Ibra lo spavaldo. Quando scende in campo, la sua fierezza è pari solo alla sua tecnica individuale.
Ibra lo smargiasso. I difensori li trita tutti al primo sguardo.
Ibra l’arrogante. Con i giornalisti, con gli avversari, perfino quando parla con i compagni di squadra è arroganza allo stato puro. La sua è una personalità molto complessa ed ingombrante a dispetto della grande professionalità con cui affronta i suoi impegni calcistici.
Ibra il gradasso. Se non ha digerito qualche dichiarazione ai microfoni sembra Capitan Fracassa: memorabile quella scenata ai microfoni di Mediaset Premium contro Sacchi, che lo criticava di non sapersi affermare in Europa.
Ibra lo spaccatutto. Chi ricorda come terminò quello screzio avuto con Zebina ai tempi della Juve? Il difensore francese, non certo una femminuccia, si ritrovò un occhio nero.
Infine Ibra lo spaccone. Circa un anno fa, quando lo intervistarono chiedendogli chi si meritasse il pallone d’oro, se CR7, Messi o Ribery, lui così rispose: “E’ uguale. Io non ho bisogno del pallone d’oro per dimostrare che sono il migliore”.
Il pallone d’oro non l’ha mai vinto: i suoi migliori risultati sono due settimi posti nel 2007 e nel 2009, quando a vincerlo furono Kakà e Messi. Avremmo desiderato vederlo sul podio almeno una volta. Paga purtroppo la mancanza di trofei europei di rilievo. A consolarlo, almeno in parte, c’è il ‘Guldebollen’, il pallone d’oro svedese, vinto per ben nove volte in carriera, di cui otto consecutive.
In Italia ci ha abituato a tutto: pennellate, colpi di tacco, bolidi da distanze siderali, reti splendide in coda ad assoli unici. Un vero poeta: se dovessimo paragonarlo a qualcuno, penseremmo subito a Baudelaire, l’amatissimo poeta maledetto. Un’esteta molto prima che un semplice artista. Cresciuto nei sobborghi di Malmö e figlio di immigrati dell’est, il padre bosniaco e la madre croata, ha sangue misto, ma sul terreno verde è un autentico purosangue.
E a Stoccolma lo sanno bene, tanto da avergli conferito il pallone d’oro svedese per ben nove volte. Il 33enne attaccante del Paris Saint Germain, lo ha ricevuto durante la cerimonia di gala svoltasi nella capitale svedese, accompagnato dalla moglie Helena Seger. “Questi nove premi parlano da soli, significa che ho sempre fatto bene durante la mia carriera. E’ un riconoscimento del mio lavoro. Sto vivendo continuamente il mio sogno calcistico d’infanzia”. Zlatan Ibrahimović è il dominatore incontrastato di questo premio che gli fu conferito per la prima volta nel 2005, quando già impressionava per forza e tecnica con la maglia dei lancieri d’Olanda.
Il premio fu conseguito anche da grandi calciatori svedesi del passato come Gren, Nordahl, Hellstrom, Brolin, Ravelli, Larsson e Ljunberg.
La serata di gala organizzata dal quotidiano svedese Aftonbladet ci regala un Ibrahimović più intimo e meno spavaldo, più saggio e meno impulsivo. Il nono pallone d’oro svedese è l’occasione per Zlatan Ibrahimović di ricordare il fratello, Klas Ingesson e Pontus Hans Segerstrom, tutti scomparsi di recente e a cui va la dedica. “Bisogna godersi la famiglia perché tutto può cambiare all’improvviso. Io stesso ho dovuto dire addio a mio fratello, scomparso due mesi fa per una malattia simile. Possano riposare in pace” ha concluso in lacrime davanti alle acclamazioni del pubblico presente in sala.
Lo Zlatan che tutti conoscevamo lascia spazio ad una persona che mette da parte il personaggio pubblico e si mostra davanti alla platea in tutta la sua vulnerabilità di uomo. Il grande spessore umano che scopriamo non deve sorprenderci, perché questo è comune a tanti grandi uomini.
Ammaliaci ancora Ibra, sei un artista vero.
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