Come cambiano le cose nel giro di pochi mesi: a maggio, al termine di una Bundesliga decisamente avvincente in chiave salvezza, l’Hertha Berlino esultò per la permanenza in massima serie solo grazie al mancato successo del Friburgo sull’Hannover, che evitò all’Alte Dame di giocarsi il Relegationsspiele contro il Karlsruher, lasciando la pericolosissima appendice di fine stagione ad un’altra nobile del calcio teutonico, l‘Amburgo. Dopo poco più di sei mesi, tutto sembra essere cambiato. L’Hertha, la Vecchia Signora del calcio tedesco, sogna ad occhi aperti l’accesso alla Champions League, grazie ad un avvio di stagione che l’ha portata addirittura al quarto posto in classifica, grazie, soprattutto, ad un rendimento interno sfolgorante, con sedici punti raccolti su ventuno disponibili.
DA FAVRE A DARDAI – Era da diverso tempo che i tifosi capitolini non vivevano un momento così esaltante. L’ultima volta che la loro squadra ha sfiorato la qualificazione alla “coppa dalle grandi orecchie” correva l’anno 2009, stagione folle per il calcio tedesco, conclusasi col trionfo del Wolfsburg in Bundesliga. L’Alte Dame arrivò quarta, ad un solo punto dallo Stoccarda, che ottenne la qualificazione ai preliminari di Champions. Erano altri tempi: la Bundesliga, all’epoca, qualificava solo tre squadre alla massima competizione europea; il Borussia Dortmund di Klopp era ancora in fase embrionale, lontano dalle posizioni di vertice; la Nationalmannschaft di Loew, fresca del secondo posto ottenuto agli europei austro-svizzeri, iniziava la sua lunga scalata verso la conquista del mondo, ottenuta solo sei anni più tardi. Le stelle di quell’Hertha, guidata in panchina da Lucien Favre, erano Cicero, Raffael, Voronin e Pantelic, mentre un giovane polacco, goffo e dal futuro apparentemente privo di soddisfazioni, ricopriva il ruolo di riserva: Lukasz Piszczek, terzino destro che poi, negli anni successivi, ha fatto le fortune del Dortmund di Klopp. Ma allora, come oggi, c’è una persona che fa da raccordo fra l’Hertha che fu e quello attuale: Pal Dardai, ieri centrocampista di sostanza, oggi allenatore dei berlinesi.
DIFESA D’ACCIAIO – Ed è proprio il tecnico magiaro il fautore dei successi odierni della squadra della capitale. Arrivato lo scorso anno al posto di Luhukay, autore – due anni prima – di una promozione in pompa magna dalla Zweite Liga, Dardai è riuscito ad evitare la terza retrocessione in cadetteria negli ultimi sei anni, che sarebbe costata decisamente cara alle casse societarie. Il mercato estivo dell’estate 2014, infatti, era stato particolarmente dispendioso, con l’arrivo di alcuni giocatori importanti come Kalou, Schieber, Beerens, Skjelbred e Stocker. Retrocedere, quindi, sarebbe stato un vero e proprio disastro a livello finanziario. Ma il magiaro è riuscito a portare a termine il proprio compito e si è meritato la conferma sulla panchina dell’Alte Dame. E oggi, grazie anche al fatto di aver guidato la squadra sin dal ritiro estivo, raccoglie i frutti del suo lavoro. L’Hertha è diventata solida dietro (quarta miglior difesa della Bundesliga), invertendo il trend dell’anno scorso, che la vedeva come una delle squadre maggiormente perforabili dai reparti avanzati avversari. Qualche goal in più forse non guasterebbe, ma l’ungherese, memore della passata stagione, ha pensato innanzitutto a dare solidità al reparto arretrato, elemento indispensabile per evitare un altro campionato di sofferenza nelle parti basse della classifica.
