Hanno festeggiato un po’ ovunque: in Albania, ovvio, sotto una pioggia incessante da Nord a Sud. Ma anche nelle terre dove si parla soprattutto l’albanese: in Kosovo, in alcuni villaggi del sud della Serbia, in mezza Macedonia. Persino in Italia in piazza Duomo a Milano, in Toscana, in Svizzera, in Belgio e in Francia. Tutti a esultare per la Nazionale dell’Aquila a due teste che, per la prima volta nella sua storia, accede a una competizione internazionale, gli Europei di calcio 2016 che si disputeranno in Francia. A portare l’Albania a Euro 2016 è stata soprattutto la formazione. Mai vista una composizione così “internazionale”: sono pochi i calciatori che militano nel campionato albanese, quasi tutti giocano all’estero, soprattutto in Italia, Svizzera, Francia e Turchia. L’allenatore Gianni De Biasi è commissario tecnico della Nazionale albanese dal 14 dicembre 2011. Si è trovato a dover rifare una squadra. L’ex allenatore dell’Udinese e del Torino è ormai considerato un eroe nazionale, tanto da meritarsi una laurea ad honorem e pure la cittadinanza albanese.
L’unico nodo, ora, è quello del futuro sulla panchina albanese: il ct ha chiesto un rialzo della cifra d’ingaggio, “2-3 milioni di euro possono andare bene”, ha spiegato ai media locali. Bisogna ricordare anche che l’Albania non è quella di una volta, le infrastrutture sportive sono cambiate e il suo calcio somiglia di più a quello europeo. Lo dimostra anche il piccolo successo dello Skenderbeu, formazione locale arrivata in Europa League. Non mancano però i difetti: a partire da quello di avere, per ora, un solo stadio abilitato per le competizioni internazionali di massimo livello. Certo, l’impresa è frutto anche, non va dimenticato, dell’allargamento del format del torneo continentale, dal 2016 a 24 squadre. Ecco perché l’anno prossimo in Francia ci saranno quelle che un tempo erano “cenerentole” come appunto l’Albania, e come Islanda, Irlanda del Nord e Galles, tutte intenzionate a dimostrare, l’estate prossima, che non si è trattato di un fuoco di paglia.
Oggi è davvero una Grande Albania. E stavolta il revanscismo non c’entra.