Bentornati alla lettura della terza e ultima parte del nostro breve viaggio a Londra, alla scoperta dell’essenza del british football. In questo ultimo episodio (clicca QUI per la prima puntata, QUI invece trovare la seconda) salteremo dalle abitudini gastronomiche inglesi, ovviamente specificatamente al mondo calcistico, fino a inoltrarci al tifo vero e proprio, quello che accomuna tutti i tifosi di calcio ma che differenzia i supporters d’Oltremanica per una strana usanza. Ma basta chiacchiere, immergiamoci subito nel pianeta football.
Una volta arrivato il duplice fischio, l’intervallo è spesso ambito soprattutto da chi ha voglia di farsi un’altra pinta o di mangiare qualcosa. Più dei panini ci sono due cibi tipicamente da stadio: il fish & chips e le pukka pies. Il fish & chips sono le classiche patatine fritte servite assieme a del pesce bianco fritto in pastella, solitamente merluzzo, in una vaschetta di cartone, non sempre li trovate nei punti ristoro ma difficilmente riuscirete a non imbattervici. Le pukka pies invece (inaugurate al Millmore del Rotherham, oggi in Championship) sono dei tortini salati e serviti caldi in varie versioni, tra cui la steak & kidney, ovvero ripieni di un frullato di bistecca e fagioli rossi. Per chi invece è amante dei burgers, potrebbe trovare accostamenti stravaganti come hamburger e ananas (andare a Loftus Road per credere). Ma un’altra delle usanze più rituali, mentre si beve la ormai quinta sacra pinta, è andare a vedere i risultati delle altre squadre alle televisioni allestite accanto ai punti ristoro all’interno dello stadio. Li trovate in quasi tutti gli impianti, anche in League 1 insomma, e si accalcano di tifosi che tra un sorso e l’altro si gustano gli highlights dell’incontro e i marcatoti delle gare in contemporanea. Se è vero che il calcio-spezzatino degli ultimi anni sta estinguendo il fenomeno della contemporaneità dei match in Premier League, questo è ancora molto saldo in Football League (cioè dalla seconda alla quarta serie, ma ovviamente il discorso è ancora più valido scendendo di categorie) dove la stragrande maggioranza degli incontri viene tuttora disputata in simultanea, rinvii per neve o per impegni di coppa permettendo.
Una volta tornati ad assistere al secondo tempo potrebbe accadere di notare l’ennesima singolarità. Spesso la tifoseria ospite incita la propria squadra molto più di quella casalinga, sovrastandone i cori per volume e continuità, a prescindere dai gruppi organizzati. Una spiegazione a questo strano fenomeno non è facile da trovare, ma sicuramente uno dei fattori più determinanti è la concessione dei tagliandi. Sia in campionato, ma soprattutto nelle coppe (in Inghilterra ce ne sono molte, oltre alla FA Cup e alla Coppa di Lega, ad esempio esiste anche il League Trophy, riservato alle squadre di terza e quarta categoria) le società destinano moltissimi posti alle tifoserie ospiti, non di rado interi settori, e affrontare una trasferta non è un’esperienza di pochi coraggiosi privilegiati, come avviene dalle nostre parti, ma invece un’opportunità di facile accessibilità e alto grado di comfort, che stimola la gente a tenere alti i propri colori. Portare alti i colori del proprio club diventa motivo di vanto e di orgoglio locale (mai sentito il mantra “support your local team”?) e in trasferta questi sentimenti si accentuano, forse anche grazie all’elisir alcolico, perciò non sorprendetevi se assistendo a un match della vostra squadra d’Oltremanica doveste sentire gli ospiti annichilirvi dal punto di vista coreografico, in trasferta tutto è ribaltato. Anche perché specialmente le grandi squadre e le londinesi, possono contare in casa sull’appoggio di molti turisti e tifosi stranieri, che smorzano l’effetto casalingo.
A proposito scordatevi stendardi e bandiere, il tifo qui è molto più “sobrio”, difficilmente si trovano persone vestite con la maglia del cuore. La spiegazione necessita di una rapida digressione storica che nasce negli anni degli hooligans, quando le reprimende delle autorità costrinsero i tifosi più esagitati a vestirsi casual per evitare di essere riconosciuti dai bobby (gli sbirri per intenderci) e così l’uso di vestiti da passeggio è stato tramandato fino a oggi nonostante gli stadi si siano imborghesiti. Ma questo non significa che siano meno calorosi anzi, si dà maggior peso ai cori e alle sciarpate, sono solo stili diversi. Bisogna inoltre sottolineare come la struttura degli impianti favorisca tanto le trasferte quanto il tifo, come abbiamo detto nel precedente appuntamento gli stadi sono moderni, comodi e accoglienti, tanto da avere spesso e volentieri una copertura delle tribune completa. Vale a dire un comfort che dovrebbe essere l’abc dell’ingegneristica edilizia, e che purtroppo in Italia è prerogativa di pochi campi: impianti importanti come Firenze, Palermo, Bologna, Parma o Bergamo hanno il tetto solamente sulla tribuna principale. In Inghilterra è difficile che sia altrimenti, rimanendo a Londra basti citare l’esempio del Brisbane Road del Leyton Orient, la cui capienza non tocca i 10mila seggiolini pur militando in League 1, terza serie; il Victoria Road del Dagenham, capienza 6mila, League 2; addrittura il Barnet in Conference, quinta serie della piramide inglese, ha un impianto completamente al coperto. Incide sull’affluenza allo stadio? Senza alcun dubbio.
Così come incide la possibilità di poter “personalizzare” la propria casa calcistica, come già detto, con gli store, negozi specializzati nel marketing legato al club; i musei del club, ricchi di cimeli e bacheche di trofei; e chi più ne ha più ne metta.
L’Arsenal ad esempio ha mantenuto intatta la struttura esterna della stand del vecchio Highbury, oggi complesso residenziale che non di rado attrae la curiosità di tifosi stranieri, oppure si pensi al Crystal Palace, che tra il centro commerciale cui fa da padrone la celebre catena di supermercati Sainsbury’s e il proprio negozio ufficiale, ha ben pensato di allestire un night club. Sì, avete letto bene, un night club incastonato nell’impianto. Beh in qualche modo dovranno pur pagare lo stipendio di Puncheon, no? Ma torniamo alla nostra partita.
Al triplice fischio ognuno se ne può tornare a casa, ehm a bere birra, senza che il settore ospiti debba attendere il deflusso della massa, tutti escono assieme, si mischiano, tifosi del Fulham e tifosi del Norwich spalla a spalla, senza che si sollevi alcun disordine. La denigrazione del tifo non fa parte della cultura inglese, e il problema degli ultras è stato sostanzialmente superato, anche se non definitivamente, certamente limitato. Chi si reca in Gran Bretagna per assistere a un incontro, abituato agli standard italiani, ne rimarrà allegramente deluso, la partita di calcio assume più i contorni di uno spettacolo che di una disavventura per impavidi. Anche perché grazie ai voli low cost e i siti-web del settore, il turismo sportivo è ormai faccenda d’attualità, viaggi per vedere partite di calcio oltre i confini nazionali sono stimolati anche da agenzie calcistiche che offrono pacchetti in questo senso: volo, hotel e biglietto per la partita in un’unica soluzione, ottima per chi non sa districarsi nei meandri del cyber-spazio. Insomma il british football è un’esperienza che qualsiasi amante di calcio non dovrebbe permettersi di perdere, e al giorno d’oggi è alla portata di quasi tutti.