Tra le Linee: Ecuador, non hai vinto ma ti sei fatto tifare

Francia-Ecuador è la tipica partita da fine girone, con la più forte qualificata e l’avversaria che deve tentare il tutto per tutto. Deschamps fa riposare un po’ dei suoi e mette dentro Koscielny, Scnheiderlin, Sagnà e Dignè schierandosi con un sostanziale 4-4-2 con Benzema e Griezmann davanti. Partita subito vera, con la Francia padrona del campo e del gioco, le seconde linee vogliose di farsi vedere e Benzema a cercare il gol con convinzione, Ecuador che non ci sta e sogna il colpaccio qualificazione con Enner Valencia sempre ficcante quando riparte.

La partita scivola via su questa falsa riga con la sensazione che la Francia prima o poi la butti dentro. Secondo tempo che si apre con un rosso pesantissimo per Antonio Valencia, capitano e stella di questa Tricolor; ci si aspetta il crollo da un momento all’altro tanto più che la Francia gioca una partita vera, cercando il gol con un Pogba che ha una voglia matta di metter la firma in questo mondiale, invece il crollo non arriva. L’Ecuador resiste grazie a una difesa ordinata e aggressiva, un centrocampo pronto e a un Arroyo che corre come un matto per fare il lavoro di due persone (voto 8 per la sola abnegazione alla causa).

La Francia non regala nulla e insiste nell’offensiva, mette dentro altre due punte ma la porta è stregata, Dominguez arriva su tutti i palloni mentre Erazo dirige la difesa con una grinta invidiabile. L’Ecuador riesce comunque a rendersi pericoloso, in modo molto disordinato e improvvisato ma sempre efficace, tanto che in due ripartenze si urla quasi al gol. Alla fine la partita finisce in pareggio, passa la Svizzera e la Tricolor si congeda con qualche rimpianto per quel contropiede subito nella prima partita proprio contro gli elvetici.

Un saggio che di calcio qualcosa capiva era solito dire che in 10 contro 11 si gioca meglio: questa cosa devono averla sentita anche in Ecuador vista la partita di stasera; tralasciando l’ordine tattico di Rueda, a colpire è stata la voglia, l’unità di intenti, lo spirito d sacrificio e la capacità di trovare le forze altrove quando finiscono nelle gambe. Gli ecuadoriani sono riusciti a tenere le linee, chiudere le vie centrali, ripartire sia da destra che da sinistra contro una squadra tecnicamente più forte e con un uomo in meno. Hanno dovuto correre molti rischi ma era inevitabile.

Si sono fatti tifare, solo per questo meritavano miglior sorte. Sono queste le cose che rendono belli i Mondiali di calcio.