Negli anni dell’embargo calcistico, occasionalmente le squadre sovietiche provarono a misurarsi con l’Occidente in partite amichevoli.
Nel 1936 una selezione moscovita, formata principalmente da atleti della Dinamo e dello Spartak dei fratelli Starostin, fece visita a Parigi al Racing Club. Finì 2-1 per i padroni di casa e la rivista francese “L’auto” descrisse il gioco sovietico “completamente inefficace” senza immaginare che quegli atleti erano la prima volta che giocavano insieme. Arrivò il 1945, e la stampa occidentale dovette ricredersi quando tra novembre e dicembre la Dinamo Mosca fece una tournèe in Gran Bretagna. La Dinamo disputò quattro incontri sull’Isola, i tabloid inglesi l’accolsero ironizzando fin troppo sulla seriosità dei calciatori: le loro facce davano l’impressione, rilevò il ” fatto di essere dei ragazzini che non sapevano nemmeno a che sport stavano giocando e che se fossero stati sconfitti avrebbero trascorso sei mesi in Siberia “. In effetti la Dinamo, la squadra della polizia segreta, il giocattolo terribile di Berija, era sottoposta a pressioni enormi.
Quel tour calcistico non aveva a che fare solo con lo sport, rappresentava una finestra sul mondo per la propaganda del regime. Non a caso il CDKA (attuale CSKA) prestò per l’occasione alla Dinamo la sua stella Vsevolod Bobrov, che da debuttante aveva vinto il titolo dei cannonieri della prima divisione.
Fatto sta che allo Stamford Bridge, contro il Chelsea, la Dinamo con le sue geometrie in mezzo al campo e il movimento forsennato senza palla fece stropicciare gli occhi ai 74mila paganti, e chi non riuscì ad entrare allo stadio occupò i balconi delle case circostanti, tanta era la curiosità di vedere all’opera per la prima volta una squadra dell’Unione Sovietica.
La partita terminò 3-3, poi arrivò un 10-1 inflitto ad i poveri atleti del Cardiff City.
Un succoso antipasto, in attesa del piatto forte: la sfida con l’Arsenal, la squadra inglese più forte e famosa all’estero.
La Dinamo, che pure aveva avuto in prestito Bobrov, protestò vibratamente quando venne a sapere che anche gli avversari s’erano rinforzati con i migliori giocatori provenienti da altre squadre, su tutti un certo Stanley Matthews. Ma non bastò perchè davanti ai 54mila del White Hart Lane, casa temporanea dell’Arsenal al posto di Highbury, utilizzato come rifugio anti aereo, i moscoviti si imposero 4-3 ferendo a morte l’orgoglio inglese ed il Times si scagliò contro l’allenatore di casa, George Allison :”Anche i russi hanno fatto la guerra, ma il loro calcio non è diventato scarso di conseguenza”scrisse il noto tabloid. Uno stupito Stanley Matthews ammise” è la squadra più forte contro cui io ho giocato”.
Il tour si concluse con il pareggio per 2-2 a Glasgow contro i Glasgow Rangers, la Dinamo tornò a casa imbattuta e lasciò dietro di sé una scia di stupore.
L’attenzione alla dieta ed alla salute dei giocatori, il riscaldamento pre-partita, insomma quell’approccio così scientifico al calcio: lezioni russe da cui i maestri inglesi, ancora convinti della loro superiorità, non potevano che imparare. Tuttavia la Dinamo impressionò soprattutto per la particolarità della sua tattica di gioco.
In panchina sedeva Mikhail Jakusin, ma era stato Boris Arkad’ev (passato due anni prima al Cdka) a sviluppare lo stile “pasovocka” che incantò appassionati e addetti ai lavori britannici in quell’inverno del 1945. Pasovocka perchè l’approdo al gol doveva avvenire attraverso una fitta rete di passaggi corti, trame avvolgenti in cui ogni giocatore sapeva esattamente cosa fare. In più, i giocatori si scambiavano spesso posizione in una sorta di “disordine organizzato”, l’ala destra si spostava a sinistra e viceversa, il centravanti abbandonava l’area di rigore per muoversi su tutto il fronte offensivo: gli avversari finivano per non capirci più nulla.
Quando la Dinamo rientrò a Mosca furono preparati filmati entusiastici sulla tournée, diffusi a ripetizione nei cinema di tutto il Paese. Il quotidiano “Krasn’ij sport” spiegò che “il tour era stato un trionfo per la nostra scuola calcistica, basata sul collettivismo, sull’organizzazione e sull’inflessibile determinazione a vincere, qualità tipiche dell’uomo sovietico”.
Le imprese della Dinamo aiutarono la popolarità del calcio in tutta l’Unione Sovietica con i tifosi sempre più numerosi sugli spalti…