Dovremmo esserci abituati ormai ma le squadre di Marcelino subiscono una giostra di alti e bassi particolarmente evidente. Nella passata stagione ad esempio, il Villarreal inaugurò ottobre inanellando quattro vittorie consecutive, salvo poi far registrare tre sconfitte, e quindi ricominciare una marcia a passo spedito per quasi tre mesi totalizzando diciotto risultati utili, mentre tra marzo e maggio dimenticò il sapore della vittoria per undici gare di fila. Si passò dai problemi di identità prima della pausa di novembre all’esaltazione natalizia in poche settimane. Sembra un po’ quello che sta succedendo adesso: dopo l’euforia della vetta della classifica la squadra ha racimolato un misero punto contro Levante, Celta e Las Palmas, e ora dovrà affrontare Siviglia e Barcellona una dietro l’altra. E proprio in ottica calendario il pareggio di ieri fa ancora più male.
Si è parlato molto delle pessime condizioni del campo di Gran Canaria, ma si tratta di un palliativo buono solo per chi vuole continuare a nascondere gli evidenti limiti di una squadra che fatica a fare il salto di qualità. Sullo stesso campo sono uscite con i tre punti sia Rayo Vallecano che Eibar, e in caso di vittoria del campo si sarebbe parlato poco e niente. La gara di ieri ha ricordato la trasferta contro il Levante in termini di gioco espresso dal Sottomarino giallo: inesistente. E già allora era evidente quali fossero i problemi di questa squadra che ormai continua a inciampare su tre insormontabili ostacoli: l’incapacità di espugnare i campi di bassa classifica, l’incapacità di portare a casa un buon numero di vittorie negli scontri di vertice e la fragilità degli ultimi minuti di gara. Se si risolvessero due di questi tre problemi il Villarreal di Marcelino entrerebbe tra le prime quattro, ma come la classifica degli ultimi anni ci ha insegnato mancano ancora tra i quindici e i venti punti per riuscirci.
I numeri parlano più chiaro di qualsiasi altra sensazione, e non si può far altro che aggiornarli. Nell’anno solare il Submarino amarillo ha vinto sole quattro trasferte su ventidue tentativi, ma solo due di queste sono arrivate in campionato. Anzi le vittorie a Granada e Málaga sono arrivate proprio in questa stagione, ma la squadra continua a ciccare i campi di bassa classifica: ha già giocate due volte nello stadio del fanalino di coda perdendo col Levante e pareggiando col Las Palmas, e mancando i tre punti anche a Siviglia col Betis. A tal proposito è bene ricordare come l’anno scorso si vinse solo a La Coruña tra le squadre che a fine anno si classificarono negli ultimi cinque posti. Sarà importante perciò cercare di vincere la prossima gara contro il Siviglia, contro cui è uscito sconfitto quattro volte su quattro nella scorsa stagione. A fine anno ricordammo il terribile tabellino di Marcelino contro le formazioni che a fine anno gli sono arrivate sopra in classifica: nove punti su sessantatre a disposizione in due anni e mezzo su questa panchina, ovvero una vittoria con l’Atlètico Madrid (replicata quest’anno), sei pareggi, e tredici sconfitte.
L’allenatore asturiano continua imperterrito con il suo imperante turn-over, già denominato «necessario e imprescindibile». E questa settimana è tornato sul discorso – anche perché i giornalisti continuano a volerne sapere di più – spiegando come abbia a che fare tanto con la prestazione quanto con la prevenzione degli infortuni. «Crediamo che schierando ripetutamente un calciatore ne staremmo diminuendo il suo rendimento e contemporaneamente propiziandone un infortunio.» ha spiegato Marcelino «Secondo i nostri dati, raccolti in due anni, quando mettiamo un giocatore in quattro gare consecutive nell’arco di dieci giorni, molto probabilmente subirà un infortunio. Sono fatti. E perciò il corpo tecnico deve cercare di evitare questa evenienza». Chiaro, lineare, semplice. Ragion per cui chi spera di vedere un undici più stabile non potrà fare altro che limitarsi a sperare in un turn-over meno ampio. Ma che i risultati non siano diretta emanazione di questa scelte è difficile crederlo.