La Copa América ha aperto i battenti, tutto il peso dell’attesa si è visto nella gara d’esordio. Cile pesante, più nella testa che nelle gambe, c’è tanta presunzione nei primi 45 minuti della squadra di Sanpaoli. Il pelatissimo allenatore della Roja, testosteronico come il protagonista di un poliziottesco anni ’70, fatica a riconoscere la sua creatura nella prima frazione di gioco. La squadra guerriera che abbiamo ammirato ai mondiali brasiliani lascia il posto a un gruppo autocompiaciuto, pregevoli alcuni scambi tra Sanchez e i centrocampisti ma l’assenza di un punto di riferimento avanzato si sente eccome. Pinilla non sarà un fenomeno, la consapevolezza dei suoi limiti lo rende però pedina utile, Valdivia invece si piace molto, nonostante alcuni spunti degni di nota.
Il numero dieci si dà pure da fare in ripiegamento, è però la fase di possesso a preoccupare ed è paradossale, visto che la gara la fa il Cile. All’Ecuador restano briciole, ma sa usarle bene. La difesa funziona, assetto tattico come dio comanda, giusta distanza tra i reparti. Giusta la distanza tra i reparti, Quinteros ha le idee chiare e Montero sa tramutarle in azioni pericolose. Un paio di ripartenze fanno sudare Claudio Bravo, attentissimo su Martinez. Il Cile ha una squadra di alto livello, quasi ogni ogni cosa è al suo posto, ma la nota dolente resta l’attacco. Alexis Sanchez falso nueve non dà la profondità giusta, le cose migliorano nel corso della ripresa ma prima c’è una nuova dose di confusione. Dentro Edu Vargas, uomo che potrebbe cambiare le sorti del Cile, fuori Beausejour. Adesso Valdivia è in mezzo, con Vargas e Sanchez allargati. Mah.
Sale il ritmo, cambia il falso nueve, aumenta il caos nella trequarti dell’Ecuador, ciò che resta immutato è il risultato. E Sanchez inizia a perdere la testa. A sfiorare il vantaggio è invece Enner Valencia, che paura per la Roja. Serve un regalino di Bolanos per risolvere la situazione, gentile omaggio per Vidal. Il centrocampista bianconero ottiene il penalty con mestiere e lo trasforma nel giusto modo. Il vero valore del Cile visto all’esordio sta nel valore dei singoli, non nello splendido lavoro d’insieme che ha fatto vedere i sorci verdi al Brasile lo scorso anno, il match con l’Ecuador è sembrato stregato a un certo punto. Gara sbloccata ma non risolta, anche in questo caso la personalità di insieme dei padroni di casa ci lascia perplessi.
Mollezza disarmante, sentirsi già con i tre punti in tasca, non è questo il dna di Sampaoli. Enner Valencia fa tremare la traversa sugli sviluppi di una punizione, sfortunato l’Ecuador e pure un po’ sciupone. Nel finale Sanchez serve bene Vargas in ripartenza e la gara va in ghiacciaia. Ultima emozione l’assurda espulsione di Mati Fernandez, subentrato al 68′. Due gialli in successione che non possono spiegarsi con la stanchezza o la frustrazione, visto che la gara è già vinta. Non funziona qualcosa a livello mentale. Più facile fare gli outsider, i mondiali insegnano, il peso del blasone il Cile ora lo sta sentendo tutto sulle sue spalle. Auguriamo a Sanpaoli di riscoprirsi SanktPauli, gagliardo e corsaro come la squadra di Amburgo. Caro Jorge, fare il fighetto non ti conviene.
Questa notte si è disputato anche il secondo match di Copa América, tra Messico e Bolivia a vincere è stata la noia. Il Messico in versione rimaneggiata non ha impressionato, Campos nel primo tempo ci ha provato dalla distanza. Tutto qui. Alla Tricolor questa Copa América interessa pochino, la maglia nera che Adidas ha affibbiato ai messicani rende bene l’idea di una squadra a malapena parente del Messico al quale siamo abituati. Solo Jimenez potrà offrire quel qualcosa in più per conquistare il passaggio del turno, il suo ingresso nella ripresa è stato più che positivo, per il resto calma piatta. La Bolivia è tutta confusione, è Scatman senza base dance, resta solo il balbettìò.
Ruderi anni 90′, rinfrescatevi la memoria.