In Romania il calcio è una passione travolgente. Questo sport non influenza molto la vita degli abitanti, ma c’è grande desiderio di integrazione europea e il calcio sembra essere una strada per percorrerla. Gli stadi di nuova costruzione che sono stati realizzati a Bucarest e Cluj ne sono una testimonianza.
Passeggiando per le vie del centro di una città qualsiasi, che sia nella Dacia o nel cuore della Transilvania, non c’è bar o pub che si rispetti che non trasmetta una partita di calcio, senza dubbio lo sport più diffuso e seguito.
In Romania come in molti altri paesi europei, il calcio è lo sport più remunerato e per strada sono molti i ragazzini che desiderano emulare le gesta dei loro campioni. La nazionale sta facendo faville nel girone di qualificazione: è al comando del gruppo F, imbattuta, davanti alla sorprendente Irlanda del Nord e all’Ungheria.
Non è più la generazione degli Hagi o dei Mutu. Non ci sono più talenti planetari ma un gruppo unito con dei valori forti e carattere da vendere: un chiaro esempio di come l’unione di intenti e l’intelligenza emotiva possano portare dei grandi risultati.Questa nazionale ha una grande voglia di regalare grandi emozioni al suo popolo, ed è proprio questa la speranza che traspare negli occhi di Sebastian Dan, classe 1988, studente di scienze motorie all’Università di Cluj. Lui è uno di quelli che appartiene alle nuove generazioni di sportivi.
Chi è il tuo calciatore preferito?
Senza ombra di dubbio Vlad Chiriches, perché sa sempre cosa fare, è un punto di riferimento per i suoi compagni nonostante la sua giovane età ed ha molta esperienza internazionale.
Chi è il tuo calciatore italiano preferito?
Penso di dover nominare Pirlo, per la sua esperienza e per la sua capacità di visionare il gioco e vedere la conseguente giocata prima degli altri.
Qual è la tua squadra preferita?
Sebbene viva in Cluj, la mia squadra preferita è la Steaua di Bucarest. Sono cresciuto vedendo e vivendo le sue imprese internazionali, quando in Europa rivaleggiava con le squadre italiane, inglesi e spagnole. Il mio è il club più titolato di Romania con 25 scudetti nazionali.
Qual è il giocatore rumeno più forte di tutti i tempi?
Probabilmente George Hagi, che è anche il più amato. Ricordo, ero molto piccolo e stavo guardando i quarti di finale contro la Svezia. La partita era terminata 2-2 dopo i tempi supplementari, grazie ad una doppietta di Radocioiu. Lui stesso fu il nostro primo rigorista. Il secondo fu Hagi e mio padre mi disse: “Vuoi vedere che adesso lo spiazza”?
Io non credevo ne fosse capace; la pressione era molta dal momento che ci si giocava il passaggio alle semifinali. Ma lo spiazzò con una semplicità disarmante. Hagi era un vero leader e poteva permettersi di osare tanto in virtù del suo talento sconfinato.
Possiamo senza dubbio inserirlo tra i numeri 10 migliori della storia del calcio, di certo tra i primi 20.
Cosa pensi, invece, di Adrian Mutu, un altro numero 10 di razza ma con caratteristiche più offensive?
Lui certamente era un altro fenomeno, ma più seconda punta e di ben altra levatura morale. Aveva un carattere ed una determinazione fuori dal comune. Non tutti sanno che ha una doppia laurea, in giurisprudenza e in scienze motorie. Ha fatto una buona carriera ma avrebbe potuto ottenere di più dal suo talento calcistico. Mi riferisco alla squalifica rimediata a Londra nel 2004, quando ai tempi vestiva la casacca dei Blues e fu trovato positivo alla cocaina.
Ricordo un aneddoto su di lui, letto non so dove, che mi colpì molto. Erano gli inizi degli anni 2000 e lui, poco più che ventenne era appena approdato in nazionale maggiore. Era chiaramente desideroso di emergere e in una partita di allenamento, forse senza rendersene troppo conto, era entrato in un modo un po’ ruvido su Gheorghe Popescu, un’istituzione di quella nazionale e dell’intero movimento calcistico rumeno. Questi di rimando gli disse: “Entra un po’ piano, sei un bambino ancora”.
Mutu non disse niente, incassò, ma all’occasione successiva entrò ancora più forte su Popescu.