“Il nano vede più lontano del gigante, quando ha le spalle del gigante su cui montare”.
Samuel Taylor Coleridge
“A Milano arrivai da perfetto sconosciuto, senza pretese. Davanti a me per i tre posti da straniero c’era una fila di gente come Van Basten, Boban, Savicevic, Radiucioiu, Laudrup e pure Papin che era Pallone d’oro. Insomma, ero l’ultimo. Ma Capello mi mandò in campo perché diceva che mi allenavo bene. E mi lasciava tirare pure i calci di punizione, non una grande idea”.
E’ così che in un’intervista al giornale So Foot Marcel Desailly (Accra, Ghana 1968) parla dell’ambiente rossonero, ambiente che gli ha fatto vincere tutto nella sua carriera splendida da difensore. Prima di spaventare gli avversari per la sua stazza fisica per 1,83 di altezza, Marcel era un piccolo e vivace ragazzino che viveva a Nantes con i suoi genitori. Il padre, Marcel Louis, era console francese presso Accra, in Ghana, città in cui il piccolo Odonkey Abbey, futuro Marcel Desailly, nacque. Il fratello, Seth Adonkor, promettente giocatore del Nantes, morì tragicamente per via di un incidente stradale a soli 23 e la passione calcistica di Seth passò nelle gambe e nel cuore del giovane Marcel che seguì la carriera del fratello maggiore vestendo in prima squadra la maglia dei Canarini. Dal 1986 al 1992, Desailly si mostra un ottimo difensore e gli osservatori dell’Olympique Marsiglia si convincono ad acquistarlo nella formazione biancoazzurra.
In un solo anno, all’età di 25 anni, Marcel sale già sul tetto d’Europa assieme a giocatori importanti quali Boksic, Barthez e un giovane Deschamps (già compagno di squadra nel Nantes) con la vittoria della Coppa dei Campioni ai danni del fortissimo Milan di Capello. Il 26 maggio ’93, all’Olimpico di Monaco di Baviera, con un gol di Boli il Marsiglia conquista il suo primo trofeo europeo, il più importante dopo aver conquistato anche in ambito nazionale il campionato francese. La possenza e la scaltrezza in campo di Desailly fanno si che la società rossonera di Milano lo prenda per le prossime stagioni alla cifra di 10,7 miliardi di lire. Marcel non ci pensa due volte e lascia l’Olympique Marsiglia in un caldissimo momento: per una partita truccata col Valenciennes in campionato, ai biancoazzurri viene revocato il titolo della Division 1 più la conseguente retrocessione in seconda divisione e l’esclusione l’anno successivo delle coppe europee. Si direbbe quindi che Desailly lascia la squadra proprio in tempo. Al Milan, con Capello, che lo piazza in ruolo più avanzato, da centrocampista, davanti a grandissime personalità calcistiche quali Maldini, Costacurta e Baresi (del quale si diceva Marcel avesse paura perché ogni tanto lo sgridava), Desailly vince tutto quello che un giocatore di calcio sogna fin da bambino. La stagione ’93-‘94 non inizia però nel migliore dei modi.
A Tokyo, il 12 dicembre ’93 i rossoneri di Savicevic, Donadoni e Boban (tanto per citarne alcuni oltre ai già citati Baresi e Maldini) perdono la finale di Coppa Intercontinentale (dopo l’esclusione Fifa del Marsiglia) contro i brasiliani del San Paolo (in cui giocavano Cafù e un giovane Leonardo). La sconfitta per 3-2 col San Paolo fa perdere alla corazzata milanista il primo trofeo della stagione ma non è ancora finita. A febbraio dell’anno successivo il Parma rivelazione di Nevio Scala sconfigge nella finale di ritorno di Supercoppa Europea (dopo un 1-0 in quella di andata) i rossoneri per 2-0 ed il Milan perde il secondo titolo della stagione. Ma nulla importa per il Milan perché nello stesso anno, dopo un facile scudetto conquistato (il terzo di fila) si ritrova ancora in finale di Coppa dei Campioni, la seconda di fila e la quarta nel giro di 5 anni. Tutto il Milan, compreso Desailly, prima della gara viene schernito dal tecnico della squadra avversaria, il Barcellona, Cruijff, leggenda totale del calcio. “Noi abbiamo Romario, voi chi avete? Desailly? Chi?”. Beh, senza manco farlo apposta i rossoneri vincono la Coppa in modo secco, quasi imbarazzante, un 4-0 senza discussioni dove lo stesso Marcel si riscatta dall’intervista clownesca di Cruijff segnando l’ultimo gol della partita dopo la doppietta di Massaro e il capolavoro realizzato dal genio Savicevic.
