Ho seguito la cerimonia del Pallone d’oro. Non posso dire che mi sia dispiaciuta. Certo il format un po’ spezzettato non è necessariamente gradevole, ma l’idea di condensare un anno di storia calcistica, raccontando anche altre storie e vicende di pallone che escono dal mainstream è tutto fuorchè una brutta idea. Ad essere una pessima idea è invece sono i “nuovi” (ci sono da 5 anni, ma non posso dire di averci fatto il callo, abituato per come sono a guardare il passato) criteri di assegnazione, che sono un misto tra quelli dell’antico Pallone d’oro di France Football e quelli dell’ormai defunto FIFA World Player.
Un lotto circoscritto di 23 nomi da cui poi vengono dichiarati anticipatamente i finalisti, scelti attraverso i voti di addetti ai lavori, giocatori, presidenti. Con il risultato che i verdetti stabiliti, aldilà del gusto personale di ognuno di noi, non hanno mai riconosciuto (ad eccezione dell’edizione del 2011) il giusto riconoscimento a chi lo meritava. Tradizionalmente il Pallone d’oro, in quanto tale (ovvero un premio assegnato dalla critica), non aveva tanto come obiettivo premiare il giocatore più spettacolare, ma quello di riconoscere il giocatore che più aveva inciso nei successi importanti di squadra di una determinata annata. Poi chiaramente le due cose spesso e volentieri potevano tranquillamente coincidere.
Con il nuovo regolamento, l’intendimento originale, ovvero quello di premiare il giocatore più incisivo, che fosse il più talentuoso o spettacolare o semplicemente il più efficace è venuto meno. Certo, dire che il vincitore di quest’anno, ovvero Cristiano Ronaldo che ha fatto il tris, non abbia dimostrato nulla, specie nell’anno in cui la sua squadra ha centrato la “Decima” sarebbe oggettivamente ingiusto. E’ ancor più ingiusto però nell’anno del mondiale (e sappiamo l’importanza calcistica del mondiale) non premiare chi si è maggiormente distinto (e non mi riferisco necessariamente a Neuer che comunque lo avrebbe meritato) in quella competizione, piuttosto che un giocatore talentuossisimo, virtuoso e fenomenale senza dubbio, che però (con tutte le attenuanti del caso) al mondiale è uscito al primo turno.
Vale adesso, come valeva 4 anni fa. Per farlo però bisogna scindere l’aspetto estetico, ovvero la bravura del giocatore, dall’aspetto critico, ovvero il valutare la storia di una stagione nel suo complesso, tenendo conto degli eventi di riferimento di quell’anno e riconoscere quale sia stato il giocatore più decisivo a prescindere dal ruolo e dalle capacità singole. Farlo con questi criteri senza voler entrare nei meriti dei giudizi di nessuno, è francamente complicato.
Il Pallone d’oro oggi come oggi è dunque più un tributo all’estetica calcistica e al talento in senso stretto, che il riconoscimento del proprio merito nell’arco di una stagione, ed il duopolio Messi-Ronaldo ne è una conferma. Piaccia o no, toccherà farsene una ragione.