LA RINASCITA DI SALOMON E VEDAD – Nonostante la priorità sia “primo non prenderle“, Dardai ha anche il grande merito di aver rigenerato due attaccanti che, solo lo scorso anno, sembravano aver perso lo smalto dei bei tempi: Salomon Kalou e Vedad Ibisevic. Entrambi, infatti, vantano un’invidiabile media-gol di una rete ogni due partite, ma soprattutto hanno dato chiari ed inequivocabili segnali di rinascita. L’esempio più eclatante è senza dubbio quello di Ibisevic, che lo scorso anno, a Stoccarda, è stato criticato e fatto oggetto di scherno da parte dei propri tifosi per il lauto stipendio percepito (3 milioni) e la scarsa vena realizzativa. Il bosniaco, quest’anno, ha già segnato quattro reti in otto partite, anche se si è macchiato di un brutto gesto che gli è costato quattro giornate di squalifica. Decisamente positivo anche il ruolino di marcia di Kalou, a segno sette volte in quattordici partite. L’ivoriano, oltretutto, ha elogiato pubblicamente il proprio tecnico:”E’ una persona dal carattere forte ed estremamente onesta, ti dice sempre la verità, anche se dura. Inoltre, è un ottimo motivatore e riesce sempre a spingere i giocatori a dare il meglio di loro stessi“. La prossima missione di Dardai è quella di invertire il trend contro le cosiddette big: al di là del successo contro il Leverkusen nell’ultimo turno (ottenuto in superiorità numerica per trequarti del match), l’Hertha ha sempre perso contro le squadre più blasonate della Bundesliga (Bayern, Borussia Dtm, Wolfsburg e Schalke).
DI NECESSITA’ VIRTU’ – Eppure, ad inizio stagione, l’Hertha era avvolto dai dubbi di un calciomercato estivo poco scintillante. Il d.s. Micheal Preetz (un uomo restato nella storia per aver venduto Lassogga all’Amburgo per la mirabolante cifra di 10 milioni), costretto a tenere sotto controllo i cordoni della borsa, ha dovuto fare di necessità virtù, senza poter ripetere la campagna acquisti della precedente stagione. Ma come spesso capita, quando mancano i soldi bisogna lavorare con la testa. E a Berlino, quest’estate, i dirigenti dell’Alte Dame hanno ragionato decisamente bene. Arrivato Weiser a parametro zero dal Bayern (fra i migliori centrocampisti di questa primo scorcio di Bundesliga), e Ibisevic in prestito dallo Stoccarda (con una parte dell’ingaggio a carico del club biancorosso), gli unici acquisti che hanno comportato un esborso economico sono stati quelli di Stark (Norimberga, Zweite Liga) e Darida (dal retrocesso Friburgo). Ed è proprio quest’ultimo uno dei segreti dalla squadra di Dardai. Il giocatore ceco è diventato l’anima e il polmone d’acciaio della squadra, come testimoniano i 193 km. percorsi in quindici incontri, una media di quasi 13 km. a partita, la più alta dell’intera Bundesliga. Ma chi pensa che Darida sia solo corsa e cuore, si sbaglia. L’ex calciatore del Friburgo, infatti, ha già realizzato due goal e due assist-vincenti, oltre ad avere un’invidiabile percentuale di passaggi perfetti completati (70%).
SOGNARE NON COSTA NULLA – L’ultima qualificazione dell’Hertha alla Champions League risale al 1999. Quella squadra, come molti ricorderanno, non superò la fase a gironi, inclusa in un raggruppamento in cui faceva parte anche il Milan. Oggi, in tutta franchezza, è difficile immaginare l’Alte Dame quarta al termine della Bundesliga: troppe le squadre più forti e maggiormente attrezzate per centrare il prestigioso piazzamento europeo; inoltre, la classifica è decisamente corta ed ha consentito – ad esempio – che una squadra come il Gladbach passasse dall’ultimo posto al terzo nello spazio di dieci giornate. Ma sognare non costa nulla. Specie per chi, ogni domenica, può ammirare la propria squadra in un impianto da sogno come l’Olympiastadion…..