Guida Brasile 2014, gruppo B: la Spagna

Nella leggenda è entrata da tempo, non sarà il Mondiale brasiliano a riscrivere la storia; la Spagna vanta finalmente una nazionale al pari delle più forti e vincenti formazioni di sempre. Perché l’impresa è stata proprio questa: imporre un proprio stile, rivoluzionario, e al tempo stesso vincere tutto. Non c’erano riuscite l’Ungheria nel ’54, l’Olanda nel ’74 e ’78, il Brasile nel 1982, le nazionali che più di tutte hanno colpito l’immaginario collettivo. La Spagna del “tiki-taka”, quello che annoia chi non lo sa fare, ha vinto gli ultimi due Europei, 2008 e 2012 (che si aggiungono a quello del 1964) e in mezzo ha conquistato il Mondiale del 2010 in Sudafrica. Qualcosa mai visto prima. Il fardello, che un paese così avanzato dal punto di vista calcistico come quello iberico non riusciva più a sopportare, è scomparso. Sulle maglie della “Roja” da quattro anni luccica una stella.

Nessun tifoso delle furie rosse, a dirla tutta, ebbe il coraggio di pronosticare la Spagna in cima al mondo; tante, troppe, le delusioni patite nel corso degli anni, la maledizione dei quarti che – seppur rotta negli Europei del 2008 con la vittoria ai rigori contro l’Italia – incombeva impietosa. Eppure gli uomini di Del Bosque riuscirono nell’impresa: il cammino cominciato nel 2006 con Aragones dava finalmente i suoi frutti. Il gol di Iniesta contro l’Olanda, oggi è icona in Spagna. Più dell’urlo di Tardelli in Italia. Di colpo sono scomparsi tutti i complessi di inferiorità che da decenni colpivano le furie rosse e i suoi sostenitori. E il 4-0 alla tanto temuta quanto “odiata” Italia nella finale all’Europeo del 2012 ne è la più forte dimostrazione.

Campioni del Mondo
Campioni del Mondo

La Spagna, nonostante il pesante 3-0 patito in finale di Confederations Cup la scorsa estate contro il Brasile, è la favorita assoluta del Mondiale 2014. Il rischio, come sempre accade in questi casi e che teme Del Bosque, è quello di “poca fame”. E’ per questo che, da tempo, è cominciato il ricambio generazionale nella nazionale maggiore che può attingere in modo illimitato dalle rappresentative giovanili, dominatrici incontrastate negli Europei e Mondiali di categoria. Un movimento in piena crescita, qualcosa di gigantesco. In Brasile, però, l’ex allenatore del Real Madrid ha deciso di affidarsi a gran parte della rosa che trionfò in Sudafrica e a Kiev: al momento delle scelte definitive, il ct non se l’è sentita di dare il benservito a chi gli ha regalato tante gioie. Tra un mese sapremo se la scelta è stata azzeccata.

Il cammino verso Brasile 2014 non è stato privo di intoppi: inserita nell’unico girone a cinque squadre in Europa, la Spagna ha duellato fino all’ultima giornata con la Francia per il primo posto. Già, perché ci ha pensato qualche pareggio di troppo (sanguinoso quello interno con la Finlandia, con sapore di beffa quello agguantato dalla Francia al 94′, al Vicente Calderon) a mettere alle strette i campioni del mondo. Che, come sempre, hanno risposto presente nel momento della verità: il 26 marzo 2013, a Parigi, la Spagna batteva a domicilio la nazionale di Deschamps grazie al gol di Pedro, conquistando il primo posto nel girone mai più mollato.

ANALISI TECNICO-TATTICA

Il sistema è collaudatissimo, l’idea di calcio spagnolo prescinde dai freddi numeri. 4-3-3 o 4-2-3-1, poco cambia: il tiki-taka fa la differenza, i palleggiatori a centrocampo, il pressing alto, i difensori centrali capaci di impostare l’azione, i terzini altissimi sono tutti elementi imprescindibili del gran mosaico di Del Bosque. L’unica variabile “ideologica” resta così quella, ormai annosa, relativa alla punta centrale. Centravanti classico o falso nove? Già, perché Torres a parte (Villa viene considerato, a ragione, più una seconda punta) è stato forse questo l’unico punto debole dei campioni di tutto in questi anni. Nel 2012, col “Nino” completamente fuori forma, Del Bosque virò con decisione verso Fabregas falso nove, ricalcando quanto fatto al Barcellona da Guardiola, con Messi. Oggi Torres è uno dei più in palla della rosa e c’è, anche se acciaccato, anche il chiacchieratissimo Diego Costa. Sarà curioso conoscere le scelte del ct.

