La Coppa d’Africa si avvicina e Tuttocalcioestero ha intervistato per i suoi lettori uno dei tecnici più vincenti dell’ultimo biennio a livello di club nel Continente Nero. Pressochè sconosciuto in Italia, il francese Didier Gomes Da Rosa ha vinto due campionati consecutivi in due Paesi diversi, imponendosi prima in Ruanda con il Rayon Sport e poi in Camerun, con il Coton Sport.
Oggi proponiamo la 1^ puntata dell’intervista
A lui la parola…
Didier, cominciamo con una tua presentazione. Ci puoi riassumere la tua carriera da giocatore e i tuoi inizi di quella da allenatore?
La mia è stata una carriera umile e onorevole. Sono stato al Centre de Formation del Nizza, poi sono passato alla mia squadra del cuore, l’FC Antibes con cui sono salito in quinta divisione. Ho sempre vissuto il calcio con passione e anche quando sono tornato tra i dilettanti, sono rimasto molto professionale ed esigente con me stesso. Molto presto, mi sono interessato alla carriera di allenatore, iniziando una carriera parallela di allenatore tra i giovani e seguendo dei corsi di formazione che mi hanno permesso di ottenere il diploma UEFA A. Quando ero giocatore, ho avuto la fortuna di conoscere allenatori che mi hanno insegnato molto. Ho iniziato a osservarli bene e persone come Roger Ricort e Christian Cappadona sono stati per me dei veri ispiratori e sono sicuro che questi incontri mi hanno trasmesso la passione per questo mestiere. Dalle mie esperienze di tecnico in DH (l’equivalente dell’Ecellenza italiana) a Roquebrune Cap Martin, a Fos sur Mer, a Cagnes e a Cannes ho imparato molto. Mi hanno permesso di diventare l’allenatore che sono oggi. Mi hanno insegnato che questo mestiere è un vero sacerdozio, esigente mentalmente e fisicamente. L’allenatore deve costituire prima di tutto una guida per la sua squadra, il suo staff e la società. Sono alla continua ricerca del miglioramento e amo questo mestiere che ti impone l’umiltà perchè tutto può cambiare da un giorno all’altro.
Dopo aver allenato in Francia, sei sbarcato in Ruanda. Come sei stato contattato dal Rayon Sport e com’è stato il tuo arrivo in Africa? E’ stato facile ambientarsi?
Non avendo nessuna rete di contatti, ho lottato per due anni per trovare un lavoro nel calcio asiatico o africano, inviando oltre 600 candidature. Ma come ha detto bene Nelson Mandela, “a winner is a dreamer who never gives up”. Ho sognato molto, ho lottato per concretizzare il mio sogno. C’è voluto coraggio, ma quella del Ruanda è stata una bella lezione di vita, qualcosa di cui sono fiero. E’ come se fossi nato in Ruanda, il mio Paese dalle mille colline e il Rayon Sport resterà per sempre la squadra della mia vita. So già che un giorno ci tornerò. L’uomo della provvidenza è stato Abdallah Murenzi, sindaco della città di Nyanza, nel sud del Ruanda. Ero in contatto con lui da qualche mese quando è diventato presidente del Rayon Sport, il club ruandese più popolare, con migliaia di tifosi. Eravamo fatti l’un per l’altro, due uomini appassionati, abbiamo vissuto questa avventura come due fratelli. Mi aveva chiesto di raggiungerlo nell’ottobre 2012 dopo un inizio di stagione da dimenticare (9 punti di distacco dalla vetta dopo 5 giornate). Il club non vinceva da otto anni e noi abbiamo dato nuovamente speranza ai suoi tifosi. E’ stata un’impresa titanica: per lui l’equilibrio finanziario, per me nove allenamenti a settimana. Ho avuto la fortuna di allenare dei giocatori, degli uomini che hanno risposto a tutte le mie esigenze…e posso assicurare che sono stato veramente duro! Siamo diventati campioni a fine stagione, battendo tutti i record e giocando davanti a 20000, talvolta 30000 spettatori. Il titolo è stata una vera esplosione di gioia collettiva indescrivibile. La sfilata da Kigali a Nyanza quando abbiamo portato a casa il trofeo è stata seguita da migliaia di persone a bordo strada. E’ uno dei miei ricordi più belli, come quella canzone “Gomes Wacu” (Gomes è nostro) che lo stadio intonava al mio ingresso in campo. Provo molto affetto, molta tenerezza e molto amore per questo popolo, per questo Paese. La mia integrazione è stata facilitata dalle vittoria, ma credo che i miei fratelli ruandesi abbiano apprezzato anche la mia semplicità. Pur beneficiando di uno status particolare (essere allenatore del Rayon Sport non è cosa da poco in Ruanda!), sono rimasto umile con queste persone che non guardano che all’essenziale. Più che un’avventura sportiva, è stata un’avventura umana, la più appassionante della mia vita. Il Paese è molto lontano dalla Francia, dove vive mia figlia, ma è possibile che in un futuro non troppo lontano, possa comprare un piccolo appartamento in Ruanda. Amo questo Paese, per me il più bello al mondo, che nonostante la scarsità di risorse è una delle economie le più dinamiche dell’Africa. Un Paese dove la generosità e la condivisione sono dei valori prioritari.
Ti sei trovato bene in Ruanda? Com’è il livello del calcio ruandese?
Globalmente, il problema del calcio africano risiede nell’assenza di una vera politica di formazione dei giovani. In quasi tutti i Paesi non esistono campionati giovanili e ancora meno esistono programmi di allenamento srutturati. Si inizia a giocare veramente a calcio a 14, 15 anni, praticamente 10 anni dopo un bambino francese che può iniziare nelle nostre scuole calcio. Il Ruanda non sfugge a questa regola, anche se c’è qualche progetto a riguardo. In questo contesto, è evidente che il livello è più basso che in Francia: non è un calcio professionistico per mancanza di mezzi finanziari, ma sono convinto che lo diventerà tra qualche anno. Non saprei paragonare il livello della prima divisione ruandese con una divisione francese: è semplicemente diverso. I giocatori hanno caratteristiche diverse, la mentalità di gioco è diversa, le condizioni di allenamento sono diverse. Considerato che i ragazzi iniziano a giocare solo da adolescenti, il livello è piuttosto buono e promettente. Il Rayon Sport che ha vinto il campionato, con diversi nazionali del Ruanda, del Burundi e dell’Uganda, avrebbe fatto bella figura nel National (3^ divisione) francese.
(…continua…)