“Papa por qué somos del Atleti?”. La domanda del bambino a suo padre nello spot di qualche anno fa racchiude un intero mondo. E’ il destino di chi è abituato a sudarsi un raggio di sole, vivere all’ombra dell’ingombrante sagoma dei cugini. Gente che viene da un altro mondo, alieni, galacticos appunto. Vi sarà certamente capitato di avere un campagno di classe ricco, sempre perfetto, bravo nello sport e con la fidanzata più carina. Anche se non vi ha mai fatto niente di male, vi sfidiamo a non odiarlo. Sinceri, su… La vita da colchonero è tutta così, ma a volte il mondo si rovescia e qualcosa o qualcuno porta i “secondi” sul gradino più alto. La partita di stasera non è Davide contro Golia, l’Atleti ha conquistato questa finale da grande squadra e guai a parlare di favola, miracolo, impresa o altre amenità che tanto piacciono alla stampa italiana ancora appesa all’idea di una Liga come “campionato con due squadre”.
Il calcio spagnolo è in salute, eccome, acciuffate due coppe su due quest’anno, l’Atletico mostra una forza fatta di idee e programmazione. Ma non solo. Ci sono anche nervi e muscoli, impossibile non parlare del condottiero Simeone, capace di plasmare un gruppo di bei giocatori in un carrarmato. E’ arrivato il titolo spagnolo, mancava da una ventina d’anni ed è già una notizia sensazionale. Il decimo. Già. Quel numero, impresso nel destino di una temporada, se per un lato di Madrid è stato una benedizione dopo una lunga attesa, per l’altro era il peso di un’ossessione. Dal momento del suo arrivo in casa Real, Ancelotti è stato bombardato, o Decima o muerte. Carletto non si scompone, un movimento di sopracciglio a dir tanto, con la consapevolezza di essere il più forte.
E qui torniamo al punto iniziale: due mondi diversi. Avanti di un gol, campioni d’Europa a due minuti dalla fine, i Colchoneros si sono difesi con le unghie e con i denti ma alla fine è arrivato il gol di Sergio Ramos. Chi scrive non fa mistero della propria simpatia rojiblanca ma al momento del gol l’incantesimo si è rotto. E’ la storia a volere il suo tributo, tagliate le gambe dei giocatori in campo, la voce dei tifosi e il flusso energetico dai divani d’Europa. La gara continua, ma è finita. Non è un caso che a portare avanti il Real sia il tanto chiacchierato Gareth Bale, un gol facile solo se hai le sue straripanti doti fisiche, bravo a seguire la grande azione di Di Maria dopo più di 120 minuti di fatica. 100 milioni di euro, l’acquisto che riassume la grandezza (e l’arroganza) blanca.
I Colchoneros, mai Apaches (altro loro soprannome) come stasera, hanno fatto il possibile per difendere la propria terra, il proprio sogno, ma la pallina corre forte sul piano inclinato. Fermarla non si può, altri due ceffoni e domani sarà dura in ufficio. Chissà quanti bambini si chiederanno “perché siamo dell’Atletico?” guardando i tifosi del Real, con l’ennesima coppa in bacheca. Ricordate il vostro compagno di classe del quale abbiamo parlato prima? L’avete invidiato, non ci piove, ma sinceramente avreste voluto essere lui rinunciando a voi stessi? Ecco, avete risposto al posto di quel bambino.