Qualche problemino in difesa: oltre all’infortunio di Valdes (che nonostante la splendida stagione, la migliore probabilmente della sua carriera, sarebbe restato comunque il vice di Casillas), Piqué è reduce da diversi problemini fisici nel finale di stagione e non è al meglio. Se a questo aggiungiamo che la Spagna ha perso Puyol, ritirato, i più grossi cambiamenti potrebbero esserci nel reparto arretrato. Albiol, dopo un buon inizio a Napoli, ha perso terreno nelle gerarchie, il candidato principale a sostituire Piqué accanto al portentoso Sergio Ramos (l’uomo del momento) è Javi Martinez. Il mediano del Bayern Monaco è stato schierato nelle ultime amichevoli da difensore centrale, non sfigurando: è uno dei ballottaggi chiave nell’estate brasiliana. Sulle fasce, sulla carta partono titolari Azpillicueta (reduce da un’annata super al Chelsea) e il recuperato Jordi Alba. Juanfran è l’unica vera alternativa, considerato che il ct ha “tagliato” Carvajal e Alberto Moreno e che Arbeloa non ha smaltito l’infortunio in tempo.

Sergio Ramos
Sergio Ramos

Spettacolo puro a centrocampo: Xavi lotta con la carta d’identità ma in una competizione sprint come il Mondiale può essere ancora decisivo, Busquets e Xabi Alonso sono qualcosa in più di semplici sicurezze. La batteria di trequartisti è poi impressionante: la leggenda Iniesta, il mago Silva, Mata, Cazorla e il già citato Fabregas che avrà l’opportunità anche di districarsi in attacco. E c’è poi il giovane Koke, tra i protagonisti principali del fantastico Atletico Madrid di Simeone, una freccia tutta polmoni e qualità. A casa è rimasto l’acciaccato Thiago, Iturraspe è stato tagliato dopo essere stato inserito nella lista preconvocati e aver debuttato in amichevole contro la Bolivia, di Gabi (uno che sarebbe titolare nelle più forti nazionali del mondo) nemmeno si è parlato in ottica “roja”. Serve altro?

Dubbi forti anche in attacco: alla fine, le scelte di Del Bosque sono state quasi “dovute”. Dato per scontata la chiamata di Pedro, pupillo del ct, restavano tre posti per sei candidati. Diego Costa è stato in dubbio per un infortunio muscolare ma, recuperato, è ovviamente imprescindibile. Torres ha visto premiato l’ottimo finale di stagione, Villa è il miglior marcatore di sempre nella storia della nazionale e attraversa un buon momento di forma. A casa sono rimasti Soldado (deludente col Tottenham), Negredo (alti e bassi col Manchester City) e soprattutto Llorente (rinato a Torino, con la Juventus). Diego Costa è il titolare, pochi dubbi, ma tanto dipenderà dall’effettivo stato di salute dell’ispano-brasiliano.

Andres Iniesta dopo il gol contro l'Olanda
Andres Iniesta dopo il gol contro l’Olanda

LA STELLA

Più di Xavi, Casillas o Sergio Ramos, l’uomo in più della Spagna è Andres Iniesta. 30 anni, di Albacete (al centro della Spagna), famiglia “umile”, sposato con Anna e padre di una bimba, basso, bruttino e con la pelle bianca come un fantasma. Insomma, l’anti-divo per eccellenza. E al tempo stesso l’uomo che ha cambiato la storia del calcio in Spagna. Classe sopraffina, rapidità negli spazi stretti, visione di gioco geniale, personalità in campo e fuori. Iniesta ha legato il suo nome a quello del Barcellona, club nel quale milita dal 1996, anno in cui entrò a far parte delle giovanili. Da allora ha vinto tutto col Barça: tre Champions League, sei campionati, due Coppe del Re, sei Supercoppe di Spagna e due d’Europa, due Mondiali per Club. E poi i trionfi in nazionale: due Europei, altri due sigilli continentali con l’Under 19 e l’Under 17 e, ovviamente, il trionfo nel Mondiale 2010. La finale fu decisa da un suo gol, nei tempi supplementari: da allora è un simbolo nazionale, applaudito in ogni stadio spagnolo. Andres Iniesta, l’uomo dai gol decisivi (come dimenticare quello che eliminò il Chelsea, all’ultimo minuto, in una semifinale di Champions League), una leggenda.

