José Mourinho non è più l’allenatore del Chelsea. Questa la notizia shock di fine 2015.
Il portoghese lascia per la seconda volta Stamford Bridge, dopo due stagioni e mezzo condite da una Premier League ee una Capital One Cup.
Tornando indietro all’Estate 2013 vediamo Mourinho che nella conferenza di presentazione si ripresenta come “The Happy One” felice di essere ritornato al Chelsea dopo sei anni, e non più “The Special One”, come si autoproclamò la prima volta nel 2004 quando aveva appena vinto la Champions League con il Porto e sentiva il mondo nelle sue mani.
L’esperienza di Madrid chiusa in maniera brusca era già ormai un lontano ricordo e il lusitano colse l’occasione di tornare nel club dov’era da tutti amato e rispettato.
Nell’estate 2013 arrivano alla sua corte giocatori come Eto’o, Willian, Schurrle e nella finestra invernale il club si riprende Nemanja Matic dal Benfica dopo averlo ceduto nel 2010, oltre all’acquisto di Mohammed Salah dal Basilea che si era messo in mostra proprio contro lo stesso Chelsea. Nella finestra di mercato invernale dopo poche e sporadiche apparizioni partono Juan Mata direzione Manchester United e Kevin De Bruyne direzione Wolfsburg.
Mou si trova al suo arrivo forse una rosa non pensata per lui, con molti trequartisti e col difficile compito di fare da ponte tra la sua vecchia e fidata generazione di calciatori, quella con cui aveva vinto tanto, ovvero Cech, Lampard, Terry e Cole, ed una nuova squadra tutta da costruire, molto giovane ma poco avvezza al successo.
Il profilo basso caratterizza tutta la stagione 2013-2014 con lo stesso Mourinho più volte nel ruolo di pompiere alle numerose domande se il suo Chelsea potesse essere già vincente da subito come nella sua prima esperienza londinese. La metafora che divenne famosa fu quella del pony che doveva crescere, bere latte per poi poter saltare e correre con gli altri cavalli nella stagione successiva.
Bisogna dire che la rosa di quell’anno forse è la meno forte che Mourinho abbia mai avuto allenando nell’elite del calcio europeo (escludendo il suo primo Benfica e il piccolo Uniao Leiria).
Nonostante questo, la squadra lotta fino alla penultima giornata per la conquista del campionato ma si deve arrendere ai troppi pareggi e sconfitte contro squadre di basso rango, caratterizzate da avversari che si chiudono a riccio con un Chelsea che non riesce a sfondare per via della poca qualità presente.
In particolar modo è evidente che la mancanza di un bomber di livello costi caro. Né il vecchio Eto’o, né Fernando Torres né, tanto meno, Demba Ba sono una garanzia. Di contro, quel Chelsea domina completamente tutti i big match con le avversarie di simil livello ottenendo cinque vittorie e un pareggio nelle sfide con Arsenal, Liverpool e Manchester City.
In Champions League il Chelsea arriva quasi fino in fondo e dopo un primo scivolone in casa contro il Basilea nel girone vince il suo gruppo e si qualifica da primo per gli ottavi andando a pescare il Galatasaray di Mancini che poi verrà liquidato con un 2-0 al Bridge dopo il pareggio in Turchia.
Nei quarti di finale tocca al Paris Saint-Germain di Laurent Blanc, che fa valere la sua forza vincendo il match di andata con un 3-1 al Parco dei Principi. Al ritorno sarà uno Stamford Bridge delle grandi occasioni quello che assisterà alla rimonta degli uomini di Mourinho che nonostante una squadra rimaneggiata da infortuni e squalifiche si trova a rimontare con un gol di Andre Schurrle prima e poi con la decisiva rete di Demba Ba gettato nella mischia nei minuti finali in una delle remuntade made in Mou.
In semifinale però si scontra con un progetto già fatto e finito, quello dell’Atletico Madrid del Cholo Simeone che dopo uno 0-0 interno in Spagna si va a prendere il biglietto per la finale di Lisbona sconfiggendo gli uomini di Mourinho per 1-3.
Nelle coppe forse meno positivo il cammino con l’eliminazione in casa del City in FA Cup e soprattutto il ko contro il Sunderland nei quarti di Capital One Cup.
E’ chiaro che la squadra ha bisogno di rinforzi e la società agisce di conseguenza riportando a casa dal prestito Thibaut Courtois dallo stesso Atletico Madrid, a cui attinge anche per gli arrivi di Diego Costa e Filipe Luis. A completare le caselle mancanti Loic Remy dal Qpr, Kurt Zouma dal St. Etienne, il ritorno per una stagione del figliol prodigo Didier Drogba e Cesc Fabregas dal Barcelona.
Soprattutto l’arrivo del regista catalano e dell’ariete ispano-brasiliano cambiano completamente il Chelsea che colma quelle lacune che si erano viste nella stagione precedente.
Una campagna acquisti in parte finanziata anche quest’anno dalla grossa cessione di turno, questa volta è il turno di David Luiz che per 50 milioni di euro viene impacchettato e spedito in direzione Parigi.
Il cammino in campionato è trionfale e la Premier League viene letteralmente dominata, chiusa ad 87 punti e con sole due sconfitte, mostrando una squadra con un buon livello di gioco e con una forza fisica differenziale in Premier League. Particolare menzione ad Eden Hazard che a fine anno viene votato come miglior giocatore del campionato e che completa una stagione di altissimo livello che gli vale un nuovo e ricco contratto con la società di Londra.
