, il giocattolo si è rotto ed era di porcellana.
Addio Josè, one of us!