Chi è Mariano Barbosa, l’anti-eroe con la valigia sempre pronta

Mariano Damián Barbosa è stato il portiere che ha difeso i pali del Villarreal nel momento più importante della sua storia quasi centenaria: nelle semifinali di Champions League 2005/06 contro l’Arsenal. Ma a dispetto di questo aneddoto la sua carriera, ormai arrivata nella sua fase calante, è stata caratterizzata da molti bassi e pochi alti. Sicuramente un buon portiere, sopravvalutato da molti club, che ha trovato la sua dimensione in campionati minori. Ma per ripercorrere la sua storia dobbiamo immergerci nella Gran Buenos Aires, la conurbazione periferica della capitale argentina, dove il confine tra città, periferia e provincia è più labile che in qualsiasi altro posto al mondo. Nato a Lanús, ha mosso i primi passi nella Sociedad de Fomento ‘Luz y Fuerza’ del Barrio Sitra, comunemente conosciuto come Club Sitra. Una distesa di terriccio interrotta da due porte, e un rettangolo di calcio a sette incastonato tra i bassi capannoni di cemento costruiti sulla linea laterale, nient’altro. Anche Mariano, come molti altri portieri, ha iniziato come giocatore di movimento, prima punta, e anche lui (come ad esempio Alphonse Areola) ha dovuto sostituire un portiere assente, per scoprire il gatto che era in lui.
A diciassette anni il grande salto nel settore giovanile del Banfield, grazie a Ubaldo Fillol, portiere dell’Argentina campione del mondo nel ’78 e forse il migliore nel suo ruolo nella storia del calcio sudamericano. Lo aveva già visto qualche anno prima quando allenava la selezione under-15, e appena ne ha avuto la possibilità lo ha portato con sé. Qui conosce Iván Moreno y Fabianesi, un centrocampista di madre argentina e padre spagnolo, soprannominato el torero perché festeggia i gol ricordando uno dei simboli della sua terra d’origine. Tra l’altro dopo pochi mesi Ivan verrà acquistato proprio dal Villarreal, dove però non avrà molta fortuna non riuscendo mai a debuttare con i grandi. Comunque dopo un anno di rodaggio Luis Garisto, tecnico del Banfield, lo chiama in prima squadra nell’estate del 2002, gli serve un secondo da affiancare a Cristian Lucchetti.
La promozione arriverà appena dodici mesi più tardi quando Garisto lascerà il club e Lucchetti verrà venduto in Messico, ma soprattutto le sue prestazioni con l’under-20 convincono Julio Falcioni a lanciarlo in Primera División. Anche lui ex-portiere, sarà colui che pochi anni più tardi porterà il Banfield sul tetto dell’Argentna per la prima volta in più di un secolo di storia. Durante il primo ciclo l’Emperador chiede un ragazzo che sta facendo bene all’Huracán, si chiama Rodrigo Palacio e lascerà il segno. Il Taladra, ovvero il trapano, com’è soprannominato il club, ottiene subito risultati eccezionali piazzando un secondo e un terzo posto e qualificandosi per la Copa Libertadores, competizione nella quale verrà eliminato solo ai quarti di finale dal River Plate di Marcelo Salas. Ma tanto basta al Villarreal per investire due milioni di euro su di lui. Durante il Mondiale under-20, in cui è stato convocato il suo compagno Gabriel Paletta, che si laureerà campione (Mariano è già 21enne), firma contratto con il Submarino amarillo e parte per l’Europa. Pepe Reina è appena stato ceduto al Liverpool e la dirigenza grogueta ha investito su due giovani: l’uruguagio Sebastián Viera e lui.
Ma fin da subito Manuel Pellegrini punta sul suo compagno di reparto. Barbosa gioca nei preliminari di Champions League contro l’Everton solo perché Viera è indisponibile, e anche quando il tecnico cileno è costretto a schierarlo in campo consecutivamente – tra ottobre e novembre 2005 gioca cinque gare, tra cui quella col Manchester United, senza subire nemmeno una rete – le sue prestazioni non gli fanno cambiare idea. Si ritroverà così a disputare le storiche semifinali contro l’Arsenal, apogeo della sua carriera e della storia del club, solo per indisponibilità del titolare. E comunque anche in questo caso si comporterà bene subendo un solo gol in centottanta minuti. Le cose vanno ancora peggio l’anno successivo quando nelle saltuarie uscite concessegli dall’Ingeniero risponde con prestazioni in calando, memorabile la gara casalinga contro l’Osasuna, quando il Sottomarino affonda per uno a quattro, anche a causa di un suo errore.
Dopo due anni nella Plana Baixa Barbosa prepara le valigie e cambia aria. Va ad accasarsi al Recreativo Huelva, all’epoca in massima serie, e società dallo stretto legame col Sottomarino giallo. Non a caso sono arrivati prestito proprio dalla cittadina castellonense sia Martín Cáceres, giovane difensore uruguaiano appena prelevato dal Defensor per due milioni ma che verrà ceduto un anno più tardi al Barcellona per sedici, sia Marco Rubén, appena arrivato da Buenos Aires e mandato anche lui a farsi le ossa. Ma nemmeno in Andalusia la carriera di Barbosa riuscirà a risollevarsi. Sia Vícotr Muñoz, altra conoscenza amarilla, che Zambrano, i due tecnici che si susseguiranno sulla panchina del Recre, punteranno su Stefano Sorrentino. Così, come spesso accade alle promesse non mantenute, decide di tornare in patria per ritrovare la fiducia di cui ha bisogno per poter tornare a giocare titolare.