Allo Spiros Louis di Atene, il 18 maggio, Marcel e compagni alzano la Coppa, la seconda consecutiva vinta dal “gigante buono”, come lo chiamavano tutti. Muro invalicabile, Marcel con la sua stazza fisica faceva difficilmente toccare la palla al giocatore avversario che marcava, in un duello senza alcuna speranza. A dicembre un’altra sconfitta a Tokyo nella Coppa Intercontinentale, l’ultima giocata da Desailly, questa volta contro gli argentini del Velez Sarsfield (2-0). A febbraio del ’95 è finalmente la Supercoppa Europea ai danni dell’Arsenal e nel maggio dello stesso anno la sconfitta clamorosa all’Ernst Happel di Vienna nella finale della Champions League contro l’Ajax di Van Gaal dove militavano dei giovanissimi Seedorf e Kluivert, autore fra l’altro del gol della vittoria. L’importanza di Marcel nel gioco del Milan è fondamentale, imprescindibile, la sua presenza diventa un must per il centrocampo rossonero i frutti di questa tecnicità di gioco si notano anche nel secondo scudetto di Marcel con il numero 8, quello della stagione 1995-96, l’ultimo dell’era Capello, grazie anche agli innesti fondamentali di nuovi compagni come Weah e Baggio.
La finale di Supercoppa Italiana persa con la Fiorentina di Batistuta è l’ultima gara importante giocata da Marcel nel Milan. Di lì ai successivi due anni la squadra perde vitalità, raggiungendo, dopo anni ai vertici d’Italia e d’Europa, un undicesimo e un decimo posto in classifica. Nel 1998, dopo cinque anni, si conclude la carriera stellare di Desailly al Milan e comincia una terza ed ultima pagina importante, a due colonne, della sua vita calcistica: la prima riguardante la nazionale francese, la seconda per quanto concerne la maglia del Chelsea. Nel giugno-luglio ci sono i mondiali di Francia ’98 e Desailly, nella nazionale più forte dei nostri cugini quella con Zidane, Thuram e Deschamps ha tutte le carte in regola per alzare la prima coppa del mondo nella storia francese e ci riesce alla grande perché nella finale di Parigi, dopo aver eliminato dagli ottavi in poi Paraguay, ahimè l’Italia e la Croazia, la Francia batte uno spento Brasile per 3-0 e sale prepotentemente in cima alla Terra.
Nell’estate del 2000, il 2 luglio a Rotterdam, ancora con la nazionale francese, Desailly vince l’Europeo in Olanda-Belgio grazie al tanto odiato e per fortuna cancellato dal regolamento di calcio Golden Gol di Trezeguet, battendo 2-1 ai supplementari l’ottima e sfortunata Italia di Zoff. E’ l’ultima riga dell’immensa pagina sportiva scritta da Marcel Desailly che successivamente avrà una breve parentesi in Qatar al termine di una carriera gloriosa ed imponente. Umile, generoso e col coraggio delle proprie azione dentro e fuori il campo “Berlusconi entrò in politica perché aveva paura che Agnelli lo rovinasse. Scendeva sempre in elicottero e portava uno spolverino orrendo”, Marcel Desailly è uno di quei giocatori che Nietzsche avrebbe definito apollineo per l’ordine ed il rigore che mostrava coi suoi calzoncini davanti alla difesa. Non a caso Pelè lo ha inserito nel Fifa 100 tra i migliori giocatori del XX Secolo. Un motivo ci sarà, no?
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