Successo che viene bissato da quello della Coppa di Lega che vede i Mourinho boys sbarazzarsi prima del Liverpool in una doppia semifinale e poi il Tottenham nella finale di Wembley per 2 reti a 0.
Meno buono il cammino in FA Cup e Champions League dove nella competizione domestica cade a sorpresa in casa col Bradford e in Champions League stavolta subisce la vendetta del Paris Saint Germain che in 10 uomini a Stamford Bridge trova un prezioso 2-2 che gli vale la qualificazione in virtù del pareggio 1-1 in Francia.
Il terzo anno sembra quello propizio per fare un nuovo ulteriore salto di qualità e le premesse sembrano esserci tutte quando ad Agosto la società decide di rinnovare col portoghese allungando il contratto che lo legava precedentemente fino al 2016.
Ma quella che può sembrare la storia di una lieta favola, quella dell’allenatore portoghese felice e vincente nuovamente nel suo club tanto amato finisce qui.
La squadra che aveva chiuso col fiatone nel finale di stagione non viene rinforzata a dovere e l’acquisto di Juan Cuadrado arrivato in Inverno si rivela un fiasco, tanto che il colombiano tornerà in Italia in estate, questa volta alla Juventus.
Il club passa 3 mesi alla ricerca di un centrale difensivo, e la corte spietata a John Stones dell’Everton non ha buon fine. Gli ultimi acquisti dell’era Mourinho-Abramovich saranno: Baba Rahman proveniente dall’Augsburg, la scommessa Falcao in prestito dal Monaco e Pedro dal Barcelona, che come Fabregas era ormai con un piede e mezzo fuori dal club in Catalogna.
Dicono addio due pezzi storici del club con il secondo addio di Didier Drogba direzione Stati Uniti, e non senza rimpianti viene ceduto Petr Cech all’Arsenal rinforzando una diretta rivale per il titolo, o almeno una presunta tale.
La stagione inizia proprio contro gli uomini di Wenger e vede il tecnico alsaziano prendersi la prima vittoria contro il suo grande rivale, in un match che vale il primo trofeo dell’anno, il Community Shield. Si prosegue con la polemica Mourinho-Carneiro con la ex ormai dottoressa del Chelsea che viene allontanata dall’organigramma societario dopo il diverbio con l’allenatore nei minuti finali di un infuocato Chelsea-Swansea.
Le sconfitte si ripetono a pioggia e tra il 3-0 della seconda giornata con il Manchester City e il 2-1 contro il Leicester di Ranieri lo scorso lunedì arrivano altre 9 sconfitte, di cui 8 in campionato che vedono il Chelsea a ridosso della zona retrocessione, in una delle peggiori difese del titolo che si ricordi.
Unica nota positiva forse il passaggio del turno nel girone di Champions League con la decisiva vittoria contro la sua ex squadra il Porto che ha messo il Chelsea negli ottavi della massima competizione europea.
Cos’è successo in questi mesi per rendere una squadra come quella dell’anno scorso un team che vede molto più vicino la retrocessione che le zone europee. Difficile da dirsi. Si parla di incomprensioni nello spogliatoio con i vari Hazard, Fabregas e Diego Costa. Sicuramente i mancati acquisti per rinfrescare la rosa hanno fatto il suo con giocatori del calibro di John Terry e Branislav Ivanovic che hanno dato segni di ossidamento, ma abbiamo visto lo stesso Special One intestardirsi in alcune scelte di difficile comprensione e nonostante il sostegno della stragrande maggioranza della tifoseria non è riuscito ad invertire la tendenza. É di poche ore fa la notizia della risoluzione consensuale del contratto che lega il tecnico alla società inglese.
Si può dire senza dubbio che nonostante i due titoli ottenuti, questa sia l’avventura meno positiva del portoghese, ancor di più rispetto al Real Madrid dove comunque arrivò a vincere tutti i trofei in Spagna, riportando una Coppa nazionale dopo 20 anni, e conquistando una Liga a suon di record con 100 punti e 121 gol nello stesso campionato del Barcelona di Guardiola considerato a detta di tutti una delle squadre più forti della storia.
E rispetto alla prima esperienza cos’è cambiato? Bé sicuramente un Chelsea meno spendaccione rispetto al periodo 2004-2007 in cui Abramovich si poteva dire fosse l’unico “squalo” del mercato mentre ora non solo abbiamo le proprietà sceicche di Manchester City e Paris Saint Germain ma anche Bayern Monaco, Barcelona e Real Madrid in questi anni non sono state da meno per la costruzione di rose stellari.
Abbiamo visto un Mourinho parlare molto di come la società stesse lavorando bene in funzione del Fair Play Finanziario, di come tra cessioni eccellenti e sponsor, i conti stessero andando in ordine e il club fosse contento di questo.
Ma come sappiamo nel calcio di questi tempi difficilmente si vince soltanto con i conti in regola, ancor di più in una Premier League come quella di quest’anno dove anche le piccole realtà hanno tanti soldi da poter spendere per via del nuovo contratto televisivo che ha reso la Premier ancora più ricca.
Il manager più vincente della storia del CFC come lui stesso si era definito abbandona per la seconda e forse ultima volta il club e lascia in dote 3 Premier League, 3 Capital One Cup, 1 FA Cup e 1 Community Shield.
E ora? C’è ovviamente molta curiosità sul nome del nuovo allenatore del Chelsea e sulla nuova destinazione dello Special One. Francia? Germania? Un ritorno in Italia o in Spagna?
Chi vivrà vedrà.