LA SORPRESA

Difficile, in una rosa composta quasi esclusivamente da campionissimi, ormai entrati a pieno titolo nei libri di storia del calcio, individuare un calciatore poco conosciuto al grande pubblico e che allo stesso tempo trovi sufficiente minutaggio per mettersi in mostra. Si potrebbe così puntare su Azpillicueta, cresciuto in modo esponenziale negli ultimi 12 mesi, o lo stesso Koke (ma per il centrocampista dell’Atletico sarà difficile ritagliarsi dello spazio). Invece è forse il caso di indicare un giocatore dato, forse troppo in fretta, per finito da molti. E’ il caso di Fernando Torres. Una carriera sfolgorante fino al 2011: gol a raffica sia nell’Atletico Madrid (dove è cresciuto, lui nativo di Fuenlabrada, hinterland della capitale spagnola) che nel Liverpool, potenza, esplosività, tecnica. Un centravanti moderno che fu regalato da Abramovich ad Ancelotti il 31 gennaio 2011, dopo aver speso la modica cifra di 59 milioni di euro. Un peso enorme, forse, per le spalle del Niño che si rivelerà poi uno dei più grandi flop di mercato della Premier League.

Fernando Torres
Fernando Torres

I primi sei mesi caratterizzati da un solo gol in campionato non lasciavano presagire nulla di buono. E, in effetti, le cose dal punto di vista realizzativo sono andate anche peggiorando: in totale, in maglia blues, 20 gol in campionato in 110 presenze, 46 totali in 172 apparizioni. Medie che manco José Mari. Quest’anno, in particolare gli ultimi quattro mesi, hanno forse segnato una svolta. Torres è apparso di colpo smagliante dal punto di vista atletico, ha cominciato ad essere costante anche sotto porta. In ritiro lo indicano tra i più in forma, Del Bosque dovrebbe partire con Costa titolare ma è pronto a puntare anche sull’ex Liverpool. Che potrebbe diventare l’arma in più, quella che non ti aspetti…

PROSPETTIVE

La finale è l’obiettivo da raggiungere. Se col Brasile, in modo da vendicare la debacle dello scorso anno in Confederations, ancora meglio. Prima però c’è da evitare l’incrocio coi padroni di casa negli ottavi di finale, e per far ciò bisognerà vincere un girone nient’affatto facile: Olanda (vice-campione in carica) all’esordio, poi Australia e Cile, che ha sempre fatto soffrire negli ultimi anni i ragazzi di Del Bosque. Gli incroci, poi, non sorridono: detto del gruppo A negli ottavi, si prospetta poi l’Italia ai quarti e Argentina o Belgio in semifinale. Un cammino non semplice ma che non può spaventare una delle nazionali più forti di sempre.

CONVOCATI

N. Pos. Giocatore Data nascita Squadra
1 1P Iker Casillas 20 maggio 1981 Real Madrid
12 1P David de Gea 7 novembre 1990 Manchester United (Ing)
23 1P Pepe Reina 31 agosto 1982 Napoli (Ita)
2 2D Raúl Albiol 4 settembre 1985 Napoli (Ita)
3 2D Gerard Piqué 2 febbraio 1987 Barcelona
5 2D Juanfran 9 gennaio 1985 Atlético Madrid
15 2D Sergio Ramos 30 marzo 1986 Real Madrid
18 2D Jordi Alba 21 marzo 1989 Barcelona
22 2D César Azpilicueta 28 agosto 1989 Chelsea (Ing)
4 3C Javi Martínez 2 settembre 1988 Bayern Munich (Ger)
6 3C Andrés Iniesta 11 maggio 1984 Barcelona
8 3C Xavi Hernández 25 gennaio 1980 Barcelona
10 3C Cesc Fàbregas 4 maggio 1987 Barcelona
13 3C Juan Mata 28 aprile 1988 Manchester United (Ing)
14 3C Xabi Alonso 25 novembre 1981 Real Madrid
16 3C Sergio Busquets 16 luglio 1988 Barcelona
17 3C Koke 8 gennaio 1992 Atlético Madrid
20 3C Santi Cazorla 13 dicembre 1984 Arsenal (Ing)
21 3C David Silva 8 gennaio 1986 Manchester City (Ing)
7 A David Villa 3 dicembre 1981 New York City (Usa)
9 4A Fernando Torres 20 marzo 1984 Chelsea (Ing)
11 4A Pedro Rodríguez 28 luglio 1987 Barcelona
19 4A Diego Costa 7 ottobre 1988 Atlético Madrid

 

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Sono Alfonso Alfano, 32 anni, della provincia di Salerno ma da anni vivo in Spagna, a Madrid. Appassionato di sport (calcio, tennis, basket e motori in particolare), di tecnologia, divoratore di libri, adoro scrivere e cimentarmi in nuove avventure. Conto su svariate e importanti esperienze sul Web.