Alla fine l’atteso primo atto del Clasico ha dato il suo responso: 3-1 Real, gap decisamente accorciato, imbattibilità interrotta e fiato sul collo. La banda Ancelotti ha vinto meritatamente, dimostrando di avere oltre ad un talento smisurato anche grandissimo carattere, incarnato perfettamente dal terzo gol, quando Isco, uno che in campo c’era solamente perché mancava mister 100 milioni e che non è li per recuperare palloni, insegue, sugli sviluppi di un corner battuto malissimo da Rakitic, Andres Iniesta, propiziando il contropiede per il gol di Benzema che ha chiuso la partita e che ha regalato ai blancos la vittoria. E pensare che a passare in vantaggio era stato il Barcelona. Già, il Barça, che in Champions League non ha convinto appieno, che aveva perso l’unica partita contro un avversario di livello, ovvero la sfida di Parigi contro il Psg, e che anche oggi, in una sfida tra pari non ha convinto, nonostante sia pure passato in vantaggio. Così e così nel primo tempo, specie dalla cintola in giù, con un centrocampo narciso ed una difesa tutt’altro che sincronizzata e a tratti inguardabile, proprio male nel secondo tempo, quando il gol di Pepe ha definitivamente messo a nudo i limiti strutturali e caratteriali del Barcelona, che da quel momento in poi è andato totalmente in bambola, lasciando al Real la possibilità di giocare in serenità. Tante le problematiche evidenti nella squadra di Luis Enrique, sotto il profilo tecnico-tattico.
La principale è l’ormai incapacità manifesta del Barcelona (problema che a giudicare dai risultati delle selezioni nazionali va esteso a tutto il movimento calcistico) di proporre soluzioni di gioco diverse da quel tiki-taka al tempo rivoluzionario, ma ormai trito, ritrito e prevedibile. Problema questo acuito anche dalle scelte di mercato fatte in questi anni un po’ per tendenza un po’ per necessità. Al Nou Camp sono arrivati tanti giocatori di talento se non fenomenali, ma che non si son dimostrati necessariamente congruenti a quella linea tecnico-tattica che il club ha deciso di perseguire sin dall’addio di Guardiola. Oltre all’aspetto tecnico-tattico c’è anche quello motivazionale. Il Barcelona è reduce da un ciclo ricchissimo di vittorie, ciclo che per altro è coinciso con quello della nazionale spagnola, in cui ad essere protagonisti sono stati tra gli altri se non soprattutto i giocatori azulgrana, che hanno dunque vinto nel giro di 4 anni tutto quello che c’era da vincere. E quando fai indigestione di trofei, tornare ad avere l’appetito è molto difficile, anche se non sei nemmeno lontanamente vicino all’età pensionabile, ed è il caso di molti giocatori, e tra questi ad incarnare perfettamente questo aspetto è Gerard Piqué, clamorosamente involuto in questi anni e che oggi ha commesso la banalità che ha spianato la strada al Real (clicca QUI per le pagelle di Real-Barça).
Per ovvi motivi geografici non è in questo gruppo Lionel Messi, che, pur avendo mantenuto uno standard prestazionale di livello elevato, dopo anni di gol a grappoli, trofei di squadra, trofei individuali, una critica estasiata che lo aveva innalzato a giocatore più forte del mondo e di tutti i tempi ed un’utenza calcistica ai suoi piedi, si sta trovando nell’inattesa situazione di avere tante critiche una miriade di detrattori, da chi fa il più classico dei paragoni con la personalità di Maradona, passando per chi sostiene che abbia vinto ciò che ha vinto e fatto ciò che ha fatto soltanto perché si è ritrovato ad essere in quel contesto li, e quant’altro. Una situazione che Messi sembra stia incominciando a subire dopo anni in cui il suo primato tecnico e ideologico non sembrava potesse essere scalfito da niente e nessuno, sia sul campo che fuori dal campo. Questo insieme di fattori su elencati ha trovato perfetta traduzione in quello che è stato l’andamento in questa stagione del Barcelona, ovvero l’andamento di una squadra che le partite che ti deve vincere contro squadre inferiori le vince, ma che nel momento in cui il livello dell’asticella tecnica sale, va clamorosamente in difficoltà sotto tutti i profili. Considerare questa situazione, come una situazione nuova e non ormai consueta come la scorsa stagione aveva perfettamente dimostrato, è stato ed è un errore grave, specie tenendo conto l’obiettivo, o per meglio dire la necessità, che ha il Barça, di stare su nell’Olimpo e non di restare a guardare da un gradino più basso. E problemi di questo tipo non li risolvi necessariamente spendendo tanto sul mercato o dando continuità ad un ciclo che per quanto indimenticabile, è ormai concluso quantomeno sotto il profilo tecnico.
Ci vuole il coraggio di ricominciare da capo. Altrimenti dalle parti del Nou Camp continueranno ad essere Messi male.