Salenko, una meteora nel cielo di San Francisco

“Russia, un colosso dai piedi di creta”.

D. Diderot

Nello sport che è stato definito da Pasolini “l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo”, cioè il calcio, molti sono stati i camei e le meteore che dopo un bagliore luminescente al ritmo di un istante si sono poi incendiate o dimenticate nel tempo. Fra queste stelle cadenti ve n’è una che ha scritto una pagina indelebile nel calcio in una sola partita, come se tutte le altre fossero state poco importanti. Il suo nome è Oleg Anatovlevic Salenko, classe 1969, giovane attaccante che quando calciava i palloni a rimbalzo sui muri nei campetti di periferia di Leningrado (ora San Pietroburgo) non immaginava neanche lontanamente che sarebbe diventato un uomo record.

visto da Ron Coddington
visto da Ron Coddington

Inizia la sua avventura calcistica con i Vagabondi dello Zenit con cui resta due stagioni soltanto dal 1986 al 1988, anni che, nel mondo del calcio europeo, vedevano l’exploit di fenomeni assoluti quali Maradona o Platini, tanto per citarne due a caso. Ma arrivare alla loro espressione calcistica era pressoché impossibile per molte giovani promesse. Oleg però con la sua faccia da bravo ragazzo fa il suo con umiltà e professionalità in campo anche quando l’anno dopo viene acquistato dalla Dinamo Kiev.

Sono tempi caldi per l’Unione Sovietica, il crollo del muro è a un passo e la divisione degli stati costringe molta gente a raccogliere le valigie e a tornare dai propri parenti. Nel frattempo, nei mondiali under 20 di Arabia Saudita ’89, con la nazionale sovietica Oleg realizza 5 reti diventando il capocannoniere della competizione: due gol alla Siria e due alla Colombia nel girone ed uno alla Nigeria ai quarti di finale dove l’Urss si fermò ai calci di rigore. Il giovane attaccante russo pare un futuro fuoriclasse Con i biancoblù Salenko si ritaglia un po’ di soddisfazioni, finalmente. Anno fatidico il 1990. Conquista infatti la Vyssaja Liga (la Prima Divisione dell’Urss) e la Kubok SSSR, la Coppa sovietica dopo aver battuto il Lokomotiv Mosca per un secco 6-1. Tenetevi bene a mente questo risultato perché sarà il più importante nella carriera di Oleg. A Kiev resterà per quattro anni in totale, fino al 1992 quando dopo la confusione generale causata dalla fine dell’Urss Oleg va all’estero e a chiamarlo è il piccolo club spagnolo dei Logroñés.

23 reti in due anni ma le posizioni finali nella Liga sono alquanto mediocri: un 15° e un 16° posto. E’ il 1994, i mondiali statunitensi sono alle porte. L’allenatore della Russia Pavel Sadyrin, che aveva già allenato Oleg nello Zenit nella stagione 1986-87 lo chiama come riserva di due ottimi attaccanti quali Radchenko e Yuran. Ed è proprio quest’ultimo la Damasco di Salenko.

la strana coppia
la strana coppia

In un Girone B di ferro al seguito di un infortunio di Yuran nei minuti finali della gara contro il Brasile di Bebeto (clicca qui per leggere la sua storia) e Romario (persa 2-0), Salenko si gioca la faccia come titolare nelle successive partite contro Svezia e Camerun. Dalla panchina alla gloria. Con la Svezia, al Pontiac Silverdome di Detroit segna un gol, su rigore al 4° del primo tempo, che apre però le danze all’offensiva svedese che non si intimorisce e ne realizza 3. E’ la seconda sconfitta consecutiva della Russia che ormai deve dire addio ad Usa ’94. Ma è la gara successiva a Stanford il momento di gloria di Oleg. Contro un Camerun non più spumeggiante come quello di Italia ’90, la Russia di Sadryin vince, seppur invano, 6-1. Beh, risulterà essere la partita dei record.

Il primo è proprio di Oleg che ne fa ben 5 di gol (di cui uno, il secondo, su rigore), diventando l’unico giocatore a realizzare 5 reti in una gara di un mondiale e superando così il polacco Willimowski e lo spagnolo Butragueno (clicca qui per leggere la sua storia) , i quali realizzarono entrambi 4 gol in una unica partita rispettivamente in Brasile-Polonia di Francia ’38 e Spagna-Danimarca di Messico ’86. Il secondo record è la segnatura di Milla (clicca qui per leggere la sua storia) che diventa il giocatore più vecchio a fare gol in una competizione mondiale all’età di 42 anni. Con le 5 marcature contro gli africani e quella precedente contro la Svezia, Salenko è il capocannoniere del torneo assieme al bulgaro Stoichkov con 6 reti totali e tutto in sole due gare, in un girone per giunta, caso più unico che raro. La gara di Stanford, a fine torneo, convince l’allenatore Parreira (che con il Brasile vince Usa ’94 e che assieme a Metsu è l’unico allenatore ad aver partecipato a 5 mondiali con 5 squadre diverse) ad allenarlo anche nelle file del Valencia dove si appresta a dare il suo contributo tecnico. Con i Pipistrelli però le cose con Salenko non vanno come devono andare e dopo una manciata di mesi Oleg viene ceduto agli scozzesi dei Rangers dove milita il grande Brian Laudrup (clicca qui per leggere la sua storia). Con 7 reti contribuisce alla vittoria dello Scottish Premier Division ’95.

a Valencia
a Valencia

Il russo però trova poco spazio e la stagione successiva va in Turchia a giocarsi con i tori gialli dell’Istanbulspor gli ultimi momenti della sua carriera che si concluderanno di fatto due anni dopo, nel 1997 a causa di un brutto infortunio che lo terrà fuori dai campi per un paio d’anni. Cordoba e Pogon Stettino gli ultimi due club di Salenko nei quali però non gioca praticamente mai, attaccando così le scarpette al chiodo nel 2001. Dal dostoevskjiano ghiaccio russo della Prospettiva Nevskij alla sabbia, si perché Oleg decide di allenare l’Ucraina (stato del quale anni addietro vestì, seppur una volta sola, la maglia in nazionale prima di decidere poi di far parte di quella russa), nel beach soccer, il calcio da spiaggia. Oleg Salenko è stato certamente uno dei giocatori più strani che il calcio abbia mai sfornato dalla sua placenta, un giovane promettente che a livello di club non si è mai imposto con piglio decisivo ma che, a livello nazionale, ha stabilito un record di segnature tutt’oggi insuperato. Basta poco a far la storia ed Oleg, con la sua scia stellare da meteora, l’ha fatta bruciando troppo in fretta come lo Ziggy Stardust di David Bowie ma scaldando i cuori di tutti gli appassionati del calcio, come i veri campioni, al di là del bene e del male, sanno fare.

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