Quando penso alla nazionale di calcio messicana mi viene in mente uno dei numerosi aneddoti di Ryszard Kaupuscinski nel suo: “La prima guerra del football e altre guerre di poveri”.
“Andare allo stadio può anche costare la vita. Quando il Messico perde con il Perù per uno a due, un tifoso amareggiato grida ‘Viva Mexico’. Pochi attimi dopo muore massacrato dalla folla. Talvolta le emozioni scatenate trovano altre vie di sfogo, dopo la partita con cui il Messico batte il Belgio per due a zero, Augusto Mariaga, il direttore del penitenziario per ergastolani di Chilpancingo, impazzito dalla gioia si mette a correre con la pistola in mano, spara in aria e al grido di ‘Viva Mexico!’, apre le celle liberando centoquarantadue pericolosi criminali. Il tribunale lo assolve ‘per aver agito’, recita la motivazione della sentenza, ‘in preda a un Raptus patriottico’.”
Ogni mattina il Messico si sveglia e conta i morti, cadaveri lasciati a marcire in strada che portano con se un messaggio. Quello dei killer, spesso e volentieri appartenenti a uno dei sei cartelli, ma il significato di fondo è sempre lo stesso. Qua la speranza è fioca.
In Messico il calcio è importante, spesso è una questione di vita o di morte, chi riesce a imporsi con un pallone fra i piedi, a elevarsi con il suo talento, può osservare il mondo oltre il concetto della mera sopravvivenza e dell’estenuante lotta per non soccombere. Per tutti gli altri, i risultati della nazionale divengono una delle poche gioie che può arrecare la vita.
Anche l’ultima Gold Cup ha messo in mostra tutta la disperazione del Messico. Il Ct Herrera è stato esonerato dopo aver colpito al collo il giornalista Christian Martinolo, il quale ha criticato duramente il ct all’aeroporto di Philadelphia, per il gioco espresso nella competizione a discapito della vittoria finale. E come dare torto al collega messicano dopo il vergognoso spettacolo della semifinale contro il Panama, nella quale l’arbitro ha concesso uno dei rigori più dubbi della storia del calcio. Persino in questo sport che anima il paese e il suo popolo è difficile trovare una nota allietante. La federazione messicano ha motivato l’esonero in quanto “Il comportamento di Herrera non rispecchia i valori del Messico”. Ma quali valori può trasmettere una federazione dilaniata dalla corruzione??
Una delle immagini che meglio raffigura il Messico è il dipinto realizzato dall’artista contemporaneo Yescka: L’Ultima cena.
Le massime autorità dello stato messicano siedono al tavolo del Cartello della droga raffigurato al centro del tavolo con un fucile in mano. Sulla destra, di spalle è presente una prostituta, ovvero il Messico stesso che ha venduto la propria dignità e la propria libertà.
Quando penso al Messico mi vengono in mente i Narcos, la dilagante corruzione della classe politica. Penso a Madre Muerte, divinità protettrice di tutto quello che vi è di male. Mi vengono in mente i Mariachi, la loro musica popolare a tratti così spensierata e intrisa di una allegria tragicomica che accompagna i momenti più importanti della vita dei messicani: dai matrimoni ai funerali. Si tratta del suono più emblematico di tutto il Messico, che tocca il cuore dei suoi ascoltatori, evocando la storia, la malinconia e la felicità di questo grande paese.
Eppure qualcosa si muove, i cambiamenti nel Messico partono da Guadalajara, metropoli nella quale l’innovazione e le grandi edificazioni moderne si amalgamano alla storia e all’antica architettura della città. Il simbolo e il desiderio dell’intera nazione messicana risiede nella statua situata a Plaza de la Liberacion, dedicata a Miguel Hidalgo, rappresentato mentre tiene una catena spezzata in mano, a simboleggiare l’abolizione della schiavitù.
Guadalajara è l’epicentro delle rivoluzioni culturali e sportive del Messico, patria dei Mariachi e della tequila, dei grandi calciatori del passato e del presente della nazionale. Patria dell’innovativo jazz messicano conosciuto con i Troker. Il movimento jazz è ancora circoscritto a se stesso, pochi sono i musicisti che si sono esibiti al di fuori dei confini, eppure è una realtà in fermento, con un aumento dei musicisti e dei gruppi in attività e l’organizzazione annuale di un festival proprio a Guadalajara. E’ uno dei pochissimi movimenti che si districa dalla precarietà e dall’apparente tristezza che arreca il Messico. Gruppi come Sacbe, Los Dorados, El Quinto Elemento, Craneo de Jade,e Muna Azul hanno il potenziale per diventare artisti globali e far conoscere la propria musica al resto del mondo.
In tale contesto sociale, nel 2003, nascono i Troker, band free jazz che ha dato una scossa di innovamento nel panorama musicale del Messico, riuscendo ad armonizzare ritmi jazz all’hip pop, al rock e alla musica mariachi,una formazione atipica, Arturo “Tiburòn” Santillanes, sax – Gilberto Cervantes, tromba – Christian Jiménez, pianoforte – Samo Gonzàlez, basso elettrico, contrabbasso – Frankle Mares, batteria – Humberto “DJZero” Lòpez , turntables. Esatto, proprio un dj che riesce a incanalare suoni così diversi in un mix unico nel suo genere, lo squillare dei fiati accompagnato dallo skretch sul vinile è l’estasi della musica.
Un mix fra dj e jazz che risale agli anni ’90 con DJ Shadow nel suo album d’esordio “Entruducing”, in particolare nel sublime brano di chiusura “What Does your soul looks like”, anche se in questo caso parliamo di una sonorità jazz più classica e soffusa. L’importanza dei Troker è stata quella di aver dato l’imput per una importante rivoluzione elettronica nel panorama jazz messicano, un po’ come fece il leggendario Miles Davis.
La band impegnata nel ClaroScuro tour si è esibita in Italia per la prima volta, a Catania, e nella piccola località di Acqualagna per l’oramai irrinunciabile rassegna di Fano Jazz giunto alla sua 23ma edizione. I Troker hanno vinto il premio come miglior album indipendente IMAS 2010 Jazz / Fusion, e vantano ben 7 tour internazionali attraverso l’America Latina, Stati Uniti ed Europa, dove si sono esibiti al Glastonbury Festival nel 2013 e al Wonnex e Jazzahead nel 2015. Il loro concerto è stato un mix esplosivo di suoni che hanno letteralmente incantato il pubblico, è stato come bersi una fila di tequile per l’energia scaturita dai loro strumenti.
“Il rigore contro Panama è un episodio controverso” A parlare è Arturo Santillanes dopo il concerto, si siede sul prato con il resto della band assieme al pubblico. Il suo sguardo trasuda felicità per quello che i Troker sono riusciti a trasmettere, cela un poco di stupore data l’inattesa domanda sulla sua nazionale:
“Quel rigore ha creato molte polemiche, ma le cose si riequilibrano, negli ultimi due mondiali il Messico ha subito delle ingiustizie soprattutto contro l’Olanda con il rigore concesso a Robben. Mi dispiace per questo episodio che non getta una buona immagine sul nostro calcio che ha gravi problemi di corruzione.” Poi con un sorriso ricorda il passato: “E’ stato bello il mondiale dell’Italia in Messico nel ’70, peccato per quella finale persa”
Guadalajara è stata anche la patria di alcuni dei più grandi giocatori della nazionale azteca, da Claudio Suarez, detentore del record di presenze con la tricolor, a Guardado e Ochoa, i simboli del gruppo che ha appena alzato al cielo la sua decima Gold Cup. Il loro modo di intendere il calcio ha elevato il Messico a una delle nazionali più interessanti del panorama mondiale, che da anni cerca di emergere per poter raggiungere quei quarti di finale della coppa del Mondo che mancano dall’edizione casalinga dell’86’.
L’ultimo tentativo è sfumato a pochi minuti dal termine contro l’Olanda di Van Gaal, a causa di un rigore generoso concesso agli oranje all’ultimo secondo, sul quale Ochoa, non ha potuto nulla, vedendo vanificato così il sogno di poter diventare un eroe nazionale. Si può pensare, come sostiene Arturo, che il rigore della semifinale contro il Panama sia un un compenso per quel traguardo mai più raggiunto dopo l’edizione casalinga dell’86.
Il Messio può emergere, ha il potenziale per farlo, con Guardado, capocannoniere della Gold Cup, con la saracinesca Ochoa, con i Troker, che possono conferire un’altra immagine di uno dei paesi nonostante tutto, fra i più belli e antichi del mondo. Da Guadalajara può emergere un altro volto che possa far gridare con sincerità e senza false ironie…. “Viva Mexico”