“Puro e disposto a salire a le stelle”
Dante, Purgatorio
In una epoca di forte crisi tra Ucraina e Russia, divisa da barriere politiche spesse come macigni, ci fu, tra gli anni ’80 e ’90 un giocatore di calcio che contribuì con il suo spirito sportivo all’unione di questi paesi. Il suo nome è Igor Ivanovic Belanov, classe 1960. Nato a Odessa quando ancora faceva parte dell’URSS, la città della rivoluzione del 1905 resa celebre sul grande schermo da Ejzenstejn ne “La corazzata Potemkin” (e da Fantozzi), il piccolo e veloce Igor (174 cm di fulmine e gioia) inizia a giocare come attaccante nelle fila della squadra locale del SKA Odessa a partire dal 1979 per poi approdare ai Moryaky (i Marinai) nerazzurri del Cornomorec, società in cui aveva già giocato da piccolo nelle giovanili. Con i Marinai resta per 3 stagioni, dal 1981 al 1984, anni nei quali Belanov non segna molto (26 gol in più di 100 presenze) ma a soli 24 anni si comincia a mettere in mostra il suo gioco fatto di incursioni e di assist che lo caratterizzeranno a pieno titolo anche con la Dinamo Kiev, la sua formazione successiva. Con la ex-squadra della polizia segreta sovietica che con la Guerra Fredda ebbe un ruolo fondamentale per le sorti dell’URSS, Igor vince tutto.
Parte già alla grande al primo anno, 1985-86 quando conquista il campionato, la Prima Divisione sovietica. 48 punti finali, 2 in più dello Spartak Mosca, un testa a testa da cardiopalma. Ciliegina sulla torta anche la vittoria in finale per 1-0 con il Sachter che decretò l’aggiudicarsi della Kubok SSSR, la coppa sovietica. Igor a Kiev diventa una specie di re anche nell’anno successivo quando giunge un altro campionato. Questa volta è la Dinamo Mosca, club in cui giocò il grande portiere Yashin, a farne le spese arrivando seconda a solo un punto dalla vetta. Ma Igor e soci vincono comunque il titolo. E che soci: Zavarov, Blochin… Praticamente piccoli grandi fenomeni. E proprio con il loro supporto che il 2 maggio ’86 allo Stade da Gerland di Lione, all’invisibile urlo di Avant, Avant, Lion le melhor, Belanov porta a Kiev la Coppe delle Coppe (ahimè abolita nel 1999) ai danni dell’Atletico Madrid di Aragones. Un 3-0 secco indiscutibile.
La Dinamo Kiev è veramente una bella squadra, solida, tattica e con Igor anche rapida. Con l’arrivo in estate dei Mondiali di Messico ’86, Belanov ha la possibilità di farsi vedere anche da un pubblico più vasto oltre a quello ucraino e sovietico in generale. Segna un gol su rigore all’Ungheria nel Girone C (6-0 il risultato finale) e addirittura una tripletta agli Ottavi di finale contro la sorpresa Belgio che però non varrà il passaggio ai quarti: 4-3 ai supplementari il risultato finale. La nazionale sovietica ha qualità incredibili nel reparto offensivo ma è la difesa che lascia a desiderare e si vede. Al suo primo ed anche unico mondiale Belanov fallisce clamorosamente ma il destino a volte è estremamente benevolo. Dolci fili tessono le Moire per Igor che a dicembre, lasciando sbigottita un po’ di gente, super nel podio Butragueno e Lineker e conquista il Pallone d’Oro come miglior calciatore. Alcuni gridano all’esagerazione, altri sostengono che sia meritato.
Sta di fatto che in quell’anno Belanov diventa il giocatore più famoso del mondo, 9 anni dopo la vittoria del suo compagno di squadra Blochin e 23 anni dopo quella del dio Yashin. Ma Belanov non è solo famoso per essere uno dei vincitori del Pallone d’Oro anche per un’altra occasione, spiacevole soprattutto per i tifosi dell’allora Unione Sovietica. Nella finalissima degli Europei ’88 a Monaco contro la fortissima Olanda di Michels fallisce un penalty per poi perdere alla fine l’europeo per 2-0 con gol di Gullit e raddoppio da posizione impossibile di Van Basten. Gli ultimi anni del piccolo Belanov a Kiev portano un altro trofeo, una seconda Kubok SSSR (4-2 ai calci di rigore con la Dinamo Minsk) per poi lasciare l’Ucraina nel 1989 ed approdare in Germania al Borussia Monchengladbach prima e all’Eintracht Braunshweig dal 1991 al 1995 senza però vincere nulla e giocando poche gare come riserva. Si ritira nel 1997 dopo essere ritornato per un anno nelle nella sua vecchio club Cornomorec ed a Mariupol con il Illicivec.
Non ricordato tra i campionissimi del calcio quali Platini o Maradona o i più moderni come Cristiano Ronaldo o Messi. Ma molto prima di Shevchenko a far illuminare l’Ucraina c’era lui, Igor Belnavo che dalla scalinata della sua Odessa, in direzione opposta ai feroci soldati dello zar visti nel film di Ejzenstejn, è salito in cima fino a raggiungere le stelle. Una meteora imprescindibile nella storia del calcio.
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