Siamo giunti finalmente alla conclusione del calciomercato estivo del 2015, una sessione che verrà ricordata in particolar modo per gli ultimi giorni e le folli spese effettuate. Da cinque anni a questa parte il GAP fra le squadre ricche e la rimanente massa, sta aumentando vertiginosamente.
Un elemento in particolare sta compromettendo gli equilibri economici nel calcio europeo: ovvero il momentaneo blocco al Fair Play Finanziario decretato dal tribunale di Bruxelles. Ancora una volta, è ancora l’avvocato Dupont, lo stesso della sentenza Bosman a rendersi protagonista di una svolta in negativo per il calcio europeo. Il che ha permesso ai petroldollari di Manchester City e PSG di dilagare a proprio piacimento sul mercato. Le differenze fra la sessione della scorsa estate e quella attuale sono evidenti: i citizens nell’estate 14/15 immettono “solamente” 64 milioni di euro nel mercato a fronte di 34 milioni di cessioni e un passivo totale di -30 milioni, in pieno regime FPF. Discorso completamente opposto nella sessione appena conclusa: acquisti per 204 milioni e cessioni per 68, per un passivo di -136 milioni.
Non fa alcuna differenza il PSG: bloccato la scorsa sessione dall’acquisto del solo David Luiz (49 milioni), quest’anno i parigini si sono scatenati facendo registrare un passivo da ben 99 milioni di euro.
L’ingresso dei capitali orientali, ha cambiato radicalmente il calcio europeo: lo spartiacque è la stagione 2007/2008, ovvero prima dell’ingresso degli sceicchi del Manchester City nel calcio europeo: in quell’estate gli acquisti che superavano la fatidica cifra dei 30 milioni furono solamente quattro (Torres, Pepe, Anderson e Robben) di cui il più caro fu quello effettuato dal Liverpool (35 mln). Ad oggi tale cifra che allora era riservata ai top player, è stata ampliamente superata dai nuovi standard: sono ben 20 gli acquisti della stagione 15/16 sopra i 30 milioni di euro, il più caro De Bruyne (guarda caso al Manchester City) per 75 milioni. Si è alzato il livello delle competizioni rispetto a otto anni fa? O semplicemente si tende a sopravvalutare enormemente i giocatori per battere una concorrenza che si fa sempre più spietata?
Fra questi 20 acquisti possiamo osservare delle valutazioni totalmente sballate. Per citarne alcuni: Sterling 62,5 milioni di euro, Kondogbia 30 mln, Martial 50 mln più bonus. Tutti buoni giocatori che devono dimostrare ancora di avere la stoffa del fuoriclasse e che, a dirla tutta, non valgono nemmeno la metà di quello che sono stati pagati. Una breve analisi sulle statistiche del francese prelevato nell’ultimo giorno di mercato dal Manchester United: con la maglia del Monaco ha collezionato 68 presenze siglando 15 gol, numeri che indicano chiaramente come il giocatore non sia in grado di cambiare volto a una squadra.
In tale contesto fanno una silenziosa festa procuratori e fondi di investimento: ancora una volta il premio come miglior agente va a Jorge Mendes, artefice di tutte le ricchissime operazioni in uscita che hanno coinvolto il Monaco per un totale di 135 milioni di euro. Non solo, l’agente portoghese è riuscito ancora una volta a piazzare Falcao in prestito, merita inoltre una menzione il caso Di Maria, l’argentino ha fatto registrare trasferimenti per 140 milioni di euro in sole due stagioni. Agiscono indisturbate anche le TPO nonostante il veto della FIFA, in quanto le terze parti si sono insinuate nelle quote societarie dei club: l’anno scorso la Doyen ha finanziato l’acquisto del Valencia da parte di Peter Lim, mentre quest’anno, fra il silenzio della stampa, il fondo ha stretto una collaborazione con il Milan; partnership che deve portare ancora i suoi frutti, infatti il ruolo del CEO Neilo Lucas sembra essersi ridimensionato dopo i fallimenti nelle trattative relative a Jackson Martinez e a Kondogbia. Eppure la Doyen continua ad orchestrare le proprie trame nel mercato portoghese, come se la circolare FIFA del primo maggio non fosse mai entrata in vigore, giostrando a proprio piacimenti i giocatori fra le varie squadre a livello nazionale, o in direzione della Liga spagnola.
Le conseguenze di questo mercato da Far West possono essere molto drastiche: la crescita delle spese non sembra conoscere un rallentamento, l’unico modo per poter competere è quello di alzare la posta in gioco con il conseguente rischio di un crack economico se il club non riesce a raggiungere gli obiettivi prefissati. L’aumento dei costi è direttamente proporzionale ai debiti, creando così un territorio fertile per i fondi di investimento e per gli squali della finanza. L’unica soluzione attualmente auspicabile è quella di reintegrare un Fair Play Finanziario decisamente più rigido, che non faccia distinzioni sociali e che punisca senza remore anche i piani alti della nobiltà calcistica.