Serbia-Albania doveva essere una semplice partita di calcio, ma così non è stato. Motivi politici ed extra-calcistici hanno avuto la meglio, facendo diventare una manifestazione sportiva un teatro di scene orribili, che con il calcio non hanno niente a che fare nemmeno alla lontana. E’ il quarantaduesimo di Serbia-Albania, quando un drone sorvola lo stadio del Partizan Belgrado. Prima di parlare di questo però, occorre fare una dovuta precisazione: Martin Atkinson prima del drone, prima della rissa, prima del parapiglia generale, aveva già sospeso la gara. Il motivo? Il continuo lancio di oggetti in campo dei tifosi di casa. Ne sa qualcosa il terzino sinistro dell’Albania Ansi Angolli, che intorno al venticinquesimo minuto è costretto ad aspettare circa un minuto prima di battere un calcio d’angolo per i suoi, proprio perché dalla tribuna opposta a quella principale comincia a piovere di tutto. Chi ha guardato quei quarantadue minuti di partita, sa che sarebbe stato solamente questione di minuti. I disordini erano nell’aria prima ancora di ieri, e di questo ne erano a conoscenze tutti quanti. Dalla Uefa a De Biasi, da Blatter ad Advocaat. Una partita di questo genere non deve essere giocata e basta, inutile fare i moralisti. Non può bastare vietare l’ingresso dei tifosi ospiti – che con il senno di poi si è dimostrata una decisione fondamentale per evitare ulteriori disastri – quando si parla di una storia fatta di conflitti e guerre tra queste due nazioni. Serbia-Albania, purtroppo, non sarà mai soltanto una semplice partita di calcio. Oggi, nel peggior modo possibile, l’abbiamo capito tutti quanti.
IL DRONE – Al quarantaduesimo, dicevamo, il drone con una bandiera raffigurante la “Grande Albania” sorvola lo stadio del Partizan. Che cos’è la “Grande Albania”? Rappresenta un immaginario territorio albanese comprendente tutte le zone di etnia albanese, anche quelle che oggi appartengono ad altre nazioni, come il Kosovo (indipendente), la parte Nord-Ovest della Macedonia (la città di Tetovo per farci un’idea) e la parte Nord della Grecia. La provocazione è evidente, soprattutto per quel che riguarda il Kosovo, terra storicamente contesa da Serbia e Albania.
La bandiera, inoltre, è accompagnata dalla scritta “Autochthonous” e dalle immagini di due grandi personaggi nella storia di Albania e Kosovo: Ismail Qemali, sulla sinistra, fu il fondatore del movimento indipendentista albanese, mentre Isa Boletini, sulla destra, comandò la rivolta del 1910 dei kosovari di etnia albanese. La data 28 Novembre 1912, invece, rappresenta la data storica dell’indipendenza dell’Albania dall’impero ottomano. Leggendo tra le righe, è evidente come ci sia un chiaro messaggio politico, riguardante il Kosovo. Una sorta di “non importa quello che dite, il Kosovo è nostro!”. E’altrettanto evidente però, che se la provocazione fosse soltanto rimasta tale ora non saremmo qui a commentare uno dei momenti più tristi del calcio moderno.
LA RISSA – Mitrovic è uno dei primi a notare il drone con la bandiera. Con un salto riesce ad interrompere il “cammino” del drone e ad acciuffare la bandiera, scatenando così le reazioni di Xhaka e Lila che si avventano contro il difensore centrale serbo. La reazione dei nazionali albanesi è sicuramente stata leggermente esagerata, ma è evidente come il loro obiettivo fosse solamente quello di “portare in salvo” la bandiera. Infatti, la questione tra i giocatori in campo si è accessa e conclusa in pochi istanti, grazie alla mediazione di due grandi campioni come Branislav Ivanovic e Aleksandr Kolarov. Purtroppo però, dall’altra parte del campo la situazione degenera incredibilmente: Balaj, diretto verso la panchina albanese con la bandiera, viene colpito da un tifoso serbo con un seggiolino di plastica. Tifoso che a sua volta viene atterrato e colpito da Lorik Cana. Intervengono steward, calciatori, altri tifosi e anche i due staff tecnici. Tra gli sconsiderati ultras c’è anche una vecchia conoscenza: Ivan Bogdanov, divenuto “famoso” in tutta Europa per aver interrotto lo svoglimento di Italia-Serbia del 2010.
Un tutti contro tutti che porterà l’arbitro Atkinson a mandare entrambe nelle squadre verso gli spogliatoi. Diretta verso il tunnel che porta agli spogliatoi, la nazionale albanese diventa prima il bersaglio del lancio di seggiolini della tifoseria serba, e poi viene addirittura attaccata da un tifoso che, come si evince chiaramente dalle immagini, colpisce prima Cana con un calcione e poi un altro giocatore con la mano destra. Gli ultras di casa perdono il controllo e ricominciano a cantare (perché era già avvenuto nel pre-partita e nel corso della partita stessa) “Ubi, zakolji da siptar ne postoji”, ovvero “Elimina, uccidi l’albanese affinché non ne rimangano più”. Coro che sarà assoluto padrone nei quaranta minuti di sospensione del match.
La Serbia rientra in campo vogliosa di continuare il match, ma l’arbitro Atkinson dagli spogliatoi comunica che la partita è stata definitivamente interrotta.
CHI HA FATTO PARTIRE IL DRONE? – La prima versione, prontamente smentita, puntava il dito contro Orfi Rama, fratello del primo ministro Edi. Al rientro in Albania lo stesso Orfi Rama ha voluto chiarire la faccenda: “Io stavo riprendendo tutto con il mio tablet, e questo può aver indotto a pensare che fossi io a telecomandare il drone. La polizia mi ha controllato, ma dopo pochi minuti tutto è tornato nella normalità”. Un’altra versione vuole che alcuni tifosi kosovari dalla Svizzera, siano riusciti ad entrare in Serbia grazie al passaporto elvetico e a mettere in piedi la “scenata del drone” per poi scappare verso la Macedonia. Proprio dalla Macedonia però, nelle ultime ore, sta prendendo piede un’altra ipotesi: un ultras della tifoseria organizzata “Ballistet” – storica tifoseria dello Shkendija, squadra fondata da albanesi – sembra che avesse organizzato il tutto già da una quarantina di giorni, più precisamente dal 6 settembre. Infatti, in un commento su Facebook che ha proprio quella data, il “Ballist Morina” scrive così: “Molto bello Eduart. Ragazzi ad Aveiro ed Elbasan mancherò, ma sto concentrando tutte le mie forze per Belgrado. Vi aspetto allo stadio con questa coreografia”. In allegato al commento c’è proprio l’immagine della ormai famosa bandiera di due sere fa. Forse non sapremo mai chi sia stato per davvero a far partire il tutto, ma di certo il “Ballist Morina”può essere un’ipotesi più che plausibile. Infatti, in precendeza aveva già fatto parlare di sè. In Slovenia-Albania del 6 settembre 2013, proprio Morina era addirittura salito sulla cima della recinzione che separa la curva ospite dal campo.
LE DICHIARAZIONI DEI PROTAGONISTI – Il primo a parlare nel post-partita è stato il capitano della Serbia Branislav Ivanovic:
“Possiamo solo rammicarci perché oggi è il calcio è passato in secondo piano. A nome della mia squadra dico che abbiamo fatto di tutto per far proseguire il match. La nazionale albanese però, ha comunicato di non essere più in grado, sia fisicamente che mentalmente, di scendere in campo. Cosa accadrà? Vedremo. I delegati Uefa hanno visto e sanno tutto, spetta a loro decidere.”
Anche l’altro capitano dell’incontro, ovvero Lorik Cana, ha parlato per i media albanesi una volta arrivato a Tirana:
“Siamo reduci da un’esperienza traumatica (stesse parole che userà l’allenatore Gianni De Biasi, ndr).Non eravamo nello stato psicologico e fisico adatto per continuare la partita. Ho visto i miei compagni essere attaccati all’interno del tunnel anche dagli addetti alla sicurezza. Non è vero che è stata una decisione nostra quella di far interrompere il match: l’arbitro assieme al delegato Uefa si sono accertati delle nostre condizioni, e hanno visto anche i segni dello scontro sui miei compagni. E’ stata una decisione presa di comune accordo, anche perché altrimenti l’arbitro sarebbe ritornato sul rettangolo di gioco.”
Anche Debatik Curri offre ulteriori dettagli sui “dietro le quinte” di quella sera:
“Appena siamo arrivati allo stadio, gran parte della tifoseria serba era già presente e ha cominciato a lanciare contro il nostro autobus svariati oggetti, tra cui alcune bottiglie di vetro. Io conosco il serbo, e ho ascoltato i cori discriminatori che provenivano dalle tribune.”
Il ministro degli esteri serbo, Ivica Dacic:
“Se qualcuno della Serbia avesse esposto una bandiera della grande Serbia a Tirana, ora il caso sarebbe nelle mani del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. E’ particolarmente problematico il fatto che sia stato il fratello del primo ministro albanese (notizia come detto prontamente smentita, ndr), che qui dovrebbe essere un ospite. Questo è la dimostrazione che siamo di fronte ad un caso di provocazione politica.”
DECISIONE UEFA – La Uefa ha aperto un’inchiesta e ha concesso una settimana di tempo alle due Federazioni per portare a giudizio tutte le prove del caso. La decisione definitiva verrà presa giovedì 23 ottobre. L’Albania rischia per la provocazione politica e per non aver continuato la partita, mentre la Serbia dovrà rispondere a diversi “capi d’imputazione”:
- I cori a sfondo razzista “Elimina, uccidi l’albanese….”
- L’aver bruciato sia la bandiera albanese che quella della NATO
- Il lancio di oggetti durante la partita
- La presenza di Ivan Bogdanov
- L’ingresso in campo dei propri ultras con conseguente collisione con i giocatori albanesi
- Il non aver preso le giuste misure di sicurezza per questa partita ad alto rischio.