La scelta ricade sull’Estudiantes La Plata e il motivo è molto semplice: Mariano Andújar sta per essere ceduto in Europa e perciò potrà editare il suo posto. Ma le cose ancora una volta si mettono nel verso sbagliato: il club non trova l’intesa economica per il trasferimento e l’accordo salta. Mariano Barbosa dovrà accomodarsi ancora una volta in panchina. Poi il Torneo di Apertura 2008 vede la squadra di Juan Sebastián Verón (nella quale debuttano giovani di sicuro avvenire quali Federico Fernández e Marcos Rojo) arrivare fino alla finale di Copa Sudamericana. Cammino che consolida sempre più la posizione di Andújar, tanto più che all’unica presenza di Barbosa l’Estudiantes ne incassa cinque. Ma la valigia è già pronta, si riparte. Nel Clausura 2009 il River Plate lo prende in prestito, la partenza di Carrizo ha lasciato un buco fra i pali che implora un erede. Condivide lo spogliatoio con Musacchio e Radamel Falcao, e l’approdo in una realtà così importante gli infonde rinnovata fiducia. Appena arrivato precisa che non è più il portiere inesperto che scappò in Spagna: «poco tempo fa ho provato la maglia che usai al Villarreal e i polsini mi arrivano ai gomiti!». Ma nessun buon auspicio rallenta la sua caduta libera: pur senza concorrenza non riesce a guadagnarsi il posto da titolare neanche qui.
Così emigra in Messico all’Atlas di Guadalajara, dove nessuna fama può precederlo. E qui ritrova finalmente la continuità di cui aveva bisogno, si conquista la maglia numero uno e non la lascia più. Ma tutto quel che ha un inizio ha anche una fine. L’incanto inizia a creparsi il 31 gennaio 2010 quando, dopo un’ottima gara conclusa con un’espulsione, ha un battibecco con Gustavo de Lima, dirigente dei rivali del Santos Laguna, che lo intima ad accelerare la sua uscita verso gli spogliatoi, al che Mariano sembrerebbe rispondergli: «la concha de tu madre, te voy a matar», e scatta la minaccia di morte. L’indagine della Femexfut, la Federcalcio messicana, si conclude con una colpevolezza da scontare con una multa. Le sue prestazioni iniziano a peggiorare, tanto che alcuni suoi compagni sono costretti a difenderlo pubblicamente, tra cui Fabricio Fuentes, giunto a gennaio proprio da Vila-real. Ma la situazione precipita quando alla 14ima giornata non vola per Pachuca: lui afferma di avere problemi familiari, i giornalisti montano un caso. Sulla panchina non c’è più Ricardo La Volpe, svincolatosi a dicembre, e Carlos Ischia gli toglie la maglia di titolare per le ultime quattro gare. Dopo nemmeno un anno, è di nuovo ora di cambiare aria, e l’addio non sarà dei migliori. L’Atlas non gli pagherà delle mensilità e Barbosa dovrà ricorrere all’intercessione della Federazione per ottenere questa liquidazione, solo nel novembre 2011.
A questo punto una cosa è certa: la sua nuova tappa non sarà in Argentina. Lo ha detto chiaro e tondo: «Io là non ci torno, è pur sempre il mio paese, ma non ci torno. Non credo che questo sia il momento migliore di tornare». D’altronde nelle sue ultime due esperienze ha collezionato solo qualche avanzo di presenza. Così torna in Spagna, ma in Segunda, nelle fila del Las Palmas. Sarà probabilmente la miglior decisione della sua carriera. Si riduce l’ingaggio e si rimbocca le maniche nella cadetteria. Qui trascorre quattro anni da favola, viene soprannominato la “ventana amrilla”, la finestra gialla, come la maglia dei canarios, e si mette in mostra come uno dei migliori portieri della categoria. Nel maggio 2012 torna a Vila-real per affrontare il MiniSubmarino di Trigueros ed è un successo: finisce 1-4, e concede una rete soltanto a Moi Gómez. E dopo due tranquille salvezze l’anno successivo centra i play-off. È una squadra solida: la difesa è diretta da un giovane Murillo, oggi all’Inter, a centrocampo spiccano le doti di Vitolo, che ritroverà a Siviglia, e l’attacco è sorretto da Thievy. Nelle due sfide contro il neo-retrocesso Villarreal finisce in pareggio in entrambe le occasioni: nelle isole Canarie la doppietta di Thievy tiene a galla la UD, al ritorno ci pensa Murillo a riagguantare il risultato. Ancora meglio andrà l’anno successivo quando il sogno promozione di spegnerà solo nella finale conto il Córdoba, dove la sua prestazione nel match di andata convince anche i più scettici.
A questo punto il Siviglia si convince a spendere i 150mila euro della sua clausola di rescissione per portarlo in Andalusia come secondo. È la sua chance per ritornare a trent’anni nel grande calcio. E la fortuna sembra arridergli: al debutto col Valencia l’espulsione di Beto costringe Emery a buttarlo nella mischia. Sembra l’inizio di una bella rivincita, ma di fatto è la fine della sua stagione. Non appena Beto dovrà rinunciare all’intero girone di ritorno per infortunio, il tecnico promuove il giovanissimo Sergio Rico, retrocedendo Barbosa nelle gerarchie a terzo portiere. Alla scadenza del suo contratto annuale col Siviglia, è tornato nel Sottomarino giallo come secondo di Areola, finché Asenjo non sarà di nuovo disponibile. Non è certo una storia di un eroe, non è nemmeno un lieto fine, ma a volte il destino sa sorprendere quando meno lo si